Lirica.
Don Giovanni tra la vita e la morte impenitente
Don Giovanni tra la vita e la morte impenitente
GIUSEPPE PENNISI
PALERMO
Il nuovo allestimento del Don Giovanni di Mozart – stasera in scena al Massimo di Palermo, dove ha debuttato, prima di andare in altri teatri italiani e poi francesi) – ha due caratteristiche: utilizza la versione detta 'di Vienna' e un impianto scenico molto semplice e adattabile a vari palcoscenici (un’esedra girevole ed alcuni elementi di attrezzeria, tra cui un suggestivo labirinto 'di verzura'). La drammaturgia (regia di Lorenzo Amato, scene di Angelo Canu, costumi di Marja Hoffmann) e la direzione musicale (Stefano Ranzani) danno una lettura originale del lavoro: in un contesto cupo (dal re maggiore dell’'andante' dell’ouverture), il dramma non è affatto 'giocoso' ma una parabola della solitudine disperata del non credente verso la morte; a Don Giovanni viene offerto tre volte di pentirsi, ma per orgoglio rifiuta e sprofonda con alterigia all’inferno. È una lettura filologicamente vicina a quella di Da Ponte che, esule a New York e tornato ai Sacramenti, la mise in scena, prima di morire, nella drogheria che gestiva.
Il punto forte dello spettacolo è la sintonia tra drammaturgia e concertazione. Stefano Ranzani è un apprezzato concertatore di lavori della seconda metà dell’Ottocento e della prima del Novecento. Alle prese con Mozart, la bacchetta è pesante, i tempi stringati. Si è distanti dalle letture lievi a cui si è usi, ma perfettamente coerenti con il mondo nebbioso più che notturno che Amato mostra sul palcoscenico. In breve, un Don Giovanni che più che divertire, fa discutere sui grandi temi metafisici dell’esistenza terrena e della morte.
Tra gli interpreti, alla prima, ottimi Carlos Âlvarez (il Don), Marco Vinco (Leporello) e Michail Ryssov (il Commendatore). Buoni Maija Kovaievska (Donna Elvira), Barbara Bargnesi (Zerlina) e Biagio Pizzuti (Masetto). Diseguali, e con problemi di dizione e di emissione, Rocio Ignacio (Donna Anna) e Tomislav Mužek (Don Ottavio).
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A Palermo l’opera di Mozart diretta da Stefano Ranzani, regia di Lorenzo Amato
Una scena del «Don Giovanni»
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