UNO STORICO “DI CORTE” PER L’ESECUTIVO
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Roma - Venerdì il Consiglio dei Ministri (CdM) dovrebbe approvare la Decisione di Economia e Finanza (DEF) ed il Programma Nazionale di Riforme (PNR). Ad oggi 12 aprile, sembra che ci siano ancora difficoltà a) nel fare tornare i conti di finanza pubblica per l’anno in corso e per l’esercizio 2013 (quando dovremmo centrare l’obiettivo del pareggio di bilancio) e b) impostare quel programma di riforme che in vari campi (liberalizzazioni, privatizzazioni, rete di sicurezza sociale) ancora di attende.
Quali che saranno le decisione del CdM, vorrei fare una modesta proposta all’Esecutivo: ingaggiare “uno storico di corte”, come facevano i Governi tecnici (non eletti) del passato. Lo storico “di corte” non era come il “musico di corte” e simili per l’acculturamento od il divertimento o l’immortalamento del Sovrano e della sua famiglia. Non aveva neanche lo scopo di ricordare la storia pensando che gli eventi del passato si ripetessero. Aveva quello di minimizzare ciò che la Storia con la “S” maiuscola ha giudicato errori. Negli ultimi mesi e settimane sarebbe stato utile in almeno due circostanza.
In primo luogo nella messa a punto del Salva Italia, del Cresci Italia e di una riforma del lavoro che è appena un ritocco della normativa del 2001. Come abbiamo ricordato la settimana scorsa, siamo in una “balance sheets recession”, contornati da Paesi con “balance sheets recessions” anche peggiori della nostra. In questo circostanze si dovrebbe fare di tutto per rilanciare l’economia sia nel breve periodo con un’espansione fisco-monetaria sia nel medio e lungo con liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre riforme. Il forte aumento della pressione tributaria del Salva Italia, l’incremento aggiuntivo nelle pieghe del disegno di legge sul mercato del lavoro rischiano che la recessione si trasformi in depressione. Lo storico “corte” potrebbe suggerire all’Esecutivo che, se non si dà una mossa nella direzione giusta, nei libri di storia del futuro potrebbe venir associato con la Presidenza Herbert Hoover che, negli Usa, non comprendendo la “balance sheets recession“ scatenò, con una manovra restrittiva, la Grande Recessione.
In secondo luogo, lo storico di “corte” potrebbe rammentare all’Esecutivo che negli ultimi cento anni 69 unioni monetarie sono implose. Ci sono state unioni monetarie (anche in Europa) che sono state dismesse senza colpo ferire - sia grandi (quelli conseguenti la fine dell’Impero Austro-Ungarico, dell’Impero Ottomano e, in tempi più recenti, dell’Urss) sia piccole (la fine del tutto indolore dell’unione monetaria cecoslovacca). Proprio sulla base di questi esempi, un pensatoio britannico Variant Perception ha delineato una gamma di piani B perché chi rischia troppo malessere sociale (oltre che economico) lasci l’eurozona senza che nessuno si faccia troppo male. Quale è il “Piano B” (chiamiamolo così) dell’Italia? Se esiste merita di essere portato in Parlamento. Se non esiste, urgono novene, pellegrinaggi a piedi al Divino Amore e anche a Pietralcina. (ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 12 Aprile 2012 17:48
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