IL CASO
Se le banche «ripudiano» l’accordo sul debito la Grecia torna a rischio crac
l rialzo dello 'spread' dei titoli di stato dei Piigs (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna) dipende unicamente dalle situazioni e dalla politica nazionali oppure da un nesso connettivo tra economie e da un bacillo iniziale? Le situazioni e politiche nazionali contano, ma il bacillo iniziale non è stato curato.
All’indomani di quella che molti hanno presentato come la «soluzione» delle crisi debitoria della Grecia, un’analisi di C.J. Polichronious (non certo uno scandinavo), direttore di ricerca del Levy Institute del Bard College, ha documentato come per l’Europa si fosse trattato di una caduca 'vittoria di Pirro'. La soluzione adottata per la Grecia, notava lo studioso, da un lato, avrebbe invogliato alcuni creditori a tirarsi indietro all’ultimo momento (per non perdere il rimborso totale del valore nominale dei loro titoli), da un altro, avrebbe invogliato altri Stati a chiedere un trattamento analogo a quello riservato ad Atene.
Alla vigilia di Pasqua, due piccoli fondi di origine francese (imbottiti di obbligazioni elleniche) hanno fatto sapere che alla prima sostanziosa scadenza del debito greco, ossia il 15 maggio, non saranno della partita. Con la conseguenza che l’accordo traballa.
Data l’interconnessione tra i flussi finanziari nel mercato interbancario, ciò minaccia di destabilizzare istituti italiani e spagnoli; lo ha documentato il 9 aprile un lungo articolo apparso sul 'New York Times' e pubblicato anche sull’'International Herald Tribune'. Ciò ha scatenato una vera e propria ondata di sfiducia. Come porvi riparo? In un seminario riservato in Banca d’Italia, il 4 aprile, Richard C. Koo – un economista nippo-americano che guida da anni il servizio studi del Nomura Research Institute – ha ribadito che l’euro non guarisce se l’Europa non esce da quella da lui chiamata «una balance sheets recession» ovvero una recessione dei conti profitti e perdite in cui gli obiettivi di individui, famiglie, imprese e banche non sono più la massimizzazione del profitto ma la mitizzazione dell’indebitamento.
Ciò può richiedere molto tempo. Per questo cinque economisti si stanno contendendo un premio di 250.000 euro messo in palio dal pensatoio Policy Exchange tra le proposte migliori per riformare drasticamente la zona euro senza farsi troppo male.
Dal 1912 ad oggi, 69 unioni monetarie sono implose.
Giuseppe Pennisi
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