sabato 21 aprile 2012
il progetto In Portogallo c’è chi studia l’uscita dall’euro in Avvenire 21 aprile
DI GIUSEPPE PENNISI
G li occhi sono puntati sulla Grecia e sulla Spagna ma il prossi¬mo duro colpo all’eurozona potrebbe venire dal piccolo Portogallo, il cui debito pubblico sfiora il 93% del Pil. Lisbona sfiora l’insolvenza, nonostante si tratti di cifre modeste se raffrontate con il debito pubblico di altri Paesi: quello del Portogallo ammonta a meno di 200 miliardi di euro, il 66% di quello del¬la Grecia ed un decimo di quello dell’Italia. I titoli emessi dal Tesoro di Lisbona, però, vengono classificati da Fitch come «spazzatura», mentre nel Paese è molto attivo il movimento per il 'ripudio' del debito.
In Portogallo il 18 aprile è stato pubblicato il primo programma dettagliato per uscire dall’euro senza farsi trop¬po male. È differente da quel¬li lanciati da alcuni economisti greci, accademici anziani ed imbevuti di cultura nazionalista. Questo è invece redatto da Pedro Cosme Vieria, un giovane professore di economia dell’Università di Porto che pubblica sulle princi¬pali riviste di econometria di Gran Bretagna e Stati Uniti. Il programma parte dalla considerazione che a 20 anni dal¬la firma del Trattato di Maa¬stricht l’eurozona è «sull’orlo di un precipizio», soprattutto a causa dei differenziali d’in¬lazione che hanno causato massicci disavanzi dei conti con l’estero, forti aumenti del credito totale interno nei Paesi in deficit e quindi montagne di debito pubblico. Il lavoro contiene stime detta¬gliate per ciascun Paese di quanto dovrebbe svalutare (rispetto all’euro) per competere (ad esempio, la Grecia del 20%, la Spagna del 15%, il Portogallo del 10%, l’Italia dell’8%). Non potendo utilizzare il cambio, si stanno comprimendo i salari reali netti in busta paga. Cosme Vieria accusa di «catastrofismo terroristico » coloro secondo i quali la fine dell’eurozona provo¬cherebbe il caos e propone un percorso semplice per i Paesi a cui la «camicia di forza del¬l’eurozona » sta stretta: an¬nunciare una strada per tornare alle monete precedenti all’euro con un «cambio mobile » (in gergo crawling peg )
agganciato all’euro di chi re¬sta nell’eurozona ed intro¬durre uno spread per i con¬tratti in valuta locale indiciz¬zato all’Euribor (i tassi dei mutui aggiornati periodicamente) . I conti bancari continue¬rebbero ad essere denominati in euro, ma prezzi e salari nella moneta locale. Ciò servirebbe a contenere prezzi e salari (non solo i secondi come avviene adesso) in termini di euro, ad aumentare le e-sportazioni e frenare le importazioni, senza incidere sul¬la libertà di movimento di fat¬tori produttivi, merci e servi¬zi. Dopo una fase di transizione ciascun Paese potrebbe valutare se rientrare negli ac-cordi europei sui cambi oggi in vigore e di solito chiamati Sme II in quanto prevedono fasce di oscillazione (attorno all’euro) differenziate per ciascun Paese. Un programma a¬nalogo (ma meno specifico) viene fatto circolare dal finanziare franco-americano André Cabannes. Pare che il committente sia il candidato all’Eliseo François Hollande .
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Il giovane economista Cosme Vieira propone di passare a valute con un cambio mobile per svalutare anche i prezzi, non solo i salari
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