sabato 7 aprile 2012

COME E QUANDO POTREMO RIPRENDERE A CRESCERE

COME E QUANDO POTREMO RIPRENDERE A CRESCERE (2)
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Roma -Per Pasqua si dovrebbe essere lieti e sorridenti. È la Resurrezione. Si sarebbe però ipocriti se in questa Pasqua 2012 si pensasse che tra qualche mese l’Europa (e l’Italia) usciranno dalla recessione. Per Pasqua, almeno per Pasqua, occorre dire le cose come stanno. L’attuale è infatti differente da molte recessioni di cui abbiamo avuto esperienza nel secondo dopoguerra. Non è stata determinata da un rallentamento, prima, e da un crollo, poi, della produzione. Nell’eurozona (e negli Stati Uniti) si è alle prese con quella che Richard C. Koo - un economista nippo-americano che guida da anni il servizio studi del Nomura Research Institute - chiama acutamente una balance sheets recession, ovvero una recessione dei conti profitti e perdite. Ciò si verifica quando alcuni assets perdono drasticamente di valore, causando crisi debitorie più o meno gravi, e gli obiettivi d’investimento di individui, famiglie e imprese mutano drasticamente: dalla “massimizzazione del profitto” si passa alla “minimizzazione dell’indebitamento” (per timore di nuove crisi debitorie). Per questo motivo la crisi è tanto grave e la stagnazione, accompagnata da momenti di recessione, minaccia di essere duratura. Specialmente in Europa: lo ha scritto il 5 aprile l’“International Herald Tribune” in un magnifico editoriale in cui si criticava il Fiscal Compact che molti Stati europei, dopo averlo firmato o senza rendersi conto dei contenuti oppure nella convinzione di aggirarlo, si apprestano a ratificare. L’“International Herald Tribune” non citava né Koo né il suo libro più noto (The Holy Grail of Macroeconomics: Lessons from Japan’ Great Recession, John Wiley and Sons, Singapore 2008). Ma i concetti di base sono quelli della balance sheets recession e delle difficoltà che essa comporta. L’Italia, occorre dirlo, non è in una balance sheets recession a ragione della prudenza e del proprio sistema bancario e delle famiglie. Ma è contornata da Paesi in balance sheets recession (Francia, Spagna, Grecia, Portogallo, anche parte della Germania). È un vaso di coccio tra vasi di ferro. Dato il forte grado d’integrazione europea, viene trascinata dagli altri: la nostra recessione tradizionale dipende in gran misura dalle balance sheets recessions altrui.

La balance sheets recession più grave e più nota è la Grande Depressione del 1929: furono necessari 30 anni e una guerra mondiale perché la struttura dei tassi d’interesse degli Stati Uniti tornasse ad essere “normale”. Il Giappone è in una balance sheets recession da 15 anni: politiche monetarie e di bilancio espansioniste non hanno avuto effetti di rilievo a ragione della fortissima avversione al rischio (e all’indebitamento) di famiglie e imprese. Pochi sanno come uscire da una balance sheets recession. Tuttavia, se chi ha approfondito questo tema ha ragione, politiche fiscali e di bilancio restrittive non hanno altro effetto che quello di aggravare la recessione.

(ilVelino/AGV)
(Giuseppe Pennisi) 07 Aprile 2012 13:14

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