TAGLIO DEL RATING: COSA CAMBIA E PERCHE’
Giuseppe Pennisi
1) Che cosa ci rimproverano i mercati?
Le analisi delle principali agenzie (non solo quelle di “rating” come Standard & Poor’s) ma anche del Fondo monetario e dell’Ocse ci rimproverano di non avere avuto una chiara politica economica da quando siamo entrati nella moneta unica. Per circa un decennio (prima del 1999), la nostra politica economica era mirata ad un obiettivo chiaro e preciso: essere accettati nel club dell’eurozona ed, a tal fine, rispettare alcuni parametri di finanza pubblica. Da allora, in varia maniera, ci siamo comportati (individui, famiglie, imprese, pubblica amministrazione, Governi ed opposizioni) come se, raggiunto lo scopo, la manna sarebbe caduta dal Cielo. Non abbiamo metabolizzato il fatto che l’irreversibilità dell’euro implicava drastiche modifiche di comportamenti e profonde riforme al fine di aumentare la produttività di tutti i fattori produttivi e di restare competitivi. I tedeschi, che sono entrati nella moneta unica in una situazione di gran lunga migliore della nostra (specialmente in tema di finanza pubblica), hanno affrontato dieci anni di riforme molto dure in materia di mercato del lavoro, previdenza, lotta all’evasione, ristrutturazioni aziendali per fare crescere la loro competitività ed al tempo stesso modernizzare i cinque Länder dell’Est. Ora se ne toccano i risultati. Ci siamo illusi che le pacche sulle spalle televisive di alcuni dirigenti di organizzazioni internazionali non avessero altro scopo che quello di tener alto il morale, mentre ci facevano pervenire lettere durissime.
2) Le agenzie di rating sono credibili? E quale peso hanno sui mercati?
Le agenzie di rating hanno un unico prodotto da vendere: la loro credibilità e reputazione. Sono società multinazionali per azioni che lavorano e competono facendo analisi e dando voti e giudizi. Le volte in cui la loro reputazione è stata inficiata (nel 2007, ad esempio, a ragione di critiche, peraltro fondate, sui loro giudizi troppo benevoli a favore di banche americane che erano state di manica larga con creditori inaffidabili – gli ormai notori subprime ) hanno pagato costi elevati in materia di valutazione delle loro azioni ed obbligazioni ed hanno in molti casi messo alla porta i dirigenti. Dispongono di un staff capace non solo in economia e finanza ma anche in politologia, sociologia e diritto. Si avvalgono di vasti giri di interviste e sondaggi. Il loro giudizio viene espresso in un voto sintetico che è solo la punta di un iceberg , le analisi contenute nel rapporto redatto per giungere alla formulazione del voto. Oggi, le agenzie sono particolarmente rigorose anche a ragione delle accuse rivolte loro ai tempi della crisi del subprime. Hanno riacquistato autorevolezza: i loro giudizi pesano sui mercati e muovono i flussi finanziari.
3) Perché le Borse non sono crollate?
Occorre in primo luogo distinguere tra valutazioni, di norma semestrali, delle agenzie di “rating” sul debito sovrano e quelle della Borsa che opera sul mercato azionario ed obbligazionario pubblico e privato nell’immediato. Inoltre, la Borsa azionaria rispecchia il fatto che la posizione finanziaria di famiglie ed imprese è relativamente forte, come ammette pure Standard and Poor’s . Nelle settimane scorse, i valori azionari hanno subito forti perdite poiché avevano già messo in conto il deterioramento della situazione economica e politica dell’Italia, nonché la fase di grande incertezza. E’ possibile che ora gli operatori ritengano che si sia giunti al “punto di svolta inferiore” , premessa per una ripresa basata su un solido programma di riforme. Il “declassamento” può spingere Governi, opposizioni, pubblica amministrazione, imprese , famiglie ed individui a comprendere una volta per tutte che è finito il tempo dei sulfamidici e delle vitamine (quali l’acquisto dei nostri titoli di Stato da parte della Banca centrale europea) Ai mercati non interessano i colori ed i volti di chi lo formulerà e lo attuerà . La campana ha suonato. Ora sta all’Italia ed agli italiani di mostrare la loro grande capacità di rispondere efficacemente di fronte a sfide molto difficili. Indubbiamente serve uno sforzo collettivo in una visione inclusiva dell’avvenire della Nazione.
4) Che cosa succederà ai nostri titoli di Stato e ai conti pubblici?
Occorre distinguere tra breve , medio e lungo periodo. Nel breve periodo, collocare titoli di Stato (segnatamente quelli cinquennali o decennali) costerà di più ed è possibile che aumenti ancora lo “spread” (differenziale) tra i tassi d’interesse tra i nostri titoli e quelli di riferimento nell’eurozona (ossia le emissioni della Repubblica Federale Tedesca). Ciò comporta un incremento del costo del nostro indebitamento e quindi del fardello del debito pubblico. Si stima che l’aumento dello “spread” da metà agosto abbia comportato un costo finanziario “figurativo” quasi equivalente alla manovra appena approvata dal Parlamento. E’ “figurativo” perché non deve essere necessariamente saldato. Se l’Italia riacquisterà rapidamente la fiducia dei mercati, il costo del nuovo indebitamento si abbasserà rapidamente e si potrà tornare ad una gestione meno angosciante (per tutti) dei conti pubblici. Ciò potrebbe avvenire anche in un arco di tempo relativamente breve. Lo indica l’esperienza sia internazionale sia di crisi analoghe attraversate dall’Italia- ad esempio quella a metà degli Anni Settanta quando l’attuazione di una serie di politiche applaudite internazionalmente causò in poche settimane un forte ribasso del tasso d’interesse necessario per collocare i nostri titoli e riportare la calma.
5) Che cosa comporterà per il portafoglio dei cittadini?
Chi ha un portafoglio gonfio di titoli di stato a medio e lungo termine emessi nella seconda metà del primo decennio di questo secondo, subirà inevitabilmente una perdita “figurativa” di valorizzazione significativa perché tali titoli comportano rendimenti molto più bassi delle nuove emissioni. Sangue freddo: se ci se ne libera adesso, la perdita da “figurativa” diventa effettiva, reale. Mentre se si aspetta con pazienza, è possibile, nonché auspicabile, che i segnali dalla Borsa siano il vero preludio a politiche economiche migliori e meglio apprezzate dai mercati e quindi di una più consistente valorizzazione dei titoli. Cosa fare nel frattempo; chi ha risparmi cerchi di diversificare verso obbligazioni “corporate” di grandi aziende pubbliche e private, di banche internazionali come la Banca Mondiale, la BEI, la BERS ed anche sull’azionario. Chi ha attuato strategia difensive nella gestione del proprio portafoglio non ha avuto perdite serie negli ultimi 12 mesi.
6) Come si può risalire la classifica?
Il rapporto di Standard & Poor’s ha un passaggio molto chiaro , più esplicito di quelli di documenti analoghi. Sottolinea come la radice dei problemi è l’immobilismo conservatore della società italiana, la miriade di particolarismi che frena la modernizzazione e le politiche ad essa dirette, incidendo negativamente , quindi, su produttività e competitività e, quindi, su crescita. Dobbiamo darci una scossa, come lo abbiamo fatto altre volte in passato, per liberarci da questo immobilismo conservatore che ogni giorno che passa ci porta un passo indietro rispetto al resto del mondo. Avvenire ha in più occasioni sottolineato come occorra mettere mano al sistema previdenziale ed al mercato del lavoro, effettuare liberalizzazioni e privatizzazioni che aiutino la crescita e riducano il peso del debito, porre l’accento sul ruolo di soggetti intermedi come la famiglia per rimodellare il nostro stato sociale e promuovere uno sviluppo inclusivo. Nel “Giulio Cesare” di Shakespeare, Cassio dice a Bruto “ Bruto il problema non è nelle nostre stelle ma in noi stessi”. La “declassificazione” sarà positiva se ci aiuterà ad una presa di coscienza nazionale. Gli aspetti tecnici per una strategia di crescita inclusiva sono tutti a portata di mano. Sta a noi farne un grande sforzo collettivo. Con la consapevolezza che abbiamo realizzato con successo imprese analoghe in passato.
Invece, ora la convergenza tra le varie posizioni dovrebbe indurre Governi, opposizioni, pubblica amministrazione, imprese , famiglie ed individui a comprendere una volta per tutte che è finito il tempo dei sulfamidici e delle vitamine (quali l’acquisto dei nostri titoli di Stato da parte della Banca centrale europea) e che occorre definire e soprattutto attuare un serio programma di riforme e di modernizzazione per fare crescere l’Italia e dare prospettive specialmente alle giovani generazioni. Ai mercati non interessano i colori ed i volti di chi lo formulerà ed attuerà . La campana ha suonato. Ora sta all’Italia ed agli italiani di mostrare la loro grande capacità di rispondere efficacemente di fronte a sfide molto difficili
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