lunedì 19 settembre 2011

LIRICA, DOPO PUSKIN SOLBIATI PUNTA SU DOSTOEVSKIJ in IL Velino 19 settembre

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LIRICA, DOPO PUSKIN SOLBIATI PUNTA SU DOSTOEVSKIJ
Torino - Domani al Carignano di Torino prima mondiale di “Leggenda”, con cui l’autore prova a bissare il successo riscosso con “Il carro e i canti”. Il lavoro è ispirato dal capitolo del “Grande Inquisitore” dei Fratelli Karamazov

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Torino - Domani una prima mondiale importante (a teatro esaurito) al Carignano di Torino: “Leggenda” di Alessandro Solbiati, che ne firma il libretto e la musica. Dopo “Il carro e i canti”, tratta da Puskin, la seconda opera di Solbiati è ancora una volta ispirata a un autore russo e precisamente al capitolo “La leggenda del Grande Inquisitore” da “I fratelli Karamazov” di Dostoevskij. Sotto la direzione di Gianandrea Noseda si esibiranno l’orchestra, l’Ensemble vocale e il Coro del Teatro Regio di Torino diretto da Claudio Fenoglio. La regia, le scene, i costumi e le luci saranno curati da Stefano Poda. Sul palco saliranno invece il tenore Mark Milhofer (Ivan), il soprano Alda Caiello (Alessio), il baritono Urban Malmberg (Il Grande Inquisitore), il soprano Laura Catrani (La Madre) e il basso Gianluca Buratto (Spirito del Non Essere). Due attori impersoneranno il silenzioso Cristo, nel carcere e nel deserto. Tre livelli si susseguono e intrecciano nell'opera, tre livelli temporali (incarnati in tre successive coppie di personaggi) che divengono anche spaziali, disegnando via via la profondità di campo della scena: il tempo presente di Ivan e Alessio sul proscenio, la Siviglia cinquecentesca, piazza e carcere, dell'Inquisitore e del "presunto Cristo" al centro del palco, il deserto delle tentazioni evangeliche dello Spirito del Non Essere e di Cristo sul fondo.


Il simbolico e misterioso ritorno di Gesù sulla terra evidenzia troppo la differenza stridente tra il suo modello spirituale e quello cinicamente assunto, nel Suo nome, dal potere, per non renderlo corpo estraneo da eliminare nuovamente. All'arresto, alla lunga requisitoria dell'Inquisitore e alla nuova condanna a morte Egli oppone solo un silenzioso abbraccio che riafferma il valore supremo dell'Amore. Ed il Suo allontanarsi nelle vie notturne di Siviglia lascia aperte molte interpretazioni. L'Inquisitore è l'incarnazione esatta del potere nella sua forma più inquietante Non cioè il potere vistoso ed esplicito, quello delle dittature di ogni epoca che hanno spesso l'indesiderato effetto collaterale di suscitare una profonda coscienza di rivolta, bensì il potere che più sottilmente irretisce le coscienze e tocca il suo capolavoro nel far credere che l'appiattimento del pensiero sia il bene dell'uomo ("noi li convinceremo che son solo poveri bimbi, e che la felicità infantile è la più dolce", dice l'Inquisitore nel suo monologo). L'orchestra è divisa in due gruppi, una parte in buca e un’altra in platea, per spazializzare il suono in parallelo con i vari piani narrativi: Ivan e Alessio (Orchestra A), la Siviglia cinquecentesca (cui contribuiscono timbricamente, in scena, chitarra e fisarmonica) e il deserto (Orchestra A + B), il carcere (piccolo gruppo da camera in buca). In due palchi di proscenio contrapposti si trovano le percussioni, in un altro la celesta. Da un punto di vista vocale il coro nel deserto riverbera la voce dello Spirito del Non Essere e nel carcere l’Inquisitore è reso polifonico da un sestetto vocale.

L’opera è un segnale importante del valore della “giovane scuola” di compositori italiani. Su sette concerti della rassegna austriaca “Kontinent” 2011, tre sono stati dedicati ad autori italiani: il grandioso “Prometeo, tragedia dell’ascolto” di Luigi Nono, l nuovo “Macbeth” di Salvatore Sciarrino (quasi giustapposto a quello di Verdi diretto da Muti e con la regia di Stein) e i quartetti di Giacinto Scelsi. Erano in ottima compagnia: un concerto dedicato alla musica per piano di Stockhausen (pianista l’italiano Marino Formenti), un altro alle improvvisazioni di Cage, uno a Grisey (l’Omaggio a Piero della Francesca) ed a Feldman, uno a Varèse e Xemakis. In breve una panoramica di quanto meglio abbia prodotto la musica dopo la seconda guerra mondiale, dando grande rilievo all’Italia. In parallelo è utile ricordare il successo internazionale che stanno ricevendo “Quartet” di Luca Francesco, la cui prima mondiale è stata la primavera scorsa alla Scala, e “Thanks to my Eyes” di Oscar Bianchi, che ha in luglio ha inaugurato il Festival di Aix en Provence. La musica italiana ha dimostrato di avere molto da dire in materia di “micro-opere”, teatro in musica low cost ma high quality che le fondazioni liriche spesso respingono mentre hanno successo all’estero


Qualche esempio? Il Sogno di Arsenio di Marcello Filotei, presentato al Teatro Valle di Roma alcuni anni fa, e sparito dopo un breve giro nei teatri dell´Italia centrale. Il giovane compositore calabrese, ma ormai lucchese, Girolamo Deracco si è specializzato in questo genere: suoi lavori si sono visti ed ascoltati, oltre che in Italia, in Austria e Germania. L´anno scorso ha presentato l´esilarante Checkinaggio, un quarto d´ora di presa in giro di come si possono aggirare (con intenti terroristici) i controlli aeroportuali. Quest'anno c´è stata la prima assoluta di REDazione, classificata "delirium drama" sul caos di una redazione di un quotidiano dove imperversano i telefoni fissi e portatili e il direttore non tiene le redini della squadra: un percussionista, sei fiati, un concertatore tutti anche in grado di recitare ritmicamente (come nei melologhi): andrà a Milano e a Roma in autunno. Ha nel suo bagaglio anche un “Abbecedario per orchestra e due attori”, salpato da Bolzano verso festival internazionali e in cantiere un “Amor che nullo” (un po’ alla Moccia) che debutterà in luglio nel Tirolo. Attenzione: compositori di rango come Nicola Sani sono entrati nel mercato delle micro-opere come Centerentola.com che ha trionfato la primavera scorsa a Palermo (il cui Massimo è attento a questa produzione) e merita di essere ripresa in altri spazi.
(Hans Sachs) 19 Settembre 2011 16:38

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