L’UMBRIA CI OFFRE LA MUSICA DELLO SPIRITO
INCONTRO TRA IL VECCHIO E IL NUOVO MONDO
Beckmesser
Gli antichi canti Atzechi, Nahuati e Jarocho del Codice Truiillo, il barocco latino-americano di De Padilla, De Salazar, De Araujo, Zipoli, Hernádez, De Capillas e Paqual (giustapposti a Lotti, Monteverdi e Scarlatti), la polifonia messicana di Guerrero, Lobo, De Vivanco e De Victoria (accostati a Pärt). Un festival di musica etnica? Niente affatto. E’ solo parte del programma della 66sima Sagra Musicale Umbra che coinvolge tutta la regione dal 10 al 18 settembre (tranne l’”autonomista” Spoleto il cui Lirico Sperimentale offre in quei giorni una tradizionale “Butterfly” e tre atti unici tratti da “reality shows”). La Sagra Umbra è dalla sua fondazione nel 1937 dedicata alla “musica dello spirito”. Ciò non vuole necessariamente dire musica ecclesiastica o musica di ispirazione cattolica od anche necessariamente cristiano. In un passato recente, ha ospitato ad esempio rassegne di “musica dello spirito” del Bacino del Mediterraneo (dai “kantor” tradizionali ebrei, alla ricca tradizione andalusa che tanto ha influenzato il “fado” portoghese, ai suoni e canti dell’Arabia e del Deserto). Altre volte ci ha fatto assaggiare le prelibatezze dell’Africa Nera. La Sagra si è sempre ispirata ad un sano pluralismo pur che tratti dei problemi spirituali dell’uomo.
L’edizione 2011 (per i dettagli www.perugiamusicaclassica.com) è dedicata al centenario della nascita di Francesco Siciliani che per cinquant’anni è stato il direttore artistico ed animatore del Festival. Un accento speciale c’e, quindi, alla sua grande amicizia con Leonard Bernstein. Siciliani fu il primo a portare “Lenny” in Italia e mantenne con lui un sodalizio per tutta la vita. Bernstein, ebreo di nascita, ebbe una religiosità eclettica: uno dei suoi capolavori sono i Chichester Psalms (che si ascolteranno a Perugia con la bacchetta di Edward Higginbottom ed il New College Choir di Oxford) ed una delle sue ultime opere è la controversa Messa – in effetti un’opera lirica con anche danza composta per l’inaugurazione del Kennedy Center di Washington nel 1972. Dunque, la Sagra è dedicata alle interazioni musicali tra il Vecchio ed il Nuovo Mondo, conosciute ed apprezzate in Italia specialmente da chi, come Beckmesser, ha vissuto tre lustri negli Stati Uniti ed ha avuto modo di apprezzare anche la musica dell’America Latina.
Ad esempio, i “salmi” e le “meditazioni per la Messa” per violoncello di Bernstein sono sapientemente affiancate alla tenerezza del “Requiem” di Fauré e Daniel Harding (ospite quasi fisso della Sagra) ed i Filarmonici della Scala giustappongono il preludio e l’incantesimo del Venerdì Santo di Wagner (il cui luteranismo era, quando compose il lavoro, molto influenzato dal buddismo) con la Sinfonia “Dal Nuovo Mondo” in mi minore di Dvorak.
Una caratteristica di questa edizione della Sagra è che non inizia con un concerto ma con un “colloquio” su “musica e fede” , presieduta dal Card. Gianfranco Ravasi ( Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura , firma di punta di “Avvenire” e de “Il Sole-24 Ore) e coordinato dal compositore Marcello Filotei, autore apprezzato sia di mini-opere per la scena sia di cameristica sia di elettro-acustica). Al “colloquio” partecipano personalità delle musica contemporanea, della filosofia e della teologia. E’ un’iniziativa importante , ed aperta a varie “Fedi”: Papa Benedetto XVI – vale la pena ricordarlo – considera la musica “la più alta” tra le arti non perché è lui stesso un musicista ma perché con la sua trasparente bellezza è quella che più avvicina all’Alto. Pure al Dio degli Atzechi, dei Nahuati e dei Jarocho.
Cosa suggerire a chi deve essere molto selettivo nelle sua scelte. Il primo fine settimana della Sagra (10-11 ottobre), oltre al “colloquio”, ed ad una Messa solenne cantata con il gruppo “Armoniosoincanto”, offre una vera rarità molto laica: un programma in si mettono a confronto musiche inglesi e francesi del tardo seicento con musiche inglesi ed americane del Novecento. Ed una ciliegina: i sonetti di Shakespeare messi in musica da Mario Castelnuovo-Tedesco, compositore italiano costretto dalle leggi razziali a rifugiarsi negli Stati Uniti dove è stato per anni una delle voci più ascoltate.
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