LA SAGRA MUSICALE UMBRA/ Quelle melodie che innalzano lo spirito
Giuseppe Pennisi
venerdì 9 settembre 2011
Il Teatro Morlacchi di Perugia
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Per Platone, la musica è la più alta delle filosofie. A introduzione de “La notte dell’Epifania”, William Shakespeare afferma: “Se la musica è cibo dell’amore, continua a suonare”. E’ quale amore è più forte di quello per l’Alto e, quindi, per il proprio prossimo? Il 16 aprile 2007 al termine del concerto per il suo 80esimo compleanno, Papa Benedetto XVI ha detto: “Sono convinto che la musica sia il linguaggio universale della bellezza, capace di unire tra loro gli uomini di buona volontà su tutta le terra e di portarli ad alzare lo sguardo verso l’Alto e ad aprirsi al Bene e al Bello assoluti, che hanno la loro ultima sorgente in Dio stesso”.
Queste parole di un Papa tedesco e teologo ricordano che in Germania anche nell’epoca dell’ateismo di Stato nei Länder orientali, l’educazione musicale è sempre stata tenuta in grande considerazione, verosimilmente in quanto (unico) nesso con l’Alto. Nella seconda metà degli Anni 70, ero in un’Etiopia dilaniata da guerre civili, siccità e carestie. A Gondar, vi era un solo alberghetto, spartano, in collina. A ragione dell’altitudine e della fievole lampadina, alle 22 dormivo. Alle 5 del mattino andai a sgranchirmi le gambe, scendendo verso il villaggio. Il silenzio venne rotto da un coro da una grotta trasformata in Chiesa rupestre - una monodia a più voci, prevalentemente bassi ma in cui i monaci più giovani avevano un registro simile a quello dei controtenori. Il testo e la partitura erano su un lungo rotolo in pergamena. Nel poverissimo insanguinato “Impero” (dove l’aspettativa di vita alla nascita si aggirava sui 35 anni), cantando le loro preci mattutine, con strumenti a percussione e a fiato, i monaci, tramite la musica, viaggiavano dal Bene al Bello verso l’Alto. La composizione aveva molto in comune con l’antico Exsultet di Avezzano, forse la prima partitura rimastaci (risale all’XIX secolo), ascoltata alcuni anni fa a Roma.
Il rapporto tra musica e Fede è il tema di un “colloquio” con cui sabato 10 aprile viene inaugurata la 66ma Sagra Musicale Umbra. E’ un’iniziativa tanto importante che è stato chiamato a presiederlo il Card. Gianfranco Ravasi (Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, firma di punta di “Avvenire” e de “Il Sole-24 Ore) e a coordinarlo dal compositore Marcello Filotei, autore apprezzato sia di mini-opere per la scena sia di cameristica sia di elettro-acustica). Al “colloquio” partecipano personalità delle musica contemporanea, della filosofia e della teologia. E’ un evento speciale con cui si apre una manifestazione musicale (10-18 settembre) dedicata a Francesco Siciliani che per cinquant’anni è stato il direttore artistico e animatore del Festival. Un accento speciale c’e, quindi, alla sua grande amicizia con Leonard Bernstein.
Siciliani fu il primo a portare “Lenny” in Italia e mantenne con lui un sodalizio per tutta la vita. Bernstein, ebreo di nascita, ebbe una religiosità eclettica: uno dei suoi capolavori sono i Chichester Psalms (che si ascolteranno a Perugia con la bacchetta di Edward Higginbottom e il New College Choir di Oxford) e una delle sue ultime opere è la controversa Messa – in effetti un’opera lirica con anche danza composta per l’inaugurazione del Kennedy Center di Washington nel 1972. Dunque, la Sagra è dedicata alle interazioni musicali tra il Vecchio e il Nuovo Mondo
Attenzione, ciò non vuole dire una serie di concerti di musica ecclesiastica. Ma di musica spirituale che guarda all’Alto. Così come alcuni anni fa la Sagra portò, per la prima volta, in Italia la musica antica del Mediterraneo (da quella dei cantori ebrei, alle ballate andaluse, alla melanconiche monodie arabe) e in un’altra occasione ci fece assaggiare la musica propiziatoria dell’Africa Nera, questa volta, accanto alla musica nord-americana del Novecento tra cui, oltre ad alcune chicche di Bernstein, i meravigliosi sonetti di Shakespeare messi in musica da Mario Castelnuovo-Tedesco (italiano di nascita ma costretto ad emigrare dalle leggi razziali), avremo le musiche sud-americane del Codice Trujillo e della tradizione atzeca, nahuti e jarocho (con le danze ad esse attinenti), un confronto tra barocco latino americano e barocco italiano. Per il programma, suvvia, www.perugiamusicaclassica.com.
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