il Velino/AGV presenta, in esclusiva per gli abbonati, le notizie via via che vengono inserite.
IL "GIALLO" SI ADDICE A ELETTRA
Edizione completa
Stampa l'articolo
Roma - “Elektra” di Hugo von Hoffmannsthal è di scena. A Vicenza si rappresenta la tragedia del 1903 traendola dalla tragedia di Sofocle; il lavoro, lanciato a Berlino da Gertrud Eysoldt, (la Duse tedesca dell’epoca) ebbe un immenso successo tanto che nel 1904 venne messa in scena da 22 teatri nel mondo di lingua germanica. Nonostante la splendida cornice del Palladio ha fatto arricciare il naso ai critici. È invece in arrivo a Roma la versione adattata (leggermente accorciata per adeguarla ai tempi della musica) come libretto per l'omonima opera di Richard Strauss, rappresentata nel 1909. La tragedia in musica in un atto di Strauss dura poco meno di due ore. Sono due ore di tensione assoluta. Il sovrintendente della Scala, Stéphane Lissner, ritiene “Elektra” la più bella opera del Novecento. È un prodigio, al tempo stesso, di complementarità e di contrasto tra il testo di Hofmannsthal e la partitura di Strauss; circolare il primo (con il proprio epicentro nel confronto-scontro tra Elettra e Clitennestra, interamente dedicato al significato del perdono); vettoriale il secondo sino all’orgia sonora in do maggiore del finale. È un delle opere di Strauss più note anche in Italia. Nel 2010 gareggiarono due edizioni in teatri “di tradizione”: una a Erl nel Tirolo, Piacenza, Modena e Ferrara e l’altra a Catania. Nel commentarle, ricordammo che quando il drammaturgo Eugene O’Neill nel 1931 adattò la tragedia greca Elettra in un drammone di nove ore ambientato ai tempi della Guerra di Secessione americana, decise di intitolare il lavoro “Il lutto si addice ad Elettra” a ragione del vasto numero di morti che costellavano le tre parti dell’opera. O’ Neill si basò sulla trilogia di Eschilo. Nel 1903, invece, Hugo von Hofmannsthal si basò sul testo di Sofocle
L’edizione che arriva al Teatro dell’Opera di Roma ha debuttato al Festival di Salisburgo del 2010 ed è ormai tra gli spettacoli più apprezzati allo Staatsoper di Vienna. Sia l’azione sia la musica hanno una struttura a ellisse; un’introduzione quasi contrappuntistica (il dialogo delle ancelle per preparare al monologo di Elettra) si snoda in una vasta parte centrale in cui il confronto tra Elettra e Clitennestra (colmo di disperazione proprio per il diniego del perdono da parte della prima) è inserito tra due altri confronti – quelli tra Elettra e Crisotemide (rispettivamente sul significato della vita e sul valore della vendetta); in tutta questa parte centrale si sovrappongono due tonalità musicali molto differenti per unificarsi dalla scena del ritorno di Oreste e del duplice assassinio e predisporre, quindi, il do maggiore della danza macabra finale. Occorre complimentare il Teatro dell’Opera per la sempre più intensa collaborazione con il Festival di Salisburgo.
Pareti di cemento sghembe, definiscono la scena, il regista è Nikolaus Lehnhoff. A partire dal successo di Salisburgo, Lehnhoff spiega le sue idee semplici ed efficaci sull’allestimento: "Elettra è ossessionata dall’idea di vendicare la morte del padre Agamennone". Unica ragione di vita della protagonista è assassinare la madre Clitennestra, colpevole di aver ucciso il padre. "Elettra – aggiunge Lehnhoff – vive nel passato, la sua schiavitù è questa idea fissa della vendetta; è la sua ragion d’essere. Elettra cerca di aderire all’identità del padre come ad una seconda pelle. L’opera si svolge in uno spazio prevalentemente occupato da Elettra, è un’interfaccia della sua ossessione. Lei si è imprigionata nella fortezza della sua mente, un luogo che è allo stesso tempo un rifugio ed una trappola". Una vicenda che non ha vie d’uscita al di fuori del circolo del crimine.
Sul podio, l’ungherese Stefan Soltesz - specialista nell'esecuzione delle opere di Strauss - alla direzione di un cast di interpreti di rilievo internazionale: Felicity Palmer (Klytämnestra), Eva Johansson (Elektra), Melanie Diener (Chrysothemis), Wolfgang Schmidt (Aegisth), Alejandro Marco-Buhrmester (Orest). Le scene sono di Raimund Bauer, i costumi di Andrea Schmidt-Futterer, le luci di Duane Schuler. Maestro del Coro Gea Garatti Ansini. Alla vigilia della prima c’è stato un piccolo giallo. La direzione musicale era stata affidata a Fabio Luisi, recentemente nominato “principal conductor“ (nomina avvenuta pochi giorni addietro, ma da mesi annunciata) al Met di New York e dovrà sostituire Levine, purtroppo da tempo ammalato. La rinuncia, annunciata a prove iniziate, ha messo in difficoltà il Teatro dell’Opera. Infatti non si trova facilmente un maestro concertatore e direttore d’orchestra che conosca l’opera di Hofmannsthal-Strauss a menadito. Un comportamento quanto meno poco elegante.
Avendo, però, ascoltato come Luisi ha concertato “Salome” di Strauss a Bologna non molto tempo fa, credo che nel cambio il Teatro dell’Opera ci abbia guadagnato. Stefan Soltesz, nato in Ungheria 62 anni fa, è considerato oggi uno dei più importanti interpreti delle opere di Strauss. Dopo gli studi di direzione d’orchestra con Hans Swarowsky ha diretto nei più prestigiosi teatri europei. Dal 1997 è direttore artistico del Teatro d’opera di Essen e dirige regolarmente al Teatro dell’Opera di Vienna, Monaco, Berlino, all’Opera di Parigi, Amsterdam, Buenos Aires, al Covent Garden e nei maggiori teatri americani da Washington a San Francisco. Ho avuto modo di ascoltarlo a Budapest, Berlino e Vienna. Sempre ineccepibile.
(Hans Sachs) 27 Settembre 2011 13:42
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento