Roma, 24 nov (Velino) - “Il Lago dei Cigni”, uno dei capolavori compositivi di Petr Ilic Ciajkovskij, è uno dei balletti più rappresentati al Teatro dell’Opera di Roma, nonostante sia arrivato relativamente tardi sul palcoscenico della Capitale. Composto tra il 1875 e il 1876 – ossia nel pieno della crisi di identità sessuale di Petr Ilic e di suo fratello Modest –, debuttò a Mosca nel 1877 senza ottenere il successo sperato, che gli arrise invece, grazie anche alla nuova coreografia di Marius Petipa, nel 1892 a San Pietroburgo, dopo gli esiti trionfali dei due balletti successivi, “La Bella Addormentata nel Bosco” e “Lo Schiaccianoci”. Al Teatro dell’Opera arrivò nel 1937, nella versione di Boris Romanov che vi impiegò Attilia Radice e Anatolij Obuchov. La coreografia del successo originale di Marius Petipa e Lev Ivanov fu proposta dal London’s Festival Ballet nel 1960 e otto anni prima il New York City Ballet aveva eseguito quella del suo coreografo di punta George Balanchine. Le Terme di Caracalla ospitarono il balletto per la prima volta nel 1980 con Diana Ferrara e Paolo Bortoluzzi come protagonisti della versione di Jurij Grigorovic, versione già offerta al pubblico romano dal Corpo di Ballo del Teatro Bolscioi nel 1970. La stessa ambientazione estiva accolse Rudolf Nureyev nei panni del principe Siegfried nel 1984. Complessivamente circa 80 rappresentazioni. Forse solo il Bolscioi di Mosca e il Marrinskij di San Pietroburgo ne hanno avuto un numero maggiore.
Il favore de “Il Lago dei Cigni” presso il pubblico romano è dimostrato che in questa fine stagione 2009 erano state inizialmente programmate sei repliche fuori abbonamento (di cui una riservata alle scuole). A ragione degli esisti della biglietteria e delle esigenze finanziarie di effettuare tutte le economie possibili, è stato spostato all’anno prossimo il nuovo allestimento della prima per Roma di un altro balletto e si sono aggiunte altre sei repliche. Alla terza serale in abbonamento, la sala era piena nonostante “Il Lago dei Cigni” fosse stato messo in calendario soltanto pochi giorni prima. L’edizione proposta, con la coreografia di Marius Petipa e Lev Ivanov e le scene e i costumi di Aldo Buti, è quella che, in varia guisa, si replica quasi ogni anno dal 2003, Un prodotto, quindi, rodato che il corpo di ballo e i numerosi ballerini nei tanti ruoli minori conoscono bene. Una caratteristica dell’impianto scenico è che mentre gli atti a Palazzo Reale seguono una scenografia decorativa quasi ottocentesca, in quelli nei pressi del lago viene inserita (al centro del lago) una riproduzione de “L’Isola dei Morti” di Arnold Böcklin, uno dei quadri più ambigui e più intriganti del decadentismo di fine Ottocento. È un modo particolarmente efficace di cogliere il senso ambiguo, e morboso, di un balletto composto quando l’autore, consapevole della propria omosessualità (e di quella di suo fratello), per celarla si sposò. Un matrimonio breve che terminò con il ricovero in manicomio della moglie e innescò la serie di eventi che portarono al suo suicidio (più o meno volontario) nel 1893, proprio mentre “Il Lago dei Cigni” stava gustando il successo meritato.
Molto bravi i quattro protagonisti: Ekaterina Borchenko, Massimo Garon, Mauro Murri e Carla Fracci nel ruolo della Regina madre. Efficaci i numerosissimi ruoli minori e il corpo di ballo. Lo spettacolo piace. Il solo neo è la concertazione di Andrey Anikhanov, un routinier che dirige un repertorio molto vasto a San Pietroburgo, da dove è stato probabilmente chiamato pochi giorni prima dell’andata in scena. La sua bacchetta è impeccabile, tranne qualche tono bandistico all’inizio della seconda parte e diligente. Tuttavia, la triade “Si bemolle-Re-Fa”, associata alle forze del male, e la triade “Si-Fa diesis-Do diesis”, associata, invece, al tema della morte e resurrezione non hanno il macero e morboso che meglio avrebbe rispecchiato il dramma di una partitura che è solo in apparenza decorativa. Ma rispecchia una tragedia interiore.
(Hans Sachs) 24 nov 2009 15:49
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