Roma, 16 nov (Velino) - Mentre infuria la polemica tra il ministro per i Beni e le attività culturali, Sandro Bondi e i vari comitati spesso autoproclamatisi vestali delle arti sceniche sul presente e sul futuro del Fus, si suggerisce tanto al titolare del Collegio Romano quanto agli altri di fare un breve viaggio per andare a vedere e ad ascoltare il rossiniano “Barbiere di Siviglia” che ha debuttato a Jesi il 12 novembre e che sino a metà gennaio sarà in tournée nelle Marche, in Friuli e in Romagna per poi approdare, forse, in Toscana e altrove. E’ un “Barbiere” che va lontano, pare che arriverà pure in Puglia e che siano interessati impresari giapponesi e americani, e che viene da lontano. L’allestimento è del Maggio Musicale Fiorentino che nell’estate 2005 lo utilizzò come banco di prova della Scuola di Musica di Fiesole, affidandolo a quello che allora era poco più che un giovanotto alle prime armi con la regia: Damiano Michieletto, enfant prodige ora conteso in tutta Europa e “Premio Abbiati” per la “Gazza Ladra” messa in scena al Rossini Opera Festival del 2008. All’epoca non c’era un euro (o quasi) per scene e costumi; però la materia grigia fa spesso supplenza al finanziamento e anzi scatta quando i soldi sono pochi. Con 16 sedie, una scala blu, una mezza dozzina di ombrelli e alcuni palloni (sul palcoscenico altro non c’è), Michieletto utilizzò la metafora di un viaggio in treno, in seconda o terza classe di un regionale, di un circo felliniano (Don Basilio è vestito da serpente, Figaro da volpe, Don Bartolo da cane e il Conte da arricchito) per fare ridere per circa tre ore, passando da una gag all’altra e chiedendo ai giovani cantanti di essere non solo attori ma anche atleti.
L’edizione, ora in giro per mezza Italia, è una “ripresa” di quella del 2005. Non è necessario realizzare sempre nuovi allestimenti (alcuni di quelli di Zeffirelli vengono replicato al Metropolitan di New York da 45 anni e quello di Shenk del “Rosenkavalier” di Richard Strauss si è replicato a Vienna e Monaco per più di 50 anni e il pubblico insiste perché si torni a quella produzione). Non è neanche necessario che gli allestimenti siano costosi e richiedano ogni volta schiere di scenografi e sarti: devono invece essere efficaci. Tedeschi, francesi e britannici sono diventati maestri di quella che un tempo era una “professione” molto italiana: saper divertire il pubblico se si tratta di un’opera buffa; commuoverlo nel caso di un dramma e via discorrendo. Proprio con “Il Barbiere”, il Rossini Opera Festival (ROF) ha toppato due volte budget. La prima volta al ROF del 1992, con un’edizione firmata da Squarzina ambientata nell’aula di anatomia dell’Archiginnasio di Bologna. La seconda, firmata Ronconi, ambientata in un’enorme casa-prigione. Nessuna delle due edizioni rispecchiava l’allegria della partitura.
Mettendo a confronto le diverse epoche, possiamo dire che il “Barbiere” dei “junior” (l’attuale), diverte più di quello dei “senior” (le edizioni passate). Naturalmente, sotto il profilo musicale il ROF “senior” ha messo in campo nel 2005 un cast stellare: Juan Diego Florez, Bruno de Simone, Dalinor Janis, Natale De Carolis e Joyce Di Donato, con la direzione musicale di Daniele Gatti: uno spettacolo da ascoltare chiudendo gli occhi. Nel “Barbiere” “junior”, la concertazione di Giampaolo Maria Bisanti è diligente, il corso decoroso. Si alternano due cast. In uno di essi, il tenore Francesco Marsiglia esibiva un’enfasi sul registro di centro poco adatta al ruolo, tanto che l’impervia aria “Cessa di più resistere” è stata tagliata. Il suo alter ego, Enea Scala, pare abbia una tessitura più consona al ruolo (ma l’impervia aria resta tagliata). Ci sono tre scoperte: il 23enne, Kim Jootaek perfetto pure nella dizione nei panni di Figaro; il 24enne Alexey Yakimov , un Don Basilio esilarante e dalle impeccabili tonalità gravi; la poco più che ventenne Charlotte Doobs che dal Vermont regala una deliziosa Rosina (con un leggero accento Usa). Una conferma: il “senior” Roberto Abbondanza, spesso relegato in ruoli da comprimario, nel ruolo di Don Bartolo.
Lo spettacolo è a basso costo (anche se non sono stati forniti dati puntuali). In ogni caso, da dieci anni la Fondazione lirica di Jesi chiude i bilanci in pareggio o con leggeri attivi ed è la sola in Italia con la certificazione di qualità Uni En Iso 9001:2008 da parte dell’ente terzo di certificazione TÜV nel settembre 2009. Ha anche un vasto programma di formazione. In breve è su esperienze virtuose che occorre puntare. Lasciando a casa i piagnistei.
(Hans Sachs) 16 nov 2009 14:33
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