“Non è bello quel che è bello ma è bello quel che piace”. “Beauty is in the eye of the beholder”. Questi due proverbi , uno in italiano ed uno in inglese, sintetizzano quanto sia difficile (ove non impossibile) dare un valore ad un “bene intangibile” quale la bellezza, come ben sa chi opera nel campo dei beni artistici e culturali.
Negli ultimi vent’anni metodi e tecniche per la stima del bello sono state applicate anche al valore della avvenenza fisica, con particolare attenzione al significato che può avere nel mercato del lavoro in termini di assunzioni e carriera (quindi di reddito). Molto importanti a riguardo gli studi condotti dagli economisti Hamermesh e Biddle negli Anni 90. Le analisi prendono l’avvio da cosa vuole dire avvenenza fisica in Paesi industriali ad economia di mercato ai giorni d’oggi; ha senza dubbio caratteristiche molto differenti da quella che aveva all’epoca di Rubbens od in alcune regioni del mondo dove, per ragioni culturale, il bello maschile e femminile viene associato ad essere particolarmente bene in carne. La definizione viene ricavata dai due economisti da analisi delle preferenze dei consumatori condotte in Canada: “bello” vuol dire snello, slanciato.
Una prima verifica empirica riguarda una coorte di lavoratori dipendenti in una grande impresa , la cui carriera retributiva viene seguita per tre lustri. Il risultato è che in effetti i maschi “belli” hanno un vantaggio statistico sui maschi “non belli”. Per le donne, invece, non c‘è differenziale apprezzabile, ma quelle “belle” invece tendono a lasciare il mercato del lavoro (oppure a dare meno peso alla carriera retributiva) in quanto sposano uomini “belli”. La grande impresa, però, segue una serie di complesse regole interne che possono falsare il funzionamento del mercato del lavoro nel suo interno. Un’ulteriore analisi di Hamermesh e Biddle riguarda il valore dell’avvenenza fisica in un mercato, quello dei giuristi, in cui si ha lavoro sia dipendente sia autonomo. Una coorte viene seguita, ancora una volta, per tre lustri (sulla base delle fotografie del giorno della laurea). Non c’è differenza per genere nelle carriere tra “belli” e “non belli”. I “belli”, però, tendono ad andare alla professione libera, mentre i “non belli” ad optare per il lavoro dipendente, specialmente nella pubblica amministrazione.
Un lavoro più recente non utilizza come parametro il reddito da lavoro ma prende in esame un vasto campione d’insegnanti e correla avvenenza con i risultati dei loro allievi all’esame di stato (computerizzato e corretto , in via centralizzata dal lettore ottico); in breve, gli studenti di docenti maschi e belli sono quelli che hanno gli esiti migliori.
E nel mercato della politica? Il tema è oggetto di un saggio nell’ultimo fascicolo della rivista scientifica “Kyklos”. E’ curato da economisti di Oxford e dell’Università Nazionale dell’Australia. Si basa sugli esiti delle elezioni federali in Australia nel 2004. I risultati sono statisticamente “robusti”: i candidate “belli” hanno un margine tra un punto percentuale e due punti percentuali di elettori rispetto ai “non belli” (in un sistema uninominale ciò può assicurare la vittoria). Al margine, la bellezza conta di più per i candidati uomini che per le candidate donne.
Questo spiega la crescita del business del “wellness”.
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