domenica 15 novembre 2009

SE LA FEDE MUOVE LE BORSE Il Tempo 15 novembre

Nel dibattito sulla sentenza delle Corte di Strasburgo a proposito dell’affissione del Crocefisso nelle scuole, non sono state esaminate le dimensioni economiche e finanziarie. La dimensione “economica” è il nesso tra religiosità , da un lato, e benessere e crescita, dall’altro. Per dimensione finanziaria, i rapporti tra religiosità e mercati, ossia Borse.
I primi sono stati analizzati sin dagli inizi dell’economia classica nel lontano XVIII secolo, ma solo di recente sono stati effettuati studi quantitativi . Ne ho compiuto, un paio di anni fa, una rassegna su un periodico specializzato. Le conclusioni , e gli aggiornamenti della letteratura, forniscono utili indicazioni. Un aspetto di fondo è come si quantizza la “religiosità”. La convenzione è di calcolarla in termini di “partecipazione alle funzioni religiose” da parte della popolazione che, al censimento, dichiara di appartenere ad una Fede od ad un’altra. Gran parte delle analisi spiegano almeno metà del tasso di crescita di lungo periodo degli Stati Uniti con la determinante “religione” (inculcata dall’asilo: occorre “appartenere” ad una Fede quale che sia per essere un “buon americano”).
Un’analisi dell’Università di Chicago, considerata la roccaforte del liberismo (e del laicismo) – lo IZA Discussion Paper N. 4279 – passa in rassegna oltre 200 studi micro-economici su Fede, famiglia e capitale umano. Pure giungendo ad individuare molte lacune nelle nostre conoscenze, specialmente sulle implicazioni di nuove definizione di “famiglia” (famiglie “multiple” a ragione di divorzi, famiglie con partner dello stesso genere), conclude che il capitale umano nasce e cresce meglio nelle famiglie dove c’è Fede.
Di recente, questi studi sono stati arricchiti da ricerche di economisti europei, non appartenenti a confessioni specifiche (cattolici, calvinisti, luterani). Un bel lavoro del Max Planck Institut, giunge ad alcune “considerazioni provvisorie”: il Cristianesimo (in tutte le sue guise) e l’Islam favoriscono l’imprenditorialità, mentre altre Fedi (in particolare l’Induismo) la inibiscono. Tra imprenditorialità e Borsa non mancano nessi. Da economista che si è dilettato con il Corano e che ha molto lavorato in Paesi islamici, aggiungo che i nessi tra Islam ed imprenditorialità sono complessi, specialmente poiché i precetti del Corano sulle successioni e sulla proprietà sono stati interpretati, per secoli, come freni alla formazione del capitalismo ed all’istituzione di società a responsabilità limitata.
Interessante, un lavoro (ancora in forma provvisoria) della Università di Canterbury : le Borse dei Paesi a cultura e religione mussulmana presentano un’anomalia nel mese del Ramadan (quello in cui si digiuna e si prega). Un’analisi delle Borse di 14 Paesi mussulmani nel periodo 1989-2007 , conclude che nel Ramadan domina il Toro e i mercati sono meno volatili. La spiegazione : “le preci portano ad investimenti meglio meditati ed ad un maggior senso di solidarietà”.

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