Mentre il Festival Verdi 2008 (vedi “Il Foglio” dell’8 ottobre 2008) e molte opere verdiane apparse nella scorsa stagione lirica in Italia avevamo come tema sottostante i tormentati rapporti tra il compositore e la religione, il “mese verdiano 2009” (Peppino nacque a Busseto il 13 ottobre 1813) si è aperto e si è chiuso con due lavori imperniati sulla sua interpretazione della politica: “I due Foscari” presentata il 3 ottobre ad inaugurazione del Festival di Parma e “Simon Boccanegra” sino al 29 ottobre in scena in una superba produzione al Teatro Massimo di Palermo. “Foscari”, ignorata per decenni, si è vista di recente anche alla Scala. “Boccanegra”, opera “maledetta” ed ignorata da fine Ottocento al 1937, si vedrà anche in una coproduzione tra La Scala, il Metropolitan e la Staatsoper unter den Linden di Berlino, nonché forse nella stagione lirica del Regio di Parma. Sono due lavori distanti nel tempo: “Foscari” è del 1844, le versioni di “Boccanegra” del 1857, del 1859, e del 1881( quella correntemente rappresentata). Ambedue si basano su vicende storiche (romanzate a fosche tinte) ed hanno due temi fondanti: i rapporti con il mondo della politica e le relazioni tra padre e figli
Soffermiamoci sul primo tema. In “Foscari”, il Doge di Venezia viene defenestrato da una congiura , dopo essere stato eletto ripetutamente per 35 anni ed avere due volte rimesso il mandato; il complotto si basa su un’accusa infamante nei confronti del proprio figlio, costretto all’esilio ed al suicidio. In “Boccanegra” , “un uomo del mare” (ossia della vita produttiva) accetta di entrare in politica per sposare la figlia di un aristocratico, governa la Repubblica di Genova per un quarto di secolo ma viene distrutto proprio da coloro che gli avevano chiesto di essere disponibile alla vita pubblica. In “Foscari” (tratto da un poema di Byron pregnante di pessimismo), il trentunenne Verdi vede la politica come un gioco di potere che annienta i valori migliori (l’amore paterno, la terzietà della giustizia). Più complesso, il cammino delle varie versioni di “Boccanegra”. In quegli anni , si compiva il Risorgimento; su insistenti pressioni di Cavour, Verdi venne eletto al primo Parlamento del Regno nel 1861, ma diede le dimissioni a poco più di metà mandato. Nominato senatore a vita nel 1874, frequentò raramente il Palazzo. Un distacco dal “teatrino della politica” analogo a quello del trentunenne squattrinato, suddito del Granducato di Parma e Piacenza, alle prese con la burocrazia del Papa Re (“Foscari” era una commissione del Teatro Argentina di Roma)?
Niente affatto, le diverse versioni di “Boccanegra” e l’epistolario verdiano rivelano come Verdi fosse un partecipante entusiasta al movimento di unità nazionale, ma diventasse progressivamente deluso da una “politica politicante” (come il protagonista del romanzo incompiuto “L’imperio” di Federico De Roberto) sempre più distante dalla sua visione lungimirante . Nella scena-chiave di “Boccanegra”, il Doge fa proprio l’appello di Francesco Petrarca a porre fine delle guerre tra le Repubbliche di Genova e di Venezia allo scopo di lavorare insieme per un’Italia libera, ma non è compreso né dai patrizi né dai plebei; ciò innesca l’intrigo che porta alla catarsi finale. “Boccanegra” (parte dei cui temi “politici” verranno ripresi in “Don Carlo” ed in “Otello”) svela un rapporto tormentato con la politica analogo a quello con la religione: la visione a lungo raggio della Politica con la “p” maiuscola ed i programmi per realizzarla vengono bloccati da una politica con la “p” minuscola ridotta a intrighi.
La produzione in scena a Palermo (regia di Giorgio Galllione, scene e costumi di Guido Fiorato) è coprodotta con il Teatro Comumale di Bologna: non attualizza ai giorni nostri l’azione né la situa in un contesto atemporale (come pare alla avverrà nell’allestimento Scla-Met-Staatsoper) ma mostra una Genova medioevale in bianco e nero in cui pochi elementi scenici caratterizzano i vari ambienti.La direzione musicale è affidata ad un maestro concertatore di grande esperienza: Philippe Auguin. La forte tensione politica (caratteristica di un’indimenticabile versione di Gavazzeni, in un ormai raro cd) si avverte di più che nella più nota e più diffusa edizione di Abbado. Roberto Frontali (Boccanegra) si confronta con un avversario leale di grane livello (Ferluccio Furlanetto) ma soccombe agli intrighi del politicante Ventseslav Anastasov. La protagonista femminile è una Amarilli Nizza al meglio del suo versatile potenziale.
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