KURTÁG Kafka Fragmente S. Allegretta , J-M. Conquer Denis Krief Regia, scene costumi e luci, Nicola Calocero materiale video . Rimini Teatro degli Atti , 2 settembre
L’”opera da camera” è di nuovo di moda. Sia a ragione delle restrizioni sui bilanci dei teatri sia perché – come scrisse Theodor W. Adorno in una delle sua Minima Moralia – riflette efficacemente periodi di crisi. Se si vuole è un ritorno al futuro poiché Euridice di Jacopo Peri era “opera da camera” a tutti gli effetti. Nel giro di poche settimane, allo Sferisterio Opera Festival 2009 di Macerata c’è stata la prima esecuzione assoluta dell’opera da camera in tre atti “Le Malentendu“ composta da Matteo D'Amico e alla Sagra Musicale Malatestiana la prima esecuzione scenica italiana di Kafka Fragmente di György Kurtág (Leon d’Oro alla carriera della Biennale 2009, sezione musica). Due lavori molto differenti di compositori di età e scuole musicali tra loro diversissime.
Kafka Fragmente è un’opera compiuta tratta da “frammenti” di lavori di Kafka (i suoi diari, il suo primo romanzo) non da un testo specifico dell’autore boemo. Richiede, per essere eseguita, unicamente un soprano (Sara Allegretta a Rimini) ed una violinista (Jeanne-Marie Conquer). Dura 50 minuti ed è strutturata in otto “scene” e quattro parti. Le “scene” non vogliono fondali e cartapesta: Kurtág afferma che il luogo adatto per rappresentarla è una qualsiasi strada- “un’opera da strada”. Composta circa 20 anni fa, se ne è avuto un’esecuzione scenica in Francia (Parigi, Strasburgo, Bordeaux, altre città) utilizzando teatri di piccole dimensioni ma con un palcoscenico tradizionale.
Krief ha scelto, invece, un cantiere aperto nel semi-distrutto complesso degli agostiniani, corredato da proiezioni di incisioni di Kubin e di immagini di film dei tempi di Kafka e di Kurtág. Il palco è al centro: mostra l’appartamento di una persona giovane (poco importa che la voce è di un soprano; può essere di genere sia maschile sia femminile) . Gli spettatori siedono sui due lati del palco ; lo spettacolo è filtrato attraverso montaggi di proiezioni , di cui non è facile individuare i film da dove sono tratte. Le quattro parti esprimono i timori ed i tremori del giovane di fronte alla “folla cittadina”, ossia all’avventura nel mondo della vita adulta. E’ immediato il riferimento a “Amerika” (nelle versioni italiane) che, come suggerisce Marco Federico Solari in suo saggio fresco di stampa, sarebbe meglio intitolare “Il disperso” quale nell’originale boemo.
Tanto Sara Allegretta quanto Jeanne Marie Conquer hanno compiti difficilissimi. La prima canta per 50 minuti circa con tutta l’estensione che si richiede ad un “soprano assoluto”, dal drammatico, al lirico, alla coloratura; una prestazione di grande classe, anche se in certi momenti avrei preferito una vocalità che giungesse a colori wagneriani. La seconda ha un compito quanto mai arduo : l’intera opera si basa sulla tensione tra voce e strumento, ma Jeanne Marie Conquer (che utilizza due violini) non ma modo di vedere la scena e la cantante. La scrittura vocale e strumentale è raffinata, calligrafica ma non minimalista. Si avverte l’influenza di Pierre Boulez, a cui Kurtág dedica un ringraziamento ed elogio nella terza parte del lavoro.
In Francia - si è detto- la versione scenica di Kafka Fragmente ha viaggiato per varie città del Paese. L’augurio è che una strada simile venga presa da questo esemplare allestimento.
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