sabato 3 ottobre 2009

SANTA CECILIA UN BEL FESTIVAL SI MA NON DI BEL CANTO Il Domenicale 3 ottobre

Circa un anno fa, il “Dom” ha dedicato un servizio al rinnovato interesse nel belcanto (uno stile teso a dimostrare la bravura del cantante che dovrebbe essere in grado di reggere una candela accesa davanti alla bocca e di cantare senza far oscillare la fiamma) a ragione degli esiti di un festival all’Accademia di Santa Cecilia a Roma e del successo di una produzione de “I Puritani” di Vincenzo Bellini che, salpata dal Teatro Massimo di Palermo, si è vista ed ascoltata a Bologna, in Finlandia e quest’anno andrà a Cagliari ed in Giappone.
Santa Cecilia ha organizzato un secondo festival all’insegna del belcanto . Bellini – da molti considerato, con Donizetti, uno dei maggiori autori del belcanto - non era presente all’appello. Invece, molto Rossini che, a rigore, non appartiene al “belcanto” e un Mozart in chiave pop-rock. E’ stato inaugurato dal jazzista Danilo Rea con una serie non di parafasi ma di improvvisazioni basate principalmente su Bellini e Donizetti. Il Festival ha portato a Roma, in forma semi-scenica, “Il Viaggio a Reims” di Rossini, opera considerata perduta sino a quando una studiosa americana ne ha ritrovato la partitura originale . “Il Viaggio a Reims” è un lavoro d’occasione: permette di mostrare l’abilità dei sette maggiori cantanti del Théatre Italien di Parigi nei giorni del 1825 in cui si festeggiava l’incoronazione di Carlo X. Richiede un cast di stelle. La bacchetta di Kent Nagano è molto differente da quella di Claudio Abbado a cui si deve la prima esecuzione dell’opera in tempi moderni, a Pesaro nel 19884: meno frizzante , ma più trasparente e di maggior supporto ai cantanti specialmente nel “grande pezzo concertato a quattordici voci”. Il suono dell’orchestra è, al tempo stesso, rotondo e lucente; i solisti (l’arpa, i fiati) sono veri e propri virtuosi. L’Accademia ha coniugato cantanti noti (Daniela Barcellona, Nicola Ulivieri, Dmitry Korchak, Paolo Bordogna), con voci che adesso stanno cominciando a farsi conoscere (Shi Yijei, Mirco Palazzi, Ellie Dehn, Elena Gorshunova) e con giovanissimi del proprio Opera Studio. Una sola menzione: la 23nne Rosa Feola nel ruolo di Corinna, la parte che rese celebre Cecilia Gasdia e che forse è la più prossima di tutte alla purezza del “belcanto”.
Altro spettacolo di rilievo è stata la “prima” italiana del mozartiano “Flauto Magico” presentato anche a inaugurazione della XXIV edizione del RomaEuropa Festival- da cui è prodotto in collaborazione con Le Nuits de Fourvières di Lione. Il lavoro che ha debuttato a Lione ed è stato già proposto a Atene e Barcellona. Da Roma andrà a Napoli ed in Emilia (inaugura la stagione lirica dei Teatri di Reggio), per poi tornare in Francia in gennaio.
Dell’opera di Mozart – in cui solo 5 arie possono essere considerate belcantistiche - resta la traccia complessiva ma l’azione è semplificata e la partitura riscritta da Mario Tronco e Leandro Piccioni (con interventi jazz, pop, rock, raggae e quant’altro). In orchestra violini e contrabbassi, sono affiancati da batteria, combas, sax, dijembe e strumenti afro-cubani. Le voci, pur provenienti da una vasta gamma di continenti ed abituate più a musica etnica che al Settecento viennese, rispecchiano abbastanza bene l’originale La durata complessiva è 80 minuti invece dei 160 circa dell’originale.
Di fronte ad un’intrapresa del genere, da un lato, si può dire che è l’attualizzazione fedele di ciò che i viennesi videro ed ascoltarono il 30 settembre 1791 al Theater auf der Wieden: un musical in cui l’impresario e librettista era anche uno dei protagonisti, i cantanti (tranne Josepha Hofer) venivano dalla musica allora considerata “di strada” e canzonette, lazzi e frizzi si intercalavano con musica “colta”.
Da un altro, questo “Flauto” può venire letto sotto due profili: a) avvicinare al teatro in musica “colto” un pubblico nuovo e giovane; b) compiere un esperimento di integrazione inter-etnica molto politically correct e tale, quindi, da avere presa sugli spettatori. Sotto questo punto di vista, l’operazione è riuscita. Lo spettacolo è piacevole, grazioso, non scivola mai nel mediocre ed ha alcune voci di pregio. Il pubblico ha risposto con vero entusiasmo. Ma il belcanto è un’altra cosa.

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