mercoledì 14 ottobre 2009

Le ricette per il Sud: cosa pensa la sinistra in Ffwebmagaine 13 ottobre

Il Mezzogiorno – e più precisamente cosa fare per la piena utilizzazione del potenziale del Sud e delle Isole e per il loro sviluppo accelerato in questa fase di integrazione economica internazionale – è, con la politica estera e di sicurezza interna, tra i temi centrali del futuro dello sviluppo dell’Italia. All’argomento, la Fondazione Farefuturo ha dedicato un convegno i cui punti salienti sono trattati in altre parti del nostro web magazine.

Per delineare una possibile strategia è utile, come sempre, partire dal pensiero delle “teste d’uovo” dell’avversario. E’ utile vedere cosa proponevano in tempi non lontani intellettuali contigui alla sinistra, ove non a essa organici. Gli scritti degli intellettuali costituiscono sempre quello che gli specialisti di economia e finanza chiamano “il sottostante” di una proposta politica. Abolire il Mezzogiorno è il titolo di un saggio di Gianfranco Viesti, consigliere di Massimo D’Alema (quando quest’ultimo era presidente del Consiglio); nel lavoro si conduce una critica serrata all’intervento nel Mezzogiorno e si propone, in pratica, di chiudere baracca e burattini per puntare sulla fiscalità di vantaggio (ossia aliquote preferenziali per il Sud e per le Isole) – strumento che difficilmente (e unicamente per alcuni scopi specifici) il resto dell’Unione europea ci permetterà di utilizzare.

Le discussioni sul libro di Viesti – occorre sottolinearlo – hanno interessato quasi solamente gli addetti ai lavori. Ha, invece, una vasta eco Mediterraneo del Nord: un’altra idea del Mezzogiorno di Nicola Rossi, economista pugliese, professore all’Università di Roma-Tor Vergata, spesso candidato a incarichi di ministro o di viceministro per i problemi meridionali in caso di governi “tecnici” o di sinistra. Nel pamphlet (durissimo nei confronti della politica per il Sud e delle Isole degli ultimi lustri e di che la ha gestita, Unione prodiana inclusa), Rossi spiega in modo molto chiaro cosa intende per “capovolgere l’idea del Mezzogiorno”: «fissare paletti alle attività della politica e delle pubbliche amministrazioni”, “ridurre a poche unità il numero dei provvedimenti di incentivazione», «accettare il principio che in una moderna economia di mercato debba essere il sistema creditizio e finanziario e non la pubblica amministrazione a selezionare gli investimenti». Viesti e Rossi sono economisti di vaglia e le loro idee meritano, quindi, attenzione. Il terzo saggio è invece di un sociologo del diritto, che si è però cimentato anche con la teoria dei giochi, con la regolazione economica e con la politica dello sviluppo, Antonio La Spina, dell’ateneo di Palermo (dove tra l’altro dirige l’importante scuola di giornalismo), nonché per un periodo anche componente della Segreteria regionale dei Ds in Sicilia. Eloquente il titolo: Mafia, legalità debole e sviluppo del Mezzogiorno. Il saggio individua nella “legalità debole” (il “soft State” della letteratura tradizionale sullo sviluppo economico) il nodo essenziale alla localizzazione delle attività produttive ed allo stesso completamento di quelle reti che riducendo le rendite di posizione dei fenomeni di illegalità diffusa ne mettono a repentaglio il breve e soprattutto il lungo periodo. A differenza dell’”abolizionismo” di Viesti e del “capovolgimento” di Rossi, quindi, si è vicini all’enfasi sulle “politiche di contesto” del “rapporto Amato” del 1999. Tuttavia, secondo La Spina, nonostante alcuni cambiamenti , «molto del passato- rimane e talora anche ciò che sembrava superato ricompare». Quindi gli ultimi dieci anni (metà dei quali, ricordiamolo, governati dal centro sinistra) sarebbero passati invano ed occorrere dare la priorità ad una “legalità forte”, a regole cogenti. La Spina dedica molto più tempo alla lettura di testi recenti di quanto non possano farlo Viesti (da lustri impegnato a fare il Consigliere del Principe) e di Rossi (impegnato, invece, a studiare da Principe). Il suo richiamo alla “legalità forte” è analogo a quanto il Premio Nobel Douglas C. North spiega nel suo ultimo libro, Undestanding the process of economic change: il cambiamento economico richiede non “abolizioni” e tanto meno “capovolgimenti” ma regole esplicite e soprattutto implicite per combattere l’incertezza di individui, famiglie e imprese. Ancora una volta, niente abolizioni e niente capovolgimenti. Neanche, però, continuare sul percorso liberale descritto tacitianamente nel breve ma succoso saggio di Fabrizio Barca (che per otto anni ha avuto la responsabilità di guidare il Dps e si considera, a ragione, uno dei pochi economisti rigorosamente marxisti rimasti in Italia), Italia frenata: paradossi e lezioni della politica di sviluppo.Tornare, invece, a strumenti cogenti di programmazione dell’intervento pubblico. In effetti, si è contrappone una politica che mette l’accento sul mercato e che piacerebbe proprio ai liberisti più indefessi con una politica di “regole forti” nostalgica della programmazione dirigista del passato. Dall’impossibilità di conciliare, in materia di Mezzogiorno, quelle che un tempo venivano chiamate “le anime della sinistra” sono scaturite le banalità ddel Governo Prodi (un triste ricordo per il Mezzogiorno).

Eppure non siamo all’anno zero. Il programma strategico nazionale per l’utilizazione dei fondi strutturali nel 2007-2013 per “le aree sotto-ulizzate”, il Programma per l’innovazione, la crescita e l’occupazione (Pico) messo a punto dal dipartimento delle Politiche comunitarie ai tempi del secondo Governo Berlusconi (nel 2004-2005), le proposte in materia di servizi pubblici essenziali, nonché l’esame delle opportunità e degli impatti della transizione da televisione analogica a digitale terrestre, in gergo Dvb-T, e soprattutto il recente (2009) rapporto Un’agenda per la riforma della politica di coesione curato da Fabrizio Barca per la Commissione europea rappresentano un corpo di analisi e riflessioni su cui costruire linee strategiche per il futuro a medio termine per il Sud e per le Isole. Tanto più che per le aree in questione non fanno difetto le risorse finanziarie europee grazie all’abilità dei negoziatori italiani nella trattativa sulla programmazione finanziaria Ue 2007-2013.

C’è un nesso importante tra queste analisi : la convergenza delle proposte del “documento” strategico con quelle del Pico e quelle attinenti al DvB -T. Il primo pone l’accento sulla priorità del completamento delle reti e dei nodi logistici, non unicamente di trasporto (in tutte le sue modalità), ma anche e soprattutto tecnologici. Il secondo dà corpo alle misure specifiche da mettere in atto ed include stime dei loro effetti; gran parte dei 200mila nuovi occupati (specialmente giovani) saranno nel Mezzogiorno (dove i tassi di disoccupazione, e in particolare, quelli di disoccupazione giovanile, sono tre volte pari a quelli del Centro-Nord). Le potenzialità del DvB-T dimostrano come con la televisione digitale terrestre porterà, con il teleschermo, la telematica e l’interattività alla portata di tutte le case (anche nelle aree sotto-utilizzate dove la diffusione di personal computer a connessione veloce è relativamente in ritardo rispetto al resto del Paese). Dando, quindi, a uno e a ciascuno l’opportunità di essere “in rete” dal proprio soggiorno e ponendo, dunque, una sfida enorme in capo alle pubbliche amministrazioni e autonomie e agli istituti deputati al supporto della loro riorganizzazione e formazione.

Questi i punti centrali. Come si pone, occorre chiedersi, il contesto di fronte a queste sfide? Alcuni anni fa, alla conferenza internazionale annuale organizzata dall’Università di Roma, Tor Vergata, a Villa Mondagrone a Frascati, gli economisti Luigi Paganetto e Pasquale Lucio Scandizzo presentarono la ipotesi suggestiva secondo cui le tecnologie della comunicazione e dell’informazione (Ict, nell’acronimo inglese di impiego comune) eliminando le distanze di spazio e di tempo avrebbero potuto, in certo qual modo, isolare le imprese del Mezzogiorno dai limiti del proprio contesto istituzionale e facilitarne così il decollo, riducendo i costi afferenti a tale contesto. E’ un auspicio di cui non si toccano ancora con mano gli esiti. Gli strumenti ci sono. Utilizziamoli.

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