martedì 13 ottobre 2009

L'oro sale e il dollaro scende. La causa? In Estremo Oriente Il Velino 14 ottobre

Roma, 13 ott (Velino) - In estate ci sono stati acquisti insoliti, ed alla grande, da parte di alcune Banche centrali europee, in prima linea quelle di Francia ed Italia (in attesa di movimenti valutari autunnali). Cosa spiega la nuova impennata del metallo giallo che ha caratterizzato l’ultima settimana? I timori ed i tremori sul futuro del dollaro Usa (il debito totale interno- di individui, famiglie, imprese, pubbliche amministrazione, è pari a quasi 3,5 il pil ed il disavanzo dei conti con l’estero cresce di mese in mese a dismisura) sono fondati. Ha anche una base solida la notizia secondo cui, in barba all’unione monetaria europea ed alla solidarietà che essa comporta, la Francia stia segretamente prendendo le distanze dai partner del Vecchio Continente: con Russia, Cina e Giappone (un quartetto piuttosto insolito), stia corteggiando i Paesi del Medio Oriente produttori di petrolio allo scopo di fare proporre a questi Paesi (Cina, Giappone, Russia e Cina non vogliono fare sgarbi a Washington) di sostituire il dollaro nelle transazioni petrolifere con un paniere di monete e d’oro. A rendere l’intrigo ancora più plausibile, a Istanbul, in occasione dell’assemblea annuale della Banca mondiale e del Fondo monetario. il G7 non ha alzato paglia in materia di cambi e di squilibri finanziari internazionali. Il compito è stato affidato al francesissimo Ing. Jean-Claude Trichet, attualmente alla guida della Banca centrale europea (Bce) il quale, nel suo discorso all’assemblea delle due maggiori istituzioni finanziarie internazionali, ha affermato (quasi a voler coprire il quartetto ed i suoi intrighi), che “l’esigenza di appianare gli squilibri non implica un cambiamento nella posizione bilaterale tra dollaro ed euro).

Tuttavia, a muovere il dollaro (all’ingiù) e l’oro (all’insù) non sono e non saranno i Paesi esportatori di petrolio che hanno troppo bisogno degli Stati Uniti come loro alleato (soprattutto nei confronti dei radicalismi interni). Occorre sì guardare ad Oriente, ma non al Vicino Oriente. E nel più lontano Estremo Oriente dove l’Asean (l’Associazione delle Nazioni dell’Asia del Sud Orientale- nata 40 anni fa e di cui ora 10 Paesi con una popolazione di quasi 600 milioni di persone) ha l’obiettivo di creare un mercato comune entro il non lontano 2015; è già funzionante una rete di zone di libero scambio che coinvolge 3 miliardi di uomini e donne con regole speciali per il partner di maggiori dimensioni, la Cina. Pochi economisti italiani seguono metodicamente l’Asean ed i suoi sviluppi, nonostante una delle riunioni tra esperti Ue nell’italianissima Reggia di Caserta.

Tra i programmi a lungo raggio dell’Asean c’è pure la creazione di un’unione monetaria. Circa tre anni fa un economista giapponese – Kiyotaka Sato dell’Università di Yokohama -ed uno cinese – Zhaoyong Zhang della Edith Cowan University in Australia Occidentale – ne studiarono la fattibilità: a loro avviso era stato già raggiunto un alto grado di integrazione tra gruppi di Paesi (un blocco formato da Singapore, Tailandia ed Indonesia, un secondo da Cina, Hong-Kong e Corea, un terzo da Giappone e Formosa). Il nodo era il nesso connettivo tra questi blocchi, essenzialmente il tasso di cambio della moneta cinese in rapporto a quelli di Singapore, Tailandia ed Indonesia, da un lato, e di Giappone e Formosa, dall’altro. Da allora – afferma uno studio condotto da due università americane ed una giapponese – molto è cambiato: all’interno dell’area asiatica e nei rapporti con Usa ed Ue il valore internazionale della valuta cinese appare deprezzato appena del 10% e per alcune categorie merceologiche avrebbe raggiunto un livello sostanzialmente di equilibrio. Ciò è avvenuto – spiega un’analisi di David Steinberg della Northwestern University di Chicago – a ragione della perdita progressiva di potere politico, all’interno della Cina, dei settori diretti all’esportazione (che hanno sempre premuto per un cambio artificialmente basso).

Ci sarebbero, quindi, le premesse per lavorare verso un’unione monetaria dell’Asean ; se avesse successo , la moneta unica dell’Asean peserebbe più del dollaro e dell’euro nel contesto mondiale. Sembra essere nel futuribile. Ma lo si era nella prima metà degli anni Ottanta quando si parlava di moneta europea. In questi giorni le banche asiatiche sono state molto attive nel mercato dell’oro. Forse guardando non solo vicino (tracollo del dollaro) ma anche lontano.

(Giuseppe Pennisi) 13 ott 2009 16:05

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