E’ nuova sotto due profili l’edizione di “Pelléas et Mélisande” di Claude Debussy in scena, sino al 9 ottobre, al Teatro dell’Opera di Roma, che lo co-produce con il Théâtre Royale de la Monnaie de la Bruxelles. In primo luogo, è una delle rare occasioni – la prima in Italia – di ascoltare il lavoro come lo concepì Debussy, ossia senza gli interludi aggiunti per facilitare i numerosi cambi-scena. E’ stato possibile eliminare i cambi-scena– è questa la seconda novità- puntando su una scena unica affidata ad uno dei maggiori scultori contemporanei, Anish Kapoor, una scultura astratta che gira su se stessa, si chiude, si apre: secondo alcuni è l’occhio che segue la trama, secondo altri un utero dato il carattere fortemente erotico dell’intreccio. In questa struttura, e nella lunga scala che porta in cima ad essa, Pierre Audi (regia) dà al dipanarsi dell’intreccio un andamento serrato, quasi da thriller, come inteso dall’autore. I costumi atemporali di Patrick Kinmonth lo slegano da collocazioni precise.
La vicenda tratta di amore e morte nella Bretagna medioevale. Scena e regia eliminano sia il Medio-Evo pre-raffaellita delle produzioni tradizionali sia la trasposizione all’inizio del Novecento (quando Meaterlink e Debussy concepirono il lavoro) presentata quattro anni fa a La Scala. La direzione musicale di Gianluigi Gelmetti è differente di quella di Georges Prêtre che nel 2005 affascinò il Piermarini.: stringe i tempi invece di dilatarli. Si alternano due cast di livello. Spiccano su tutti Monica Bacelli, Jean-François Lapointe e l’inossidabile Jean-Philippe Laffont.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento