C’è chi pensa che la musa bizzarra e altera, ossia la lirica, sia parruccona e polverosa. Nacque in Italia, però, dove fu un’attività commerciale (e redditizia) per oltre un secolo. Un record vantato in Europa unicamente dalla Gran Bretagna nel Settecento ma oggi prassi negli Usa, in Asia e in Australia – oggi terre di esportazione per i nostri teatri. Le 13 fondazioni lirico sinfoniche hanno 3,5 milioni di spettatori ed oltre 70.000 abbonati l’anno; aggiungendo la settantina di “teatri di tradizione” e la quarantina di festival, si giunge ad oltre 5 milioni di spettatori. Un comparto di tutto rispetto; il sostegno pubblico è giustificato dal fatto che la tecnologia fissa (caratteristica di molte arti dal vivo) non consente di catturare i benefici del progresso tecnico in termini di riduzione dei costi.
Anche se la legge finanziaria ha aumentato il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) da 444,301 milioni di euro nel 2007 al 536,814 milioni di euro nel 2008 - complessivamente restiamo al sotto dell’apporto pubblico in altri Paesi europei – in Austria i quattro teatri d’opera di Vienna ed il Festival di Salisburgo ricevono un contributo “federale” pari a tre volte il contributo del Fus alle 14 fondazioni lirico sinfoniche italiane. Sul 50% del Fus destinato alla lirica è in atto una battaglia che sta per danneggiare Roma.
Iniziata con un micro-sciopero al Massimo di Palermo si è estesa alla Scala dove si minaccia di far saltare la tradizionale inaugurazione per Sant’Ambrogio. E’ stato annunciato uno sciopero nazionale con azioni decentrate per annullare “le prime”: a Roma domani salta l’attesa “prima” de “Mosé in Egitto” di Rossini. Il nodo sono i contratti integrativi per orchestre e maestranze. Da un lato, la normativa prevede che gli integrativi vengano negoziati dopo la definizione del contratto nazionale. Da un altro, se le richieste dei sindacati (in particolare di quelli scaligeri) venissero accolte, assorbirebbero l’incremento del Fus (non lasciando nulla all’ampliamento delle attività artistiche). Già parte dello stanziamento del Fus è stato dirottato ad operazioni di salvataggio di due fondazioni che, in base alle norme in vigore, dovrebbero stare per essere messe in liquidazione. All’insegna del “quanto più ti indebiti tanto più paga Pantalone”, la sinistra ha dato un pessimo esempio a chi fatica per far quadrare i conti.
Da oltre cinque anni la fondazione lirica romana (e l’Accademia di Santa Cecilia) presentano consuntivi in attivo, aumentando rappresentazioni e presenze di pubblico pagante, anche giovane. Rischiano di essere non premiate (come meriterebbero) ma penalizzate se passa la linea proposta dalla Scala (e molto ascoltata al Collegio Romano) secondo cui il tempio milanese (e le sue maestranze) dovrebbero avere un trattamento speciale (come l’Opéra di Paragi ed i Teatri Reali di Londra, Madrid ed altrove).A spese degli altri. Campidoglio, muoviti: per una soluzione equa si guarda a te.
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