In Gran Bretagna si usa una frase idiomatica (a blessing in disguise) per indicare un avvenimento presentato come catastrofico ma che, al contrario, può dare risultati sorprendenti ove non miracolosi. Tale sarebbe, a mio avviso, una crisi di governo sulla legge finanziaria, l’autorizzazione all’esercizio provvisorio ed elezioni appena inizia “la stagion dei fiori” (visto che siano già in clima di celebrazioni per 150nario dalla nascita di Giacomo Puccini).
Gran parte della stampa (anche i grandi quotidiani che, di fronte agli esiti di un anno e mezzo di governo, hanno preso le distanze dall’Esecutivo guidato da Romano Prodi) mostrano come uno spauracchio l’eventualità che Prodi & Co. giungano ad un divorzio (più o meno consensuale) prima della conclusione dell’iter della finanziaria. Tracciano l’ipotesi di un nuovo Governo Prodi o di un Esecutivo tecnico per giungere al varo della legge annuale e pluriennale di bilancio entro il 31 dicembre, evitare l’esercizio provvisorio, ed anche varare una nuova legge elettorale prima di nuove elezioni. In questo quadro, l’esercizio provvisorio viene presentato come un disastro che fermerebbe il Paese e ne porrebbe a repentaglio la reputazione internazionale.
Tuttavia, occorre chiedersi se la situazione effettiva dell’Italia consente, a Prodi & Co., di andare avanti ulteriormente e se l’esercizio provvisorio sia da considerarsi come un danno rispetto alle alternative ipotizzabili.
In primo luogo, i sondaggio più recenti di Renato Mannheimer (un professionista che non può essere accusato di essere partigiano del centro-destra) affermano che il 40% degli italiani vuole il voto anticipato ed il 16% un nuovo esecutivo subito. Due partiti della coalizione (l’Italia dei Lavori e i Liberal-Democratici) disertano le votazioni sulla ddl di bilancio. In una sola giornata, il Governo è stato battuto ben sette volte sul ddl di ratifica del decreto legge fiscale; in tale ddl, poi, sono state incluse spese prive di copertura – ciò imporrà o una modifica od un rinvio della finanziaria alla Camere da parte del Capo dello Stato. Siamo, poi, solo all’inizio. Se ne vedranno an ancora delle più belle quando arriverà in aula il ddl sullo stato sociale in cui si fa letteralmente a pezzi il sistema previdenziale contributivo in via di introduzione tramite la “riforma Dini” del 1995: le istituzioni finanziarie internazionali sono già state molto critiche (ancora più severi i gestori di fondi nelle loro newsletter ai loro abbonati) , con l’esito di una fuga di capitali dall’Italia si vedono già i segni nelle statistiche mensili del Fondo monetario internazionale (Fmi). Il Senatore Dini è pronto a fare sacrificare la propria reputazione (acquisita in una lunga carriera) sull’altare di un’Unione ormai a pezzi.
In secondo luogo, gli studiosi di economia dell’incertezza e di economia dell’informazione e della comunicazione- Joseph Stiglitz innanzitutto- ammoniscono da anni che un quadro del genere frena la crescita, crea disoccupazione e tensioni sociali (penalizzando i più deboli) e crea anche inflazione in quanto, da un lato, frena sia consumi sia investimenti e dall’altro suscita pressioni corporative. Il rallentamento del pil ed il vero e proprio pullulare di scioperi grandi e piccoli sono la prova più eloquente che Stiglitz (e tanti altri, ivi comprese applicazioni all’Italia del metodo dell’economia dell’informazione e della comunicazione) hanno ragione.
In secondo luogo, un Prodi bis od un Esecutivo tecnico risolverebbero questi problemi? C’è da dubitarne molto seriamente. Al contrario, i nuovi inquilini di Palazzo Chigi tenterebbero di starci il più possibile , come provano esperienze pure del recente passato, per giungere non solo ad una nuova legge di bilancio ma anche ad riforma elettorale (e perché no?) costituzionale. Il quadro, già incancrenito agli occhi di tutti gli osservatori internazionali, diventerebbe putrido con implicazioni ancora più negative sulla situazione economica e sociale del Paese.
La constatazione, invece, che non c’è più una maggioranza politica, le dimissioni di Prodi & Co., il loro mantenimento in funzione solo per l’ordinaria amministrazione e l’inizio della procedura per la proclamazione delle elezioni alla prima data fattibile comporterebbe il chiarimento che si attendono gli italiani (e chi ci osserva) ed avrebbe come solo “costo” (paventato) il ricorso all’esercizio provvisorio.
Sarebbe un “costo” oppure un “beneficio”? La normativa è chiara: per i primi quattro mesi dell’anno (auspicando che entro fine aprile si giunga all’approvazione di una legge finanziaria più stringata e più rigorosa del ddl attualmente in discussione). In primo luogo, si sgombrerebbe il campo da una finanziaria dal “buco annunciato” (vedi L’Occidentale del primo ottobre), oggi ancora più vasto di quanto si potesse prevedere un mese fa. In secondo luogo, l’esercizio provvisorio imporrebbe a limitare ogni mese la spesa ad un 12simo di quella dell’anno precedente; tale vincolo costringerebbe Ministri e Ministeri a realizzare economie non previste nel ddl ora in Parlamento, bloccherebbe la nascita di nuovi carrozzoni (come le nuove Agenzie per la cooperazione allo sviluppo, la formazione) ed altri veicoli di jobs for the boys. Dati i tempi tecnici per avviare nuove spese, se il gettito non fa difetto, a fine 2008 il rapporto tra disavanzo e pil sarebbe, secondo i miei calcoli, attorno all’1,5%. Sarebbero contenti i Ministri dell’area dell’euro. Ed anche e soprattutto gli italiani
Santo Esercizio Provvisorio, salvaci tu!
Riferimenti
Amato G. Due anni al Tesoro Il Mulino, Bologna
De Filippi G. Maiolo S. Marzano A., Pennisi G. Savastano S. Scandizzo P.L, Zecchini S. I media, l’economia e la pubblica amministrazione Sspa Editrice 2005
Choi D., De Filippi G., Pennisi G. La net economy nella pubblica amministrazione 2004 : news e mercato del lavoro Sspa Editrice 2003
Saltari E. Informazione e teoria economica Il Mulino 1990.
Stiglitz E.J. Information and the change in paradigms in economics, American Economic Review June 2002
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