Calma piatta in quel di Francoforte nonostante giovedì 8 novembre si riunisca il Consiglio della Banca centrale europea, Bce, in un contesto che dovrebbe innervosire i guardiani dell’euro. Appena una settimana fa infatti, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo dei 13 Paesi dell’unione monetaria è aumentato ad un tasso annuo del 2,6%, ben oltre il tetto, o (secondo le interpretazioni più benevole degli esegeti) il livello di guardia (2% l’anno) al quale, secondo gli statuti Bce, le autorità monetarie dovrebbero stringere i freni.
I “falchi”, spesso guidati dal Presidente in persona della Bce Jean-Claude Trichet, invece tacciono. Nei saloni felpati del Frankfurterhoff, l’albergo più elegante della città non si ode il chiacchiericcio che precede le riunioni del Consiglio Bce.
Nella scommessa della pausa-pranzo, si attribuisce una probabilità appena del 15% all’eventualità di un aumento dei tassi nel resto dell’anno. Molti si spingono a dire che non si parlerà di rialzi sino all’autunno 2008. Un quadro, quindi, molto differente da quello che si respirava sino a settembre, quando era chiaro a tutti che Trichet intendeva portare il tasso di riferimento (il “pronti contro termine” dal 4% al 4,25% in ottobre 2007 per arrivare adesso al 4,75%). Se non ci saranno sorprese è verosimile che ancora per diversi mesi, il pilota del prezzo del denaro nell’area dell’euro sarà il 4%.
Che i prezzi abbiamo preso un’inattesa rincorsa non è una novità, soprattutto in Italia. Su iniziative di varie associazioni di consumatori (Adoc, Adusbef, Codacons e Federconsumatori),, in seguito ai forti rincari dei prezzi di generi alimentari come la pasta ed il pane (si parla del 22-27%) , l'Antitrust ha aperto un’istruttoria su "possibili intese restrittive della concorrenza nei confronti di Unione industriale pastai italiani e di Unione nazionale della piccola e media industria alimentare". Le associazioni, infatti, "potrebbero aver dato indicazioni per aumenti dei prezzi omogenei sul territorio nazionale” . La Procura di Roma ha anche aperto un’inchiesta penale. Il fenomeno – si badi bene – non è solamente italiano: sfogliando la stampa estera, ci si accorge che in vari settori (meno esposti alla concorrenza internazionale) si stanno verificando episodi analoghi, specialmente in Francia e nel Benelux. Ragione di più perché la Bce utilizzi gli argini di cui dispone. E non deroghi ai propri statuti (con il rischio di perdere reputazione).
Cosa ha fatto cambiare idea ai piani alti dell’Eurotower? Il mormorio delle mescite dove si beve lentamente apple wien (il succo di mela a contenuto alcolico – che è l’equivalente della birra nella città vecchia di Francoforte) si dice che all’Eurotower si prevede un rallentamento significativo della crescita economica nell’unione monetaria: dal 2,8% del 2006, si passerebbe al 2,5% dell’anno in corso ed al 2,3% del prossimo. Quindi, alla Bce si teme che un aumento dei tassi (pur richiesto dagli statuti) causerebbe una frenata ancora maggiore di quella già messa in conto.
C’è indubbiamente del vero in queste ipotesi. Tuttavia, occorre aggiungere tre elementi:
a) Gli spifferi che giungono dal servizio studi della Banca dell’euro (per prendere a presto il titolo di un libro di Giuseppe De Filippi) avvertono che dal modello econometrico dell’istituto il rallentamento risulterebbe ancora maggiore – un tasso di crescita inferiore al 2% per i 13 della moneta unica e quasi rasoterra per l’Italia – una prospettiva da fare paura soprattutto dopo la battaglia contro “i signore dell’euro” (così li chiama lui) dal Presidente francese Nicolas Sarkozy;
b) Un lavoro dell’Università di Lipsia, preso molto sul serio a Francoforte, lancia l’ipotese “bolle di liquidità” che possono contribuire ad esuberanza irrazionale delle Borse, aumenti a tassi rapidissimi delle quotazioni delle materie prime, ad incrementi in progressione geometrica delle valorizzazioni dell’immobiliare. Lo studio traccia l’andamento dei mercati dalla metà degli Anni 80 (da quando il toro è corso su tutti i binari, da quelli mobiliari a quelli immobiliari, passando per le materie prime): l’ampia offerta di liquidità (alimentata in vario grado dalla finanza strutturata) ha avuto origine nel Nord America ed in Europa ma si è estesa al Giappone, all’Asia ed a molti Paesi emergenti, innescando un ciclo di “overinvestiment”, investimenti eccessivi (a volte a scapito dei salari e dei consumi). Una “bolla di liquidità” sarebbe stata all’origine delle tensioni sui mercati finanziari l’estate scorsa, ma si sarebbe sgonfiata aggravando la frenata.
c) Il tasso di aumento dei prezzi decelererebbe proprio a ragione del rallentamento generale dell’economia e tra due-tre mesi rientrerebbe al di sotto del 2% l’anno Tuttavia, i servizi studi di alcune grandi banche (quali la Ubs) non condividono questa analisi : l’ascesa dei prezzi del petrolio, delle granaglie e dei lattiero-caseari trascinerebbero il resto.
Cosa implica tutto ciò per l’Italia? Tassi stabili al 4% l’anno danno una mano al Governo Prodi, in particolare al Ministro dell’Economia e delle Finanze Tommaso Padoa-Schioppa, in termini di contenimento del costo del servizio del debito pubblico. E’, però, un respiro temporaneo: il quadro generale non è incoraggiante in quanto si profila il rischio di una campagna elettorale con il Paese a crescita rasoterra.
07 Novembre 2007 bce caro-prezzi crescita tassi di interesse Economia Commenta Email Condividi
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