giovedì 15 novembre 2007

DIMENTICARE LO SPORT: SPIANA LA VIA AL TERRORISMO

La settimana prossima (il 22-23 novembre) si tiene alla Università Bocconi, un seminario internazionale, promosso dalla Commissione Europea, su come lo sport può essere un elemento di creazione di “capitale sociale” (una rete associativa a fini di interesse collettivo) e di “coesione sociale” (uno strumento di integrazione). Il seminario( per i dettagli www.unibocconi.it/sportandsocialcapital) avviene all’indomani delle tragiche vicende narrate e commentate da Il Tempo negli ultimi giorni. Da un lato, economisti di tutta Europa esaminano modelli ed esperienza su come lo sport possa essere un veicolo di crescita per tutti, di promozione sociale e di integrazione; da un altro, violenze gravissime che hanno proiettato un’immagine pessima dell’Italia (e di chi la governa) nel resto del mondo.
Quale la determinante di una divergenza che più profonda non potrebbe essere? La politica, o meglio la non-politica (di chi ha responsabilità di Governo) di fronte ad un clima crescente di odio contro la società in generale e le forze dell’ordine in particolare. I fatti, ugualmente tragici, di Catania sono soltanto di pochi mesi fa.
Il Ministro dell’Interno Giuliano Amato è persona colta con perfetta padronanza della lingua inglese. Dopo i fatti di Catania è stato portato alla sua attenzione lo studio di Panu Poutvaara (Università di Helsinki) e Mikael Prisk (Università di Monaco) , pubblicato come CESifo Working Paper Series No. 1882, in cui si documenta il nesso tra l’”hooliganism” collegato al calcio ed il terrorismo (specialmente quello di matrice medio-orientale). Non c’è stata alcuna azione.
Con la sua profonda conoscenza di diritto comparato avrebbe dovuto dare una mano al Ministro dello Sport e delle politiche giovanili Giovanna Meandri nel rimettere in sesto un comparto (in cui la mano pubblica aveva già dovuto effettuare un salvataggio nel 2003 e scandali a go-go erano esplosi nel 2005-200&) Si sarebbero potute mutuare (come ribadito da Il Tempo ) idee dalla regolazione in altri Paesi e in altre attività di interesse collettivo. Interessante interesse l’esperienza tedesca dove la normativa prevede che almeno il 51% delle azioni delle s.p.a. del calcio sia controllato da club sportivi che hanno a cuore il destino della squadra dal punto di vista emotivo ed affettivo non unicamente finanziario. Modelli analoghi sono stati adottati in Spagna e in Gran Bretagna. Si può, poi, studiare l’ipotesi di organizzare il comparto in fondazioni (una versione moderna delle associazioni sportive della prima parte del Novecento). Tutte queste formule giuridiche contemplano rigorosa disciplina di bilancio e trasparenza; commissariamento ed anche scioglimento per chi no sta alle regole. Implicano anche controllo delle tifoserie da parte delle fondazioni (con la sanzione della liquidazione in caso di turbativa di ordine pubblico). Il silenzio del non governo (nonostante le premonizioni) è davvero assordante.

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