Nel nuovo quadro determinatosi dopo la decisione di Silvio Berlusconi di dare vita a un nuovo soggetto politico potrebbe essere il disegno di legge per dare attuazione al Protocollo sul Welfare (in sintesi, ddl welfare) a fare da denotatore all’implosione del Governo Prodi e a portare a nuove elezioni.
La gestazione del ddl è stata complessa e sofferta in quanto si trattava di tradurre in norma un Protocollo che è una ragnatela di compromessi tra scuole di pensiero ed esigenze contrastanti. Allora l’artefice della ragnatela è stata in gran misura la Cgil (king maker del Governo Prodi); i suoi sforzi non sono stati salutati dal successo sperato al referendum del 10 ottobre.
Il ddl che ne è risultato è all’insegna non solo di maggiori costi per l’erario (come documentato da Giuliano Cazzola su L’Occidentale del 19 novembre) ma anche da una inerente precarietà. Ciò non deve essere inteso in termini derogatori. E’ espressione meramente qualificativa per esprimere in modo più facilmente comprensibile a molti lettori ciò che i cultori della teoria dei giochi chiamano “un equilibrio dinamico”.
Vi ricordate John Nash ed il film di cinque anni fa A Beautiful Mind? L’”equilibrio dinamico” è costantemente instabile in quanto dipende da come ciascun giocatore risponde ai giochi degli altri (non conoscendone le strategie ma ricavandole dalle loro mosse).
Nel ddl welfare, l’equilibrio è particolarmente complicato in quanto ciascun giocatore gioca, contemporaneamente, almeno su due tavoli diversi (e con obiettivi differenti). Un tavolo è quello in cui la partita è con gli altri partner della coalizione; la posta in gioco è “la reputazione”, ossia come massimizzare la capacità di incidere sulla politica di governo nel suo complesso. Un altro tavolo è quello con il proprio elettorato dove ciascun giocatore intende massimizzare le propria “popolarità” rispetto al bacino dei propri potenziali elettori.
“Reputazione” e “popolarità” sono spesso in forte contrasto l’una con l’altra. Il gioco, inoltre, non un avviene per partite (o passate di mano) secche ma si declina in una sequenza ininterrotta (sino alla sua conclusione – l’approvazione del ddl welfare- od al punto di rottura – il dissidio tra i giocatori). Di conseguenza è ogni volta differente (su ambedue i tavoli) e nessuna delle parti riesce ad apprendere da “giochi ripetuti” quale potrà essere il comportamento degli avversari in termini di mosse e contromosse. Il gioco è reso ancora più complicato dalle differenze profonde sulla visione degli interessi della collettività che proprio sul welfare hanno i partiti i cui leader siedono nel sinedrio dell’Unione, nonché dalla nascita del Partito Democratico come soggetto volutamente “pigliatutto”, che si colloca a sinistra ma guarda al centro e che si presenta come “riformista”.Un altro Premio Nobel, John D. North, ci ha insegnato che all’avvicinarsi di “nuove regole economiche” (quelle che dovrebbero essere il corpo delle riforme) le “vecchie regole” si irrigidiscono.
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