mercoledì 7 novembre 2007

AL MASSIMO DI PALERMO TRIONFA LA DIABOLICA "MEDEA" DI CHERUBINI

Nel trentennale della morte di Maria Callas sono riemerse edizioni discografiche della sua interpretazione della “Medea” di Luigi Cherubini, nonché del film “Medea” di Pier Paolo Pasolini che interpretò quando le sue corde vocali avevano perso il loro smalto.
Il Teatro Massimo di Palermo (in co-produzione con il Théâtre du Capitole di Tolosa) ha voluto fare di più e mettere in scena la versione integrale dell’opera (nella traduzione ritmica italiana di Carlo Zangarini, quella utilizzata dalla Callas). L’attesa era grande , con alcune comitive di melomani giunti nel capoluogo siciliano appositamente per l’evento. “Medea”, infatti, è un lavoro che trionfò a cavallo tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento per poi sparire, per oltre un secolo, mietere nuovi successi negli Anni 60 e diventare un’altra volta una rarità, specialmente in Europa (viene programmata frequentemente nei teatri Usa). Purtroppo parte dell’attesa è stata delusa, non dagli artisti ma dallo sciopero di venti macchinisti della Uil (su 450 dipendenti del Massimo) che hanno costretto una rappresentazione a scena e luci fisse (perdendo inevitabilmente gli effetti speciali previsti dalla regia).
L’intreccio è noto Medea, maga e barbara provenente da terre lontane, tradita dal proprio amante Giasone, uccide i due figli da lui avuti e la principessa Glauce con cui il suo ex-compagno sta per andare a nuove nozze. Si suicida, infine, in un delirio di fiamme del Palazzo Reale. Composta nel 1797, ai tempi del Terrore, quando la ghigliottina lavorava senza interruzione, Medea è una giacobina assetata di sangue ancor più che un’amante tradita ed abbandonata. A differenza di altre opere dell’epoca (si pensi non solo a Mozart ma anche a “Demofoonte” dello stesso Cherubini) è opera densa di fuoco e di passione, ma priva di carnalità e di eros
Le scene e soprattutto i costumi di Yannis Kokkos situano la vicenda negli anni in cui l’opera venne composta, in un clima, quindi, giacobino dalla concitata ouverture al finale da tregenda un’atmosfera di morte e sangue, interrotta dai tentativi di Medea di riportare a sé Giasone e dalla “berceuse” della sua Governante Neris che vorrebbe convincerla a non uccidere i figlia.Bruno Campanella concerta con competenza, evitando alcune trappole neoclassiche della partitura ed accentuandone le tensioni (accelerando, quindi, i tempi). Sotto il profilo vocale, il punto forte della serata è stato il cast relativamente giovane. Chiara Taigi , chiamata a sostituire l’indisposta (e più nota) Anna Caterina Antonacci . ha un’ampia tessitura tale da consentirle di frequentare sia ruoli drammatici donizettiani e verdiani sia l’operetta. Ha dato vita ad una Medea diabolica e mefistofelica che si è confrontata con Rubens Pellizzari da timbro chiaro e dal volume generoso

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