Nel tentativo di giungere ad una “armonizzazione” tra le valute cardine della finanza mondiale la nota stonata si chiama finanza strutturata. Una nota sentita da tutti coloro che nel fine settimana del 17-18 novembre hanno partecipato alle riunioni del Gruppo dei Venti (che include oltre ai Ministri dell’Economia ed i Governatori delle Banche centrali del G7 anche quelli della Cina, del Brasile, dell’India, della Russia e di altri Paesi in via di sviluppo od in transizione dall’economia di piano a quella di mercato) tenutasi a Capetown, nonché a quella dei Capi di Stato dell’Opec , svoltasi a Riyhad. In questi organismi informali si sta tentando di attuare un coordinamento tra Usa, Unione moneria europea e Cina per un’intesa dollaro-euro-yuan. Ma tale strategia deve, al tempo stesso, tenere conto della rapida espansione del mercato mondiale dei capitali e portare ad un riallineamento dei cambi. Ed in tempi come gli attuali, è un percorso in salita. Da un lato, invece, la Cina pare ancora restia ad aumentare il valore internazionale dello yuan, pur gradualmente ma i Paesi del Consiglio per la Cooperazione del Golfo (Arabia Saudita, Bahrain, Emirati, Kuwait, Oman, Qatar ) sembrano pronti a rivalutare le loro monete del 20% od a sganciarle dal dollaro Usa: decisioni in proposito potrebbero essere prese alla riunione dei loro Capi di Stato in calendario per il 4-5 dicembre prossimo. La rivalutazione verrebbe accompagnata da una graduale riduzione delle loro riserve in dollari.
Nel frattempo, il ruolo della finanza strutturata (sottolineato da Milano Finanza del 17 novembre) nel consentire ai conti con l’estero Usa di giungere ad un equilibrio contabile accresce gli ostacoli alla strategia. E’ ai rendimenti offerti dalla finanza strutturata americana (rispetto agli impieghi tradizionali) che si sono rivolti sempre di più operatori (inclusi in primo luogo Stati sovrani) che operano (specialmente in portafoglio) o negli Usa o acquistando titoli di matrice americana. Ma la crisi dei Cdo sta rimettendo queste tattiche finanziarie in questione. Alle ritrosie cinesi, si aggiungono i timori ed i tremori europei di avere posto troppa fiducia nei Cdo. Giovedì 23 novembre, a mercati chiusi, l’annuncio che due grandi istituti di credito francesi – il Groupe Banque Populaire e il Groupe Caisse d’Epargne- acquistano un’importante compagnia di assicurazione (la CIFG Holding) dalla banca d’investimento Natixis viene letto, non solo in Europa ma anche in Asia, come una nuova indicazione (dopo la mini-tempesta sulla Northern Rock britannica) che il tormentone dal subprime starebbe arrivando in Europa e potrebbe contagiare anche l’Asia: l’operazione è motivata da far mantenere a CIFG un rating AAA prima di un eventuale declassamento a ragione del peso subprime sui suoi conti. Il Presidente della Bundesbank Axel Weber ha avvertito che gli effetti del subprime sulle compagnie di assicurazioni europee potrebbero rimbalzare al altre componenti del mercato. In aggiunta, la Federal Reserve e la Bce stanno immettendo liquidità, in misura significativamente differente, nei loro mercati (nonostante la liquidità mondiale sia abbondante) per salvaguardare , la prima, gli arbitragisti e la seconda banche particolarmente esposte (tramite loro affiliate nei campi delle assicurazione e della gestione finanziaria). Queste tattiche particolaristiche rendono ancora più difficile dare corpo alla strategia del dollaro, dell’euro e dello yuan prima di una soluzione delle tensioni sui Cdo. Si profila, perciò, turbolenza nei cambi.
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