lunedì 5 febbraio 2018

Nel discorso sull’Unione il mezzo passo indietro del Trump protezionista in Avvenire 6 feb



Nel discorso sull’Unione il mezzo passo indietro del Trump protezionista
Nel suo primo messaggio sullo Stato dell’Unione, il presidente Donald Trump ha usato toni e parole molto istituzionali e molto concilianti. I temi della politica commerciale sono stati appena sfiorati in due brevi paragrafi.
L’aspetto più interessante, in materia, è stato l’annuncio che le misure commerciali saranno d’ora in poi «negoziate » e quindi non unilaterali come le recenti restrizioni all’import di elettrodomestici e di pannelli solari. Un atteggiamento molto differente da quello mostrato in campagna elettorale e già manifestato nel discorso tenuto pochi giorni fa a Davos al Forum economico mondiale. Cosa ha indotto al cambiamento almeno di tono? Da un lato, gli è stato fatto notare dai numerosi parlamentari repubblicani – un partito tradizionalmente più aperto alla liberalizzazione degli scambi di quanto non sia quello democratico – che le parole forti in tema di commercio, dazi e tariffe possono essere utili a trovare voti in Stati dell’Unione dove ci sono industrie poco competitive e alta disoccupazione, ma che da una guerra commerciale gli Usa rischiano di uscire perdenti. Non solo a ragione delle misure di ritorsione che applicherebbero altri Stati e che, nelle circostanze, verrebbero probabilmente approvate dallaWto nella sua funzione giurisdizionale, ma perché gli Usa rischiano l’isolamento in un mondo in cui la libertà degli scambi è vincente.
Sono in corso 35 trattative o bilaterali o regionali per ridurre quel che resta dai dazi, liberalizzare le barriere non tariffarie agli scambi, eliminare gli ultimi contingenti quantitativi. «Il mondo si muove anche senza di noi», ha scritto Phil Levy del Chicago Council on Global Affairs, repubblicano da sempre e a lungo consigliere di George W. Bush per la politica economica internazionale. Alla Casa Bianca si comincia a temere l’isolamento commerciale degli Stati Uniti, anche e soprattutto in quanto una parte importante della business community americana teme ripercussioni negative sui propri conti economici. Il cambiamento di tono è tanto più importante dato che proprio alla vigilia del discorso l’Economic policy institute , il 'pensatoio' di Washington supportato dalle maggiori organizzazioni sindacali, ha pubblicato un’analisi intitolata 'Trump must act now to protect U.S. steel and aluminum workers' a firma del capo economista Robert E. Scott. Lavoro chiaramente realizzato per indurre Trump a riprendere gli accenti tenuti in campagna elettorale.
Giuseppe Pennisi
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