DUE OPERE E
DUE PUNTI DI VISTA SUL GIUSTIZIALISMO
Quel gusto
giacobino per la forca...
GIUSEPPE
PENNISI
IGiacobini e Le Carmelitane furono due
grandi successi del teatro di prosa e del teatro in musica dell’Italia degli
Anni Cinquanta e Sessanta in lavori che denunciavano il giustizialismo. I primi
sono spariti da decenni dai palcoscenici e lo stesso filmato televisivo è
stato, come vedremo, distrutto. Le seconde, invece, di tanto in tanto,
ritornano: saranno l’ 11 marzo al Teatro Comunale di Bologna per alcune recite
in un’edizione del Théatre des Champs- Elysées di Parigi.
Eppure tra i
due lavori c’era un forte nesso in quanto ambedue ebbero la prima esecuzione a
Milano nel 1957. A fine gennaio, andò in scena alla Scala la prima mondiale
dell’opera Les Dialogues des Carmélites di Francis Poulenc, su testo di Georges
Bernanos, concepito per una sceneggiatura di un film mai andato in porto; la
“prima rappresentazio-ne” francese si sarebbe vista all’Opéra sei mesi dopo.
Anche in
questo caso una produzione di grande livello: Nino Sonzogno in buca, regia di
Margherita Wallmann. Nei dodici mesi successivi, rappresentazioni ( oltre che
in Francia) in teatri italiani, a Londra, a Vienna e negli Stati Uniti. In
aprile I Giacobini di Federico Zardi debuttò al Piccolo Teatro di Milano
in un allestimento curato da Giorgio Strehler con un vasto cast che includeva
numerosi tra i più noti e maggiori attori dell’epoca. Le scene erano di Luciano
Mariani, i costumi di Ezio Frigerio, le musiche di Gino Negri, le maschera di
Amleto Sartori. In breve, si erano fatte le cose alla grande. La durata
superava le cinque ore.
I due lavori
guardavano allo stesso periodo storico, ed al giustizialismo, da due punti di
vista differenti. Il dramma di Zardi lo esamina dall’interno del “gruppo
dirigente” giacobino che poco a poco si autodistrugge con accuse di un leader
contro l’altro in un regime giudiziario dove non esiste alcuna forma di
garanzia ( e di equità).
Il lavoro di
Poulenc su testo di Bernanos, ricavato da un episodio realmente accaduto nel
1794 ossia poco prima della fine di Robespierre ( e da un romanzo tedesco del
1931 – attenzione alla data! - Die Letze am Schafott, ( L’ultima al
patibolo, di Gertrude von Le Fort) tratta di un gruppo di mo- nache che di
fronte al tribunale giacobino vanno alla ghigliottina piuttosto che abiurare
alle loro idee più profonde.
Due
paralleli atti d’accusa. Da parte, per di più, di autori di cui non ci si
sarebbe aspettato una tale presa di posizione. Zardi era stato un giovane
intellettuale di punta in epoca fascista ma durante e dopo la seconda guerra
mondiale era diventato un drammaturgo impegnato nella critica sociale. I Giacobini
fu il suo maggiore successo; venne trasmesso alla radio, a puntate, nel 1960 e
diventò un seguitissimo “sceneggiato” televisivo nel 1962, replicato nel 1963.
Lo “sceneggiato” appassionò il pubblico, ma non venne gradito dai “poteri
costituiti”, allora chiaramente democristiani. Venne, invece, elogiato dal Pci,
allora garantista, tanto che lo stesso Togliatti scese in campo a suo supporto
dalle colonne di Rinascita.
Curiosamente
i nastri della Rai vennero “persi” a fine Anni Sessanta, mentre si cominciava a
respirare aria di centro sinistra. Ci sono due ipotesi: secondo la prima,
all’epoca alla Rai non esisteva “la cultura della memoria”; secondo la seconda,
dato che il lavoro era piaciuto tanto all’opposizione, un funzionario avrebbe
agito per eccesso di zelo. Dello “sceneggiato”, però, un telespettatore ha
registrato l’audio e lo ha donato nel 2012 agli archivi Rai. Impossibile, per
l’alto costo, un nuovo allestimento scenico; i nastri Rai sarebbe oggi un
documento importante anche per meglio comprendere l’Italia sociale e politica
dell’epoca e le varie posizioni nei confronti del giustizialismo.
Andiamo ai
Dialogues. Il romanzo di Gertrude von Le Fort venne letto, in Germania,
come una denuncia dell’intolleranza del nazismo strisciante. La sceneggiatura
di Georges Bernanos poneva, invece, l’accento sulla fede cattolica come
barriera contro i giacobinismi. Come ricorda Stefania Franceschini in
Francis Poulenc – Una Biografia ( Zecchini Editore, 320 pagine € 23) il
compositore era diventato famoso sia come acclamatissimo pianista sia per il
suo spirito lieve e sorridente, per balletti come Les Biches concepito per
Montecarlo o Les Fêtes Galantes oppure per lavori surrealisti come Les
Mammelles de Tirésias oppure per monodrammi sulla sensualità ( La Voix Humaine)
e l’eros ( Le Bel Indifférent) femminile. La morte di amici cari, la seconda
guerra mondiale ed un pellegrinaggio lo riportarono alla fede cattolica che
aveva abbandonato in gioventù. L’opera Les Dialogues des Carmélites fu
la sua prima grande opera in tre atti e con numerosi personaggi e fu anche uno
dei suoi ultimi lavori. E’ un’opera “moderna” ma non “contemporanea” in quanto
vicina al teatro musicale tradizionale italiano e non agli stilemi di moda nel
1957. A Milano è stata vista di recente nel 2004 in una produzione diretta da
Robert Carsen ( con Muti sul podio) nel 2004 al Teatro degli Arcimboldi,
dove la Scala era in trasferta durante i lunghi anni del restauro della sala
del Piermarini. Si ricorda anche una bella edizione con la regia di Alberto
Fassini, le scene e i costumi di Pasquale Grossim, vista al Teatro dell’Opera
di Roma nel 1991 con la direzione musicale di Jan Lotham Koening ed un cast
stellare, successivamente ripresa a Cagliari, Catania e Trieste; sempre a Roma
si è ascoltata in forma di concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
nel 2014. A New York, l’opera è stata per anni in cartellone con una celebre
regia di John Dexter del 1980. Il successo sia in quanto, come detto, l’opera è
“moderna ma non contemporanea” sia musica e testo non sono “sacri” ma densi di
vis politica.
NE “I
GIACOBINI” IL GRUPPO DIRIGENTE SI AUTODISTRUGGE CON ACCUSE INCROCIATE.
IN “LE
CARMELITANE” UN GRUPPO DI SUORE ACCETTA LA GHIGLIOTTINA PIUTTOSTO DI ABIURARE
ALLA FEDE
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