venerdì 16 febbraio 2018

DUE OPERE E DUE PUNTI DI VISTA SUL GIUSTIZIALISMO in Il Dubbio 17 febbraio



DUE OPERE E DUE PUNTI DI VISTA SUL GIUSTIZIALISMO
Quel gusto giacobino per la forca...
GIUSEPPE PENNISI
IGiacobini e Le Carmelitane furono due grandi successi del teatro di prosa e del teatro in musica dell’Italia degli Anni Cinquanta e Sessanta in lavori che denunciavano il giustizialismo. I primi sono spariti da decenni dai palcoscenici e lo stesso filmato televisivo è stato, come vedremo, distrutto. Le seconde, invece, di tanto in tanto, ritornano: saranno l’ 11 marzo al Teatro Comunale di Bologna per alcune recite in un’edizione del Théatre des Champs- Elysées di Parigi.
Eppure tra i due lavori c’era un forte nesso in quanto ambedue ebbero la prima esecuzione a Milano nel 1957. A fine gennaio, andò in scena alla Scala la prima mondiale dell’opera Les Dialogues des Carmélites di Francis Poulenc, su testo di Georges Bernanos, concepito per una sceneggiatura di un film mai andato in porto; la “prima rappresentazio-ne” francese si sarebbe vista all’Opéra sei mesi dopo.
Anche in questo caso una produzione di grande livello: Nino Sonzogno in buca, regia di Margherita Wallmann. Nei dodici mesi successivi, rappresentazioni ( oltre che in Francia) in teatri italiani, a Londra, a Vienna e negli Stati Uniti. In aprile I Giacobini di Federico Zardi debuttò al Piccolo Teatro di Milano in un allestimento curato da Giorgio Strehler con un vasto cast che includeva numerosi tra i più noti e maggiori attori dell’epoca. Le scene erano di Luciano Mariani, i costumi di Ezio Frigerio, le musiche di Gino Negri, le maschera di Amleto Sartori. In breve, si erano fatte le cose alla grande. La durata superava le cinque ore.
I due lavori guardavano allo stesso periodo storico, ed al giustizialismo, da due punti di vista differenti. Il dramma di Zardi lo esamina dall’interno del “gruppo dirigente” giacobino che poco a poco si autodistrugge con accuse di un leader contro l’altro in un regime giudiziario dove non esiste alcuna forma di garanzia ( e di equità).
Il lavoro di Poulenc su testo di Bernanos, ricavato da un episodio realmente accaduto nel 1794 ossia poco prima della fine di Robespierre ( e da un romanzo tedesco del 1931 – attenzione alla data! - Die Letze am Schafott, ( L’ultima al patibolo, di Gertrude von Le Fort) tratta di un gruppo di mo- nache che di fronte al tribunale giacobino vanno alla ghigliottina piuttosto che abiurare alle loro idee più profonde.
Due paralleli atti d’accusa. Da parte, per di più, di autori di cui non ci si sarebbe aspettato una tale presa di posizione. Zardi era stato un giovane intellettuale di punta in epoca fascista ma durante e dopo la seconda guerra mondiale era diventato un drammaturgo impegnato nella critica sociale. I Giacobini fu il suo maggiore successo; venne trasmesso alla radio, a puntate, nel 1960 e diventò un seguitissimo “sceneggiato” televisivo nel 1962, replicato nel 1963. Lo “sceneggiato” appassionò il pubblico, ma non venne gradito dai “poteri costituiti”, allora chiaramente democristiani. Venne, invece, elogiato dal Pci, allora garantista, tanto che lo stesso Togliatti scese in campo a suo supporto dalle colonne di Rinascita.
Curiosamente i nastri della Rai vennero “persi” a fine Anni Sessanta, mentre si cominciava a respirare aria di centro sinistra. Ci sono due ipotesi: secondo la prima, all’epoca alla Rai non esisteva “la cultura della memoria”; secondo la seconda, dato che il lavoro era piaciuto tanto all’opposizione, un funzionario avrebbe agito per eccesso di zelo. Dello “sceneggiato”, però, un telespettatore ha registrato l’audio e lo ha donato nel 2012 agli archivi Rai. Impossibile, per l’alto costo, un nuovo allestimento scenico; i nastri Rai sarebbe oggi un documento importante anche per meglio comprendere l’Italia sociale e politica dell’epoca e le varie posizioni nei confronti del giustizialismo.
Andiamo ai Dialogues. Il romanzo di Gertrude von Le Fort venne letto, in Germania, come una denuncia dell’intolleranza del nazismo strisciante. La sceneggiatura di Georges Bernanos poneva, invece, l’accento sulla fede cattolica come barriera contro i giacobinismi. Come ricorda Stefania Franceschini in Francis Poulenc – Una Biografia ( Zecchini Editore, 320 pagine € 23) il compositore era diventato famoso sia come acclamatissimo pianista sia per il suo spirito lieve e sorridente, per balletti come Les Biches concepito per Montecarlo o Les Fêtes Galantes oppure per lavori surrealisti come Les Mammelles de Tirésias oppure per monodrammi sulla sensualità ( La Voix Humaine) e l’eros ( Le Bel Indifférent) femminile. La morte di amici cari, la seconda guerra mondiale ed un pellegrinaggio lo riportarono alla fede cattolica che aveva abbandonato in gioventù. L’opera Les Dialogues des Carmélites fu la sua prima grande opera in tre atti e con numerosi personaggi e fu anche uno dei suoi ultimi lavori. E’ un’opera “moderna” ma non “contemporanea” in quanto vicina al teatro musicale tradizionale italiano e non agli stilemi di moda nel 1957. A Milano è stata vista di recente nel 2004 in una produzione diretta da Robert Carsen ( con Muti sul podio) nel 2004 al Teatro degli Arcimboldi, dove la Scala era in trasferta durante i lunghi anni del restauro della sala del Piermarini. Si ricorda anche una bella edizione con la regia di Alberto Fassini, le scene e i costumi di Pasquale Grossim, vista al Teatro dell’Opera di Roma nel 1991 con la direzione musicale di Jan Lotham Koening ed un cast stellare, successivamente ripresa a Cagliari, Catania e Trieste; sempre a Roma si è ascoltata in forma di concerto all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia nel 2014. A New York, l’opera è stata per anni in cartellone con una celebre regia di John Dexter del 1980. Il successo sia in quanto, come detto, l’opera è “moderna ma non contemporanea” sia musica e testo non sono “sacri” ma densi di vis politica.
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NE “I GIACOBINI” IL GRUPPO DIRIGENTE SI AUTODISTRUGGE CON ACCUSE INCROCIATE.
IN “LE CARMELITANE” UN GRUPPO DI SUORE ACCETTA LA GHIGLIOTTINA PIUTTOSTO DI ABIURARE ALLA FEDE

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