FINANZA E POLITICA/ Le buste
dell'Ue pronte a mettere in scacco l'Italia
Manca meno
di una settimana al voto in Italia, ma non tarderanno ad arrivare dall’Europa
delle lettere decisamente scomode per chi governerà il Paese. GIUSEPPE PENNISI 26
febbraio 2018 Giuseppe Pennisi
Lapresse
Mancano
pochi giorni alle elezioni. La pubblicazione di sondaggi, tramite qualsiasi
mezzo (tv, radio, giornali, social), è vietata. Ciò non vuol dire che le forze
politiche non continuino a seguirli. E a farseli fare. Quelli che arrivano al
Nazareno devono destare forti preoccupazioni se Matteo Renzi, dopo avere
arruolato per un “assist” (andato, poi, a Gentiloni piuttosto che a lui) una
cariatide come Romano Prodi, si è rivolto a quel Walter Veltroni (da lui stesso
rottamato e ora regista di successo di documentari) e ha chiesto il supporto
dello stesso Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.
Quest’ultimo, reduce da una consueta serata a La Mort Subite, notissima,
anzi notoria, birreria ed enoteca del centro storico di Bruxelles, ha fatto (e
poi smentito) dichiarazioni che hanno causato danni a Piazza degli Affari, ma
che non hanno spostato un solo voto a favore di un Pd che rischia di uscire dai
risultati elettorali come “partito di rilievo regionale” (delle ex-regioni
rosse del Centro Italia).
C’è stata,
tuttavia, una misura, gestita dal presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e
dal ministro dell’Economia e delle Finanze Pier Carlo Padoan, nonché dalla
Rappresentanza italiana presso le istituzioni europee, che è andata a buon fine:
ottenere che l’invio della lettera con i rilievi europei alla Legge di bilancio
italiana venisse posticipato sino a dopo le elezioni. Se fosse giunta nelle
ultime settimane della campagna elettorale avrebbe potuto suonare come una
seria critica a chi negli ultimi anni ha tenuto le redini dell’Italia e della
sua politica di finanza pubblica. Varie stesure del documento, però, circolano
a Bruxelles: il tema ricorrente è un “aggiustamento” dei conti pubblici di
3,5-4 miliardi di euro per l’anno in corso.
La lettera
arriverà, verosimilmente, prima della formazione del nuovo Governo; dato che le
Camere sono convocate per il 23 marzo e si dovrà procedere alle elezioni dei
Presidenti delle due assemblee e altre incombenze, è difficile prevedere
l’insediamento di un nuovo Esecutivo prima di Pasqua (quest’anno cade il primo
aprile). Quale che sia la coalizione politica che aprirà la busta, non avrà
settimane facili. Tranne Liberi e Uguali (che si è espressa per un aumento del
numero delle aliquote dell’imposta sul reddito e anche per una patrimoniale, al
fine di giungere a un sistema più progressivo e finanziare vari programmi di
spesa pubblica), tutte le forze politiche hanno promesso, in varie misura e con
differenti modalità, una riduzione della pressione fiscale. E, tranne che non
si intendano ancora penalizzare gli investimenti pubblici, ormai ridotti al
lumicino, si dovrà rispondere alle autorità europee con il solito mix di
riduzioni della spesa e aumenti dei balzelli.
Non è chiaro
se la lettera richiederà impegni espliciti in materia di riduzione del rapporto
tra stock di debito pubblico e Pil; i modi “tecnici” per effettuarne una
riduzione ci sono (come illustrato più volte su questa testata), ma comportano
tutti difficili scelte per il Governo in carica. Il nodo è stato sottolineato
di recente dall’Ufficio parlamentare di bilancio e dal Fondo monetario
internazionale.
Alla lettera
da Bruxelles sui conti dell’Italia, non si può rispondere con un’alzata di
braccia non solo a causa del nostro fortissimo debito, ma anche perché a metà
marzo (si dice il 13 marzo) giungerà un’altra lettera, indirizzata a tutti gli
Stati membri dell’unione monetaria. Con questa missiva si inviano proposte
della Commissione agli Stati membri e alle altre istituzioni europee in materia
di completamento (temporaneo) dell’unione bancaria, e, quindi, di trattamento
dei crediti deteriorati, dell’armonizzazione delle regole nazionali per la
risoluzione delle crisi bancarie, della graduale trasformazione del Meccanismo
europeo di stabilità in Fondo monetario europeo.
Per l’Italia
sarà comunque difficile avere un ruolo chiave nei negoziati che si apriranno su
queste materie tra gli Stati membri in vista di giungere a decisioni al
Consiglio dei Capi di Stato e di Governo europei di giugno. Sarà impossibile se
non avremo dato risposte adeguate ai rilievi sui conti pubblici per l’anno in
corso.
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