MISERIA E NOBILTA'/ L'opera
italiana di impegno civile
Miseria e
Nobiltà di Marco Tutino, su libretto di Luca Rossi e Fabio Ceresa, non è una
farsa come l’omonima commedia di Edoardo Scarpetta. Ce ne parla GIUSEPPE
PENNISI 27 febbraio 2018 Giuseppe Pennisi
Una scena di Miseria e Nobiltà al
San Felice di Genova
Miseria e
Nobiltà di Marco
Tutino, su libretto di Luca Rossi e Fabio Ceresa, non è una farsa come
l’omonima commedia di Edoardo Scarpetta, spesso ancora sulla scene e di cui
torna sovente in televisione il divertentissimo film di Totò. Da Marco Tutino,
di cui si ricordano, tra l’altro, The Servant, Senso, Le Braci e La
Ciociara, non ci si poteva aspettare un lavoro privo di una vis drammatica
e di un forte impegno civile. Alla prima mondiale, la sera del 23
febbraio nel magnifico, e gremitissimo, Teatro Carlo Felice di Genova il
pubblico ha anche riso (dato che l’impianto generale di Scarpetta ed alcuni dei
momenti più marcatamente comici vengono mantenuti) ma si è trattato di un riso
amaro. Sull’Italia di ieri e di oggi, alla vigilia di un’importante
consultazione politica.
L’azione è
spostata dalla Napoli ottocentesca nei primi anni del Regno d’Italia, con una
borghesia affaristica nascente ed un’aristocrazia in declino, al maggio 1946
durante la campagna referendaria per scegliere tra Monarchia e Repubblica. Una
Napoli bombardata e, quel che più conta, in cui si soffre la fame. La borghesia
commerciale si è arricchita grazie alla borsa nera ed, unitamente con
quel-che-resta dell’aristocrazia. fa il tifo per la Monarchia.
Felice
Sciosciammocca (Alessandro Luongo) è un pover’uomo che ha perso il posto di
maestro perché antifascista, ed anche la moglie (Valentina Mastrangelo) ,
finita tra le braccia di un aristocratico (Andrea Concetti) dietro la promessa
(mai mantenuta) di farlo reintegrare. In questo contesto, si svolge la vicenda
del travestimento di Sciosciamocca da aristocratico per facilitare le nozze del
figlio di un borghese arricchito (Fabrizio Paesano) con una ballerina del San
Carlo (Martina Bvieneelli). Scioscamocca viene indotto a partecipare
all’inganno con una lauta portata di spaghetti al pomodoro per lui, famiglia e
vicini. Scopre che la moglie è al servizio del borghese (Alfonso Antoniozzi).
Durante la cena, arriva l’aristocratico vero e viene annunciata alla radio la
vittoria della Repubblica al referendum . Scattano una serie di equivoci che
portano alla benedizione delle nozze dei due giovani ed alla riconciliazione
tra Felice e la propria moglie. Mentre borghese ed aristocratico firmano un
‘patto di ferro ‘ perché con la Repubblica cambi tutto per non cambiare niente.
In La
Ciociara, vista pochi mesi fa a Cagliari, Tutino aveva mostrato il
trasformismo mentre l’Italia perdeva la seconda guerra mondiale e sbarcavano
gli alleati. In Miseria e Nobiltà scava sull’opportunismo presente anche
in un grave momento storico.
La partitura
rispecchia molto quella della ‘nuova opera americana’: un tappeto orchestrale
diatonico e marcatamente melodico (con pochissimi riferimenti alla musica
napoletana) ed un brillante contrappunto nella divertente scena della cena,
declamato che sbocca in ariosi, ed in alcune arie per soprano ed anche in
‘pezzi a più voci’, concertati con coro e solisti al termine di ciascuno dei
due atti con importanti interventi del coro, oltre che di tutti i solisti. I due
concertati sono chiari omaggi all’opera italiana dell’Ottocento così come lo
sono le due-tre arie per soprano. Una musica concepita per piacere il pubblico
ed in cui c’è poco o nulla di sperimentale.
Il pubblico
la segue con interesse, si mostra divertito nei momenti più smaccatamente
comici ed appassionato, invece, in quelli drammatici e nel sarcastico finale,
denso di contenuti socio politici.
Numerosi
applausi a scena aperta ed, al termine, ovazioni a tutti ma soprattutto
all’autore.
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