Venezia. Kara Walker reinterpreta la Norma
Ricordate i tempi in cui Norma di Vincenzo Bellini veniva ambientata in un De bello gallico da Cinecittà, per permettere a tenori di bell’aspetto di esibire muscoli e polpacci? Adesso è finita. Ora è tempo di Kara Walker
Scritto da Giuseppe Pennisi | lunedì, 5 settembre 2016 · 0In questo ultimo decennio, Norma è stata rappresentata nei luoghi più diversi, ma anche i più distanti dal libretto; ad esempio, a Macerata Massimo Gasperon spostò l’azione nel Tibet occupato dai cinesi; un allestimento di Jossi Wieler e Sergio Morabito (Oscar della critica musicale tedesca e visto in Italia a Palermo) in un Paese nel Nord Europa durante la guerra partigiana contro i nazisti; ancora lotta partigiana (chiaramente localizzata in Francia durante l’occupazione) la messa in scena di Moshe Leiser e Patrice Caurier, con Cecilia Bartoli che per tre anni ha fatto il tutto esaurito a Salisburgo , ha vinto l’Oscar internazionale della lirica nel 2013 ed è stato visto anche a Montecarlo e altri teatri.
Di recente, al San Carlo di Napoli, Lorenzo Amato, uno dei registi più promettenti ma anche più tradizionalisti della generazione tra i 45 e i 50 anni, l’ha riportata in una foresta, ma non quella dei film peplum, piuttosto nei boschi del Signore degli anelli e del Trono di spade, per tratteggiare un mondo irreale in cui spiccano la tragica solitudine della protagonista e le relazioni private. Lo spettacolo è piaciuto anche nella lontana Astana.
Alla Fenice di Venezia le premesse per allestire una nuova edizione di Norma vertono non solo sul fatto che mancava dalla Laguna dal 1993, ma principalmente sull’idea di affidare la messinscena a una famosa artista afroamericana, Kara Walker.
Walker ha una fama internazionale per le sue silhouette e sculture, ispirate all’arte tradizionale africana, nonché per le sue installazioni monumentali. Inoltre, una Norma basata sulle astrazioni del visivo africano si coniuga bene con la 56. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia.
Attenzione però: non è la prima volta che Norma viene collocata in Africa. Ne ricordo un’edizione del 1976, che debuttò al Wolf Trap Festival in Virginia e venne ripresa dal Metropolitan, in cui la protagonista era Shirley Verrett (un mezzo soprano, Adalgisa era un soprano), ma, a parte la trasposizione nel continente nero, lo spettacolo era molto tradizionale.
Kara Walter è nota anche per il suo impegno sociale contro la violenza , specialmente nei confronti delle donne, contro le discriminazioni, contro il razzismo. Sono temi che trasudano nella sua arte visiva. Norma ha tutti gli ingredienti per affrontare questi temi. Più di quanto non ne abbia il Così Fan Tutte nella recente produzione del Festival di Aix en Provence (con la regia di Christophe Honeré) ambientato nell’Africa Orientale Italiana (negli Anni Trenta) e che inaugurerà la stagione 2017 del Teatro Comunale di Bologna.
L’azione è posta nell’Africa centrale in epoca coloniale, specificamente nel Congo sotto il dominio francese, il cui governatore era l’esploratore italiano Pietro Savorgnan di Brazzà; secondo la recente storiografia africana, non sarebbe stato un mitico portatore di civiltà, ma un violentatore di donne congolesi (e per questo motivo morì prematuramente, forse per malattie veneree, forse per omicidio). Il disegno è chiaro nelle scene che hanno un indubbio impatto. Lo hanno anche nei costumi, dove domina il bianco e il rosso, con qualche punta di nero; i gonfiamenti sulle curve dei fianchi delle donne e i sottanoni rossi per gli uomini, tuttavia, suscitano qualche perplessità. È anche poco appropriato trasformare Oroveso in una specie di stregone e Fabio in un esploratore elegante da Domenica del Corriere.
Dove il lavoro della Walker scricchiola davvero è però nella regia. Non è la prima volta che artisti visivi approcciano il teatro d’opera anche nella veste di registi: si pensi a de Chirico ne I Puritani di Bellini a Firenze negli Anni Trenta e in Otello di Rossini a Roma negli Anni Sessanta. In questi e altri rari casi, l’artista aveva una chiara idea drammaturgica e la capacità di far recitare i solisti e fare muovere le masse (specialmente in un’opera come Norma, dove il coro è così importante). La Walker ha preso come assistente Charles Fabius, consueto collaboratore di Robert Wilson, uso quindi a movimenti simmetrici più che a un dramma di lacrime e sangue. E così i solisti paiono lasciati “ciascuno a suo modo” sul palcoscenico.
Giuseppe Pennisi
www.teatrolafenice.it
Nessun commento:
Posta un commento