Il sensuale “Lago dei Cigni”
di Christopher Wheeldon al Teatro dell’Opera di Roma
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Il Lago dei
Cigni, uno dei
capolavori compositivi di Petr Ilic Ciajkovskij, è uno dei balletti più
rappresentati al Teatro dell’Opera di Roma, nonostante sia arrivato
relativamente tardi sul palcoscenico della Capitale: se ne contano una trentina
di messe in scena (ciascuna con 6-10 repliche dal 1937 ad oggi) e quasi una
l’anno dal 2000 ad oggi. Mancava dal 2013 e il Teatro ne ha programmato una
nuova produzione a grande richiesta per quindici repliche tra il 17 settembre
ed il 5 novembre.
Composto tra
il 1875 e il 1876 – ossia nel pieno della crisi di identità sessuale di Petr
Ilic e di suo fratello Modest –, debuttò a Mosca nel 1877 senza
ottenere il successo sperato, che gli arrise invece, grazie anche alla nuova
coreografia di Marius Petipa, nel 1892 a San Pietroburgo, dopo gli esiti
trionfali dei due balletti successivi, La Bella Addormentata nel Bosco e
Lo Schiaccianoci. Al Teatro dell’Opera arrivò nel 1937, nella versione
di Boris Romanov che vi impiegò Attilia Radice e Anatolij
Obuchov. La coreografia del successo originale di Marius Petipa e Lev
Ivanov fu proposta dal London’s Festival Balletnel 1960 e otto anni prima
il New York City Ballet aveva eseguito quella del suo coreografo di punta George
Balanchine. Le Terme di Caracalla ospitarono il balletto per la prima volta
nel 1980 con Diana Ferrara e Paolo Bortoluzzi come protagonisti
della versione di Jurij Grigorovic, versione già offerta al pubblico
romano dal Corpo di Ballo del Teatro Bolscioi nel 1970. La stessa ambientazione
estiva accolse Rudolf Nureyev nei panni del principe Siegfried
nel 1984. Complessivamente circa 100 rappresentazioni tra la principale sede
invernale (il Teatro Costanzi) e quella estiva (le Terme di Caracalla).
Forse solo il Bolschoi di Mosca e il Marrinskij di San Pietroburgo ne hanno
avuto un numero maggiore.
Negli ultimi
anni è stata proposta un’edizione, con la coreografia e le scene di Maurice
Bart, basato – solo in parte – sul lavoro Marius Petipa e Lev
Ivanov. Per un decennio è stato proposto un allestimento con scene ed i
costumi di Aldo Buti. Di norma si pensa che “Il Lago dei Cigni” è uno
spettacolo per bambini. Invece, pur basato su un’antica fiaba russa, la
partitura Petr Ilic Ciajkovskij è ambigua, sensuale e morbosa. Il
balletto è stato composto quando l’autore, consapevole della propria
omosessualità (e di quella di suo fratello), si sposò per celarla. Un
matrimonio breve che terminò con il ricovero in manicomio della moglie e
innescò la serie di eventi che portarono al suo suicidio (più o meno
volontario) nel 1893, proprio mentre “Il Lago dei Cigni” stava gustando il
successo meritato. Alcuni elementi di questo dramma si colgono nell’interazione
tra il protagonista, il principe Siegfried, ed il suo miglior amico Benno,
nonché nella Regina protettiva che fa di tutto per spingere il figlio al
matrimonio, ma resta desolatamente sola nell’ultimo quadro.
Nell’allestimento
in scena a Roma dal 2003 al 2012, negli gli atti a Palazzo Reale la scenografia
era quasi ottocentesca, ma in quelli nei pressi del lago viene inserita (al
centro del lago) una riproduzione de L’Isola dei Morti di Arnold
Böcklin, uno dei quadri più ambigui e più intriganti del decadentismo di
fine Ottocento (Hitler si impossessò dell’originale e lo teneva nel suo
bunker). Nell’allestimento del 2013, eravamo invece, siamo in un mondo dal
cielo grigio: con un abile gioco di luci e di scene dipinte il Palazzo si
trasforma in riva (ed anche fondo) del lago. Il marrone domina l’impianto
scenico, un marrone limaccioso che indica eloquentemente i contrasti interiori
del compositore.
Mi sono
dilungato sulle produzioni precedenti, proprio per sottolineare la differenza
rispetto a quella adesso in scena a Roma. Viene dal Badisches Staatstheaters di
Karlsruhe ed è firmata dal coreografo Christopher Wheeldon, uno dei nomi
di maggior prestigio della danza a livello internazionale. Segue di massima la
coreografia di Petita e di Ivanov, ma lo spettacolo non è
collocato come di consueto in un medioevo tedesco di fantasia con richiami
funerari come quelli di Böcklin. Siamo nella Parigi di fine ottocento,
più specificamente nella sala prova dell’Opera al Palais Garnier, dove il
balletto è “in prova”. Il riferimento pittorico delle scene di Adrianne
Lobel e dei costumi di Jean Marc Puissant sono Degas e le sue
ballerine. Al terzo atto, il banchetto non è in palazzo reale di fantasia, ma
nei ristoranti della belle époque . E la vicenda? Si dipana, in modo
onirico, nella mente del primo ballerino, turbato dalla purezza del cigno
bianco (di cui è innamorato) e del cigno nero, che lo eccita sessualmente.
Un’interpretazione originalissima, ma al tempo stesso molto fedele ai
turbamenti e perturbamenti di Ciajkovskij quando componeva Il Lago
dei Cigni . Al pubblico della “prima” (teatro pienissimo) è piaciuto: circa
dieci minuti di applausi.
Si alternano
tre cast. Alla “prima” il 27 settembre, i protagonisti erano Lauren
Cuthberston, Federico Bonelli e Manuel Paruccini. Di grande livello
tutti gli altri. Nir Kabaretti sul podio.
28/09/2016
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