La lirica è viva. L’esempio
del Festival Pergolesi Spontini
La legge di Darwin si sta abbattendo sui festival
musicali estivi italiani, su quelli di opera lirica e musica alta. “Opera
Base”, il maggior quotidiano telematico internazionale del settore, ne indicava
35 nel 2015 e 17 nel 2016. Eppure qualcuno sembra intenzionato a resistere.
Scritto da Giuseppe
Pennisi | domenica, 11 settembre 2016 · 0
Franco
Dragone, Il volo dell’aquila – Piazza Federico II, Jesi 2016 – photo Adriana
Argalia
UN SUCCESSO
INASPETTATO
Occorre ammettere che nel 2015 una sorta di Carro di Tespi portava in giro per luoghi balneari opere di grande repertorio con orchestre striminzite e raffazzonate e cantanti raccattati qua e là. Un destino simile pare si profili per quelle fondazioni liriche i cui conti sono sempre in profondo rosso e il cui pubblico latita man mano che i vecchi abbonati spariscono. Quali sono gli ingredienti perché un festival musicale regga alle intemperie delle restrizioni della finanza pubblica? Deve avere un tema o almeno un filo conduttore, deve offrire spettacoli a basso di costo ma di qualità, proporre prime esecuzioni mondiali o riprese di lavori dimenticate. Quando il Festival Pergolesi Spontini nacque nel 2000 fui tra coloro che non scommisero sulla sua sopravvivenza. Pergolesi ha avuto vita breve e, con l’eccezione di La Serva Padrona, Lo Frate namurato e la musica sacra (specialmente lo Stabat Mater), i suoi lavori erano ignoti. Le grandi opere imperiali di Spontini sono note in Italia, grazie al lavoro indefesso di Francesco Siciliani, ma sono rappresentabili solo nelle maggiori fondazioni liriche (non certo a Jesi) perché richiedono organici enormi, doppi cori, corpo di ballo, e via discorrendo. Tuttavia, grazie a un abile management e a una raffinata direzione artistica, il festival è stato il cuore di una azienda culturale che incorpora anche le due opere messe in scena ogni anno ad Ancona e che a Jesi produce, oltre al festival, una stagione lirica di tradizione, dieci concerti di musica sinfonica e una ventina di spettacoli di prosa. Si nutrivano serie preoccupazioni per il festival a ragione sia delle riduzioni di finanziamento pubblico sia del fatto che l’integrale di Pergolesi è stata messa in scena in passato (e raccolta in eleganti DVD) e che gran parte del rappresentabile di Spontini è stato visto a Jesi. Da un lato la fortuna aiuta gli audaci (sono state ritrovate tre partiture di Spontini, due opere e una cantata), da un altro l’ingegno si aguzza di fronte alle difficoltà.
Occorre ammettere che nel 2015 una sorta di Carro di Tespi portava in giro per luoghi balneari opere di grande repertorio con orchestre striminzite e raffazzonate e cantanti raccattati qua e là. Un destino simile pare si profili per quelle fondazioni liriche i cui conti sono sempre in profondo rosso e il cui pubblico latita man mano che i vecchi abbonati spariscono. Quali sono gli ingredienti perché un festival musicale regga alle intemperie delle restrizioni della finanza pubblica? Deve avere un tema o almeno un filo conduttore, deve offrire spettacoli a basso di costo ma di qualità, proporre prime esecuzioni mondiali o riprese di lavori dimenticate. Quando il Festival Pergolesi Spontini nacque nel 2000 fui tra coloro che non scommisero sulla sua sopravvivenza. Pergolesi ha avuto vita breve e, con l’eccezione di La Serva Padrona, Lo Frate namurato e la musica sacra (specialmente lo Stabat Mater), i suoi lavori erano ignoti. Le grandi opere imperiali di Spontini sono note in Italia, grazie al lavoro indefesso di Francesco Siciliani, ma sono rappresentabili solo nelle maggiori fondazioni liriche (non certo a Jesi) perché richiedono organici enormi, doppi cori, corpo di ballo, e via discorrendo. Tuttavia, grazie a un abile management e a una raffinata direzione artistica, il festival è stato il cuore di una azienda culturale che incorpora anche le due opere messe in scena ogni anno ad Ancona e che a Jesi produce, oltre al festival, una stagione lirica di tradizione, dieci concerti di musica sinfonica e una ventina di spettacoli di prosa. Si nutrivano serie preoccupazioni per il festival a ragione sia delle riduzioni di finanziamento pubblico sia del fatto che l’integrale di Pergolesi è stata messa in scena in passato (e raccolta in eleganti DVD) e che gran parte del rappresentabile di Spontini è stato visto a Jesi. Da un lato la fortuna aiuta gli audaci (sono state ritrovate tre partiture di Spontini, due opere e una cantata), da un altro l’ingegno si aguzza di fronte alle difficoltà.
Ensemble
Micrologus – Jesi 2016
LA LIRICA FA
TAPPA A JESI
Quest’anno il festival dura dal primo al 25 settembre e ha come tema Federico II (nato a Jesi il 26 dicembre 1094), Re di Sicilia e Sacro Romano Imperatore. La manifestazione include tre prime mondiali, un’opera rara di Respighi (Re Enzo, uno dei figli di Federico II), una buona dose di musica sacra: dal Mater Misericordiae nella Basilica di Loreto ai Canti di frati e giullari nell’Eremo di Cupramontana, dai lavori sacri notissimi di Pergolesi alla messa in scena, per la prima volta in tempi moderni, di un dramma sacro di Ignazio Maria Mancini con musica del compositore jesino, alla liturgia solenne per la Cappella Reale di Palermo, a lieder di menestrelli dei tempi delle crociate. È prevista anche una sezione jazz ispirata a Federico II.
Il crowdfunding (una trentina di sponsor) e collaborazioni con importanti istituzioni religiose hanno in parte sopperito alla riduzione dell’intervento pubblico. Il vostro chroniqueur ha visitato Jesi la prima settimana e ha colto tre appuntamenti di cui due prime mondiali.
Quest’anno il festival dura dal primo al 25 settembre e ha come tema Federico II (nato a Jesi il 26 dicembre 1094), Re di Sicilia e Sacro Romano Imperatore. La manifestazione include tre prime mondiali, un’opera rara di Respighi (Re Enzo, uno dei figli di Federico II), una buona dose di musica sacra: dal Mater Misericordiae nella Basilica di Loreto ai Canti di frati e giullari nell’Eremo di Cupramontana, dai lavori sacri notissimi di Pergolesi alla messa in scena, per la prima volta in tempi moderni, di un dramma sacro di Ignazio Maria Mancini con musica del compositore jesino, alla liturgia solenne per la Cappella Reale di Palermo, a lieder di menestrelli dei tempi delle crociate. È prevista anche una sezione jazz ispirata a Federico II.
Il crowdfunding (una trentina di sponsor) e collaborazioni con importanti istituzioni religiose hanno in parte sopperito alla riduzione dell’intervento pubblico. Il vostro chroniqueur ha visitato Jesi la prima settimana e ha colto tre appuntamenti di cui due prime mondiali.
Richard
Wagner, La saracina – adattamento per pupi, Jesi 2016 – photo Stefano Binci
GLI
SPETTACOLI
Il primo è uno spettacolo concepito per un’unica esecuzione: l’arrivo a Jesi dell’Imperatrice Costanza (in viaggio verso la Sicilia) per la nascita di Federico II. È una festa teatrale ideata da Franco Dragone, musica di Fabrizio Festa e drammaturgia di Vincenzo De Vivo, con attori, cantanti, coro, mimi, artisti di circo contemporaneo e strumenti elettronici. Vi hanno partecipato più di tremila spettatori. Sotto il profilo musicale, l’aspetto più interessante è la fusione tra musica ispirata al gregoriano ed elettroacustica.
L’altra prima mondiale – in replica per alcune sere a Palermo in novembre (il Teatro Massimo ne è coproduttore) – è Die Sarazenin su un libretto giovanile di Richard Wagner, del 1840 circa, di cui esiste anche una traduzione italiana. Presentato nel teatro di Monte Carotto (150 posti), è un dramma storico, simile al Rienzi, sugli intrighi alla Corte del Regno di Sicilia e nel mondo delle Crociate. L’idea geniale è averlo ridotto per il teatro di pupi siciliani. La drammaturgia è di Gigi Borruso, le scene di Roberto Lo Sciuto, i costumi di Valentina Console, interpreti, oltre a Borruso, e Lo Sciuto i pupari Salvo e Luciano Bumbello). Al pianoforte, Valentina Casesa commenta l’azione con parafrasi da musiche molto note di Wagner e di Franz Liszt. In breve, un gioiello di eleganza e raffinatezza. Nella Corte d’onore di Castelbellino si sono potute ascoltare le antiche canzoni dei crociati appena giunti in Terra Santa e, nella seconda parte del concerto, i canti all’amore e alla primavera dei trovatori e delle loro donne. Le canzoni erano in parte in lingua d’Oc o in tedesco arcaico. Eseguiva l’Ensemble Micrologus di Assisi (Patrizia Bovi, Goffredo degli Esposti, Gabriele Russo, Simone Sorini, Andrea Sorini). Suonavano strumenti d’epoca o il più possibile simili a quelli di circa mille anni fa. L’amoreggiare era associato alla primavera a ragione di inverni molto rigidi in Germania e anche in alcune parti della Provenza. Il concerto raffinatissimo e molto applaudito.
Il primo è uno spettacolo concepito per un’unica esecuzione: l’arrivo a Jesi dell’Imperatrice Costanza (in viaggio verso la Sicilia) per la nascita di Federico II. È una festa teatrale ideata da Franco Dragone, musica di Fabrizio Festa e drammaturgia di Vincenzo De Vivo, con attori, cantanti, coro, mimi, artisti di circo contemporaneo e strumenti elettronici. Vi hanno partecipato più di tremila spettatori. Sotto il profilo musicale, l’aspetto più interessante è la fusione tra musica ispirata al gregoriano ed elettroacustica.
L’altra prima mondiale – in replica per alcune sere a Palermo in novembre (il Teatro Massimo ne è coproduttore) – è Die Sarazenin su un libretto giovanile di Richard Wagner, del 1840 circa, di cui esiste anche una traduzione italiana. Presentato nel teatro di Monte Carotto (150 posti), è un dramma storico, simile al Rienzi, sugli intrighi alla Corte del Regno di Sicilia e nel mondo delle Crociate. L’idea geniale è averlo ridotto per il teatro di pupi siciliani. La drammaturgia è di Gigi Borruso, le scene di Roberto Lo Sciuto, i costumi di Valentina Console, interpreti, oltre a Borruso, e Lo Sciuto i pupari Salvo e Luciano Bumbello). Al pianoforte, Valentina Casesa commenta l’azione con parafrasi da musiche molto note di Wagner e di Franz Liszt. In breve, un gioiello di eleganza e raffinatezza. Nella Corte d’onore di Castelbellino si sono potute ascoltare le antiche canzoni dei crociati appena giunti in Terra Santa e, nella seconda parte del concerto, i canti all’amore e alla primavera dei trovatori e delle loro donne. Le canzoni erano in parte in lingua d’Oc o in tedesco arcaico. Eseguiva l’Ensemble Micrologus di Assisi (Patrizia Bovi, Goffredo degli Esposti, Gabriele Russo, Simone Sorini, Andrea Sorini). Suonavano strumenti d’epoca o il più possibile simili a quelli di circa mille anni fa. L’amoreggiare era associato alla primavera a ragione di inverni molto rigidi in Germania e anche in alcune parti della Provenza. Il concerto raffinatissimo e molto applaudito.
Giuseppe
Pennisi
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