Festival.
Le note dello
spirito invadono la terra del Poverello
GIUSEPPE
PENNISI
PERUGIA
La Sagra
Musicale Umbra è terminata domenica scorsa con una sontuosa esecuzione della
Messa glagolitica di Leóš Janácek: centoventi persone sul palco del teatro Morlacchi
di Perugia, Jura Valcuha sul podio, l’orchestra Haydn di Trento e Bolzano, il
coro filarmonico sloveno, e le voci di Adriana Kohútková, Julia Gertseva,
Ludovit Ludha e Paul Gay. Una concertazione cesellata rispetto a quella più
enfatica di direttori come Charles Mackerras e Gustav Kuhn. Ha ottenuto un
successo strepitoso. Era la quarta volta che l’enorme partitura di Janácek si
ascoltava alla Sagra dove ha avuto il debutto italiano nel 1951.
Quella appena
conclusa è la 71ª edizione del festival. La Sagra ha dimostrato che nonostante
le discutibili riduzioni di fondi del Fus, il più antico (con il Maggio
Musicale) festival musicale italiano sta in ottima forma in quanto mantiene il
suo obiettivo originario: musica dello spirito coinvolgendo tutta la regione di
San Francesco ed interpreta il suo mandato con rigore ed originalità. La Sagra
si è difesa dai tagli senza lamentarsi ma attaccando. Con l’ampiezza e la
qualità del programma che quest’anno ha incluso una ventina di concerti
(compresi quelli di mezzogiorno di artisti giovani nella Galleria nazionale
dell’Umbria e nel palazzo della Penna), e la ha portata anche a Castel Rigone,
Panicale, Assisi, Montefalco, San Gemini, Acquasparta, Bevagna e Torgiano.
Tutta la regione si sente partecipe e si chiede perché il principale “festival
di musica dello spirito” italiano venga penalizzato proprio nell’anno del
Giubileo della misericordia.
La Sagra
interpreta correttamente il suo obiettivo: musica “dello spirito” ma non
solamente cattolica o cristiana (come nell’Ouverture spirituelle del
Festival di Salisburgo). La musica è vista come strumento di ecumenismo. La
Messa di Janácek ripropone le radici moldave della religiosità slava. La
sera precedente nell’affascinante chiesa di San Bevignate, che risale all’epoca
dei Templari, si è ascoltata una commovente antologia di musica “sufi”,
applauditissima dal pubblico: ha ricordato le radici comuni delle religioni
monoteiste e quanto alcune musiche europee (ad esempio, il fado portoghese)
abbiamo le proprie fonti nelle tradizioni della sponda meridionale del
Mediterraneo. Non è un caso che l’intensa Sagra (in certi giorni si poteva
scegliere tra tre concerti in tre luoghi differenti dell’Umbria) sia avvenuta
proprio alla vigilia della visita ad Assisi di papa Francesco, che
dell’ecumenismo ha fatto uno dei punti chiave del suo pontificato: la 71enne
Sagra è rimasta sempre fresca e giovane, perché a differenza di altri festival,
ha saputo interpretare, mantenendo estremo rigore, l’evoluzione, anche
internazionale, della situazione sociale.
Momento
importante della Sagra è il Premio Francesco Siciliani di musica sacra,
fortemente voluto dal cardinale Gianfranco Ravasi nella sua veste di presidente
del Pontificio consiglio della cultura. È un premio biennale di musica corale;
quest’anno tutti i tre finalisti sono stati premiati, o dalla giuria
internazionale o dalla critica musicale o dal pubblico alla basilica di San
Pietro a Perugia dove si è svolto il concerto di premiazione. Stavolta,
l’argomento su cui cimentarsi era il Kyrie. La giuria ha decretato
vincitori ex aequo i brani del canadese Julian Darius Revie e dell’italiano
Carlo Alessandro Landini. In sei anni sono state presentate, da tutto il mondo,
oltre seicento candidature con relative partiture. Ciò dimostra come la musica
spirituale, e più in generale, la musica sacra, siano vive e vitali,
specialmente in una fase in cui sono crollati gli steccati tra scuole e stilemi
e i compositori si muovono in piena libertà.
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Si è conclusa
domenica con la “Messa glagolitica” di Janácek la Sagra Musicale Umbra: 20
concerti tra Perugia Assisi, Bevagna e San Gemini
L’orchestra da
camera di Perugia
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