domenica 25 settembre 2016

Quanto è difficile misurare uno sviluppo sempre più digitale in Avvenire 23 settembre



Quanto è difficile misurare uno sviluppo sempre più digitale
L’Istat ha rivisto dunque i dati di crescita: il 2014 si è chiuso con il segno più, passando da -0,3% a +0,1%. Inversione di tendenza netta, considerato come la nostra economia venisse da due anni di pesanti cali del Prodotto interno lordo (-2,8% nel 2012 e -1,7% nel 2013). Passare dal -0,3% al +0,1% ha un mero significato statistico: vuol dire che nel 2014 l’Italia non era più tecnicamente in recessione e che da allora, non dal 2015, è iniziata una piccola e fragile ripresa ancora non diventata però una crescita solida. Ma lo 'scarto' rilevato porta a una riflessione sulla misurazione.
Il Pil stima il risultato finale dell’attività produttiva dei residenti di un Paese in un dato periodo. Si è guadagnato una posizione di preminenza circa la sua capacità di esprimere o simboleggiare il benessere di una collettività nazionale e il suo livello di sviluppo o progresso. Il Prodotto interno lordo può essere stimato sia dal lato degli acquirenti (domanda) sia da quello dei produttori (offerta). Ormai quasi tutti i Paesi seguono i medesimi metodi di stima: rilevazioni per settori e comparti, pubblicazione di una stima rapida e di una più approfondita dopo alcune settimane, e ricostruzioni storiche dopo qualche anno. C’è, tuttavia, una forte insoddisfazione a riguardo dei metodi di stima. Le correzioni statistiche a posteriori rivelano anzitutto come sia sempre più difficile misurare la 'ricchezza delle Nazioni', giacché aumenta la fetta della torta costituita dai servizi e dall’economia digitale. È più facile, cioè, contare imballaggi – come si narra facesse l’ex governatore della Fed, Alan Greenspan, per interpretare il ciclo economico e magari anticiparne i corsi – che pesare transazioni digitali e servizi immateriali. Un problema comune a tutti gli economisti e statistici, non solo a quelli italiani. Il Prodotto interno lordo, in secondo luogo, non include alcuni elementi essenziali per valutare il benessere di un Paese e della sua società. Ignora ad esempio il valore del lavoro casalingo e volontario, la distribuzione del reddito, lo sostenibilità ambientale. Per questo motivo, si sta traghettando verso indicatori diversi, come quello del Benessere equo e sostenibile (Bes). In Italia un apposito gruppo Cnel-Istat ne ha messo a punto la metodologia e dal prossimo anno affiancherà ufficialmente le stime del Pil e sarà utilizzato per la politica economica. Si disporrà dunque di un indicatore decisamente più ricco e completo.
Giuseppe Pennisi
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Nessun commento: