The Bassarids” di Henze a Roma, quando il
diavolo si traveste da Dio
ROMA
Dopo il grande successo in chiusura di stagione
dei lavori di Adams e Weill, l’Opera di Roma riparte di nuovo dal Novecento.
Questa volta sotto il segno di Hans Werner Henze (1926-2012), musicista tedesco
che in Italia ha avuto i primi successi (e le prime polemiche) e che ha vissuto
quasi tutta la vita ad Albano, nei pressi di Roma. Il 27 novembre il sipario
del teatro si alza sulla prima della stagione 2015/2016: The
Bassarids, su testo di W. H. Auden e Chester Kallman.
L’opera va in scena per la prima volta a Roma, a cinquanta anni esatti dalla
composizione nel 1965, in un allestimento firmato da Mario Martone; Stefan
Soltesz dirige l’orchestra del Teatro dell’Opera. È anche la prima volta che il
lavoro va in scena in Italia nella versione originale in inglese, che, con
l’approvazione di Henze, elimina l’intermezzo settecentesco introdotto nella
terza parte alla prima assoluta a Salisburgo (il cui festival estivo l’ha
commissionata) poiché ledeva alla compattezza della tragedia.
The Bassarids, un atto unico di circa
due ore e mezza, segue abbastanza fedelmente la tragedia Le Baccanti di Euripide, il cui messaggio è un monito ad adorare l’Alto. In
effetti tradizionalmente questa tragedia è stata considerata un’opera
religiosa, ossia la riscoperta della religione da parte di un autore
considerato un laico. Euripide morì pochi mesi dopo averla completata.
Alla metà degli Anni Sessanta Henze era molto
attento a tematiche sociali che lo portarono a comporre alcune opere di
impianto marxista. The Bassarids deve essere
considerata come un lavoro di riflessione politico-religiosa durante un
percorso politico (che non durò a lungo). Il messaggio religioso è forte nelle
modifiche apportate alla tragedia euripidea: Pénteo, nominato dal nonno Cadmo,
Re di Tebe, vuole portare il monoteismo nella politeista città-stato; vi si
oppone Dioniso (dio del piacere); Pénteo ne vieta l’accesso a Tebe, ma Dioniso
rientra nella città travestito da straniero ed attira Pénteo sul monte Citerio
dove le Bassaridi, tra cui la sua stessa madre, lo uccidono e fanno scempio del
suo corpo.
A mio parere, The Bassarids si pone nel solco dei lavori in cui il diavolo si traveste da Dio
per ingannare l’umanità. Molto frequenti nel settecento e nell’ottocento (si
pensi alle varie versioni del mito di Faust e Mefistofele) appaiono di nuovo
nel periodo tra le due guerre mondiali: ad esempio, nella “tragedia lirica in
un atto” Penthiselea dello svizzero Othmar Schoek
(prima assoluta nel 1927), tratta da Heinrich von Klesit e vista ed ascoltata
una quindicina di anni fa al Maggio Fiorentino, o alla più nota ma meno
eloquente Histoire du Soldat di Igor
Stravinskij. Con il coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto da Roberto
Gabbiani, un cast internazionale: Ladislav Elgr (Dionysus), Russell Braun
(Pentheus), Mark S. Doss (Cadmus), Erin Caves ( Tiresias), Andrew Schroeder
(Capitano della guardia reale), Veronica Simeoni (Agave), Sara Hershkowitz
(Autonoe) e Sara Fulgoni (Beroe). L’allestimento del Teatro dell’Opera vede i
costumi di Ursula Patzak, le scene di Sergio Tramonti e le luci di Pasquale
Mari. Movimenti coreografici di Raffaella Giordano.
Stefan Soltesz è uno dei rari direttori
d’orchestra in grado di dirigere la complessa partitura che nel 1966 a
Salisburgo venne concertata da Chrystoph von Dohnâni (ne esiste un ottimo cd
della Orfeo). In una scena unica, la regia di Martone si svolge su due piani,
quello individuale degli istinti personali e quella “sociale” delle leggi di
Pénteo, al tempo stesso Re e uomo razionale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nessun commento:
Posta un commento