giovedì 26 novembre 2015

The Bassarids” di Henze a Roma, quando il diavolo si traveste da Dio in Avvenire 26 Novembre



The Bassarids” di Henze a Roma, quando il diavolo si traveste da Dio
ROMA
Dopo il grande successo in chiusura di stagione dei lavori di Adams e Weill, l’Opera di Roma riparte di nuovo dal Novecento. Questa volta sotto il segno di Hans Werner Henze (1926-2012), musicista tedesco che in Italia ha avuto i primi successi (e le prime polemiche) e che ha vissuto quasi tutta la vita ad Albano, nei pressi di Roma. Il 27 novembre il sipario del teatro si alza sulla prima della stagione 2015/2016: The Bassarids, su testo di W. H. Auden e Chester Kallman. L’opera va in scena per la prima volta a Roma, a cinquanta anni esatti dalla composizione nel 1965, in un allestimento firmato da Mario Martone; Stefan Soltesz dirige l’orchestra del Teatro dell’Opera. È anche la prima volta che il lavoro va in scena in Italia nella versione originale in inglese, che, con l’approvazione di Henze, elimina l’intermezzo settecentesco introdotto nella terza parte alla prima assoluta a Salisburgo (il cui festival estivo l’ha commissionata) poiché ledeva alla compattezza della tragedia.
The Bassarids, un atto unico di circa due ore e mezza, segue abbastanza fedelmente la tragedia Le Baccanti di Euripide, il cui messaggio è un monito ad adorare l’Alto. In effetti tradizionalmente questa tragedia è stata considerata un’opera religiosa, ossia la riscoperta della religione da parte di un autore considerato un laico. Euripide morì pochi mesi dopo averla completata.
Alla metà degli Anni Sessanta Henze era molto attento a tematiche sociali che lo portarono a comporre alcune opere di impianto marxista. The Bassarids deve essere considerata come un lavoro di riflessione politico-religiosa durante un percorso politico (che non durò a lungo). Il messaggio religioso è forte nelle modifiche apportate alla tragedia euripidea: Pénteo, nominato dal nonno Cadmo, Re di Tebe, vuole portare il monoteismo nella politeista città-stato; vi si oppone Dioniso (dio del piacere); Pénteo ne vieta l’accesso a Tebe, ma Dioniso rientra nella città travestito da straniero ed attira Pénteo sul monte Citerio dove le Bassaridi, tra cui la sua stessa madre, lo uccidono e fanno scempio del suo corpo.
A mio parere, The Bassarids si pone nel solco dei lavori in cui il diavolo si traveste da Dio per ingannare l’umanità. Molto frequenti nel settecento e nell’ottocento (si pensi alle varie versioni del mito di Faust e Mefistofele) appaiono di nuovo nel periodo tra le due guerre mondiali: ad esempio, nella “tragedia lirica in un atto” Penthiselea dello svizzero Othmar Schoek (prima assoluta nel 1927), tratta da Heinrich von Klesit e vista ed ascoltata una quindicina di anni fa al Maggio Fiorentino, o alla più nota ma meno eloquente Histoire du Soldat di Igor Stravinskij. Con il coro del Teatro dell’Opera di Roma diretto da Roberto Gabbiani, un cast internazionale: Ladislav Elgr (Dionysus), Russell Braun (Pentheus), Mark S. Doss (Cadmus), Erin Caves ( Tiresias), Andrew Schroeder (Capitano della guardia reale), Veronica Simeoni (Agave), Sara Hershkowitz (Autonoe) e Sara Fulgoni (Beroe). L’allestimento del Teatro dell’Opera vede i costumi di Ursula Patzak, le scene di Sergio Tramonti e le luci di Pasquale Mari. Movimenti coreografici di Raffaella Giordano.
Stefan Soltesz è uno dei rari direttori d’orchestra in grado di dirigere la complessa partitura che nel 1966 a Salisburgo venne concertata da Chrystoph von Dohnâni (ne esiste un ottimo cd della Orfeo). In una scena unica, la regia di Martone si svolge su due piani, quello individuale degli istinti personali e quella “sociale” delle leggi di Pénteo, al tempo stesso Re e uomo razionale.
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