Bologna.
Bologna.
Il perdono non si addice all’“Elektra” di
Guy Joosten
È in scena al Teatro Comunale di Bologna sino
al 22 novembre un nuovo allestimento dell’Elektra di Richard Strauss, su testo
di Hugo von Hofmannsthal, coprodotto con il Gran Teatre del Liceu di Barcellona
e La Monnaie di Bruxelles. Nel catalogo di Strauss, Elettra è l’opera più rappresentata in Italia. Tutti conoscono la trama,
tratta dalla tragedia di Sofocle. Questa produzione si distanzia in maniera
significativa da quelle viste ed ascoltate negli ultimi anni, anche
dall’allestimento curato dal compianto Patrice Chéreau, visto alla Scala.
Quando il drammaturgo Eugene O’Neill nel 1931
adattò la tragedia greca in un dramma di nove ore ambientato ai tempi della
Guerra di Secessione americana, decise di intitolarlo Il lutto si
addice a Elettra a ragione del vasto numero di morti che
costellavano le tre parti dell’opera, basate sulla Orestiade di Eschilo. Nel 1903, invece, Hugo von Hofmannsthal scrisse
Elektra traendola dalla tragedia di Sofocle; il lavoro,
lanciato a Berlino da Gertrud Eysoldt (la Duse tedesca dell’epoca), ebbe un
immenso successo tanto che nel 1904 venne messa in scena da ventidue teatri nel
mondo di lingua germanica. Il dramma fu adattato per l’opera di Strauss,
rappresentata nel 1909. Dura poco meno di due ore di tensione assoluta.
In produzioni recenti, la tensione viene
temperata da momenti di tenerezza (la ricerca del perdono da parte di
Clitennestra, l’ansia per una vita di famiglia da parte di Crisotemide, il
riconoscimento di Oreste da parte della protagonista, l’incontro tra il
Precettore e la servitù del Palazzo degli Atridi). La regia di Guy Joosten, la
scena e i costumi di Patrick Kinmonth e le luci di Manfred Voss danno poco
rilievo a questi aspetti: Elettra diventa la
tragedia di non sapere e non volere perdonare. A ciò contribuisce
l’ambientazione negli anni della Germania nazista, alle prese con i presagi di
sconfitta .
In questo contesto, la direzione musicale di
Lothar Zagrosek, esperto di musica contemporanea, aggiunge ritmo alla partitura
di Strauss di cui sottolinea i due distinti tempi. Circolare nella prima parte
(con il proprio epicentro nel confronto tra Elettra e Clitennestra, dedicato al
significato del perdono); vettoriale il secondo sino all’orgia sonora di
dissonanze in do maggiore del finale.
Sia l’azione sia la musica hanno una struttura
a ellisse; l’introduzione quasi contrappuntistica (il dialogo delle ancelle per
preparare il monologo di Elettra) si snoda in una vasta parte centrale in cui
il confronto tra Elettra e Clitennestra (colmo di disperazione proprio per il
diniego del perdono) è inserito tra due altri confronti – quelli tra Elettra e
Crisotemide (rispettivamente sul significato della vita e sul valore della
vendetta). In tutta questa parte centrale si sovrappongono due tonalità
musicali molto differenti per unificarsi nella scena del ritorno di Oreste e
predisporre la danza macabra finale. L’orchestra del Comunale di Bologna (che a
ragione del vasto organico occupava anche alcuni palchi di proscenio) ha retto
bene la difficile sfida. Di grande livello i protagonisti: Elena Nebera
(Elettra), Natascha Petrinsky (Clitennestra), Anna Gabler (Crisotemide), Jan
Vacik (Egisto), Thomas Hall (Oreste). La sera della prima circa dieci minuti di
ovazioni. Era la prima volta che l’Elektra veniva rappresentata in versione
integrale in tedesco nella città felsinea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La regia, ma anche la scena e i costumi di
Patrick Kinmonth e le luci di Manfred Voss fanno dell’opera di Strauss la
tragedia del non sapere e non volere perdonare Versione integrale in tedesco
È in scena al Teatro Comunale di Bologna sino
al 22 novembre un nuovo allestimento dell’Elektra di Richard Strauss, su testo
di Hugo von Hofmannsthal, coprodotto con il Gran Teatre del Liceu di Barcellona
e La Monnaie di Bruxelles. Nel catalogo di Strauss, Elettra è l’opera più rappresentata in Italia. Tutti conoscono la trama,
tratta dalla tragedia di Sofocle. Questa produzione si distanzia in maniera
significativa da quelle viste ed ascoltate negli ultimi anni, anche
dall’allestimento curato dal compianto Patrice Chéreau, visto alla Scala.
Quando il drammaturgo Eugene O’Neill nel 1931
adattò la tragedia greca in un dramma di nove ore ambientato ai tempi della
Guerra di Secessione americana, decise di intitolarlo Il lutto si
addice a Elettra a ragione del vasto numero di morti che
costellavano le tre parti dell’opera, basate sulla Orestiade di Eschilo. Nel 1903, invece, Hugo von Hofmannsthal scrisse
Elektra traendola dalla tragedia di Sofocle; il lavoro,
lanciato a Berlino da Gertrud Eysoldt (la Duse tedesca dell’epoca), ebbe un
immenso successo tanto che nel 1904 venne messa in scena da ventidue teatri nel
mondo di lingua germanica. Il dramma fu adattato per l’opera di Strauss,
rappresentata nel 1909. Dura poco meno di due ore di tensione assoluta.
In produzioni recenti, la tensione viene
temperata da momenti di tenerezza (la ricerca del perdono da parte di
Clitennestra, l’ansia per una vita di famiglia da parte di Crisotemide, il
riconoscimento di Oreste da parte della protagonista, l’incontro tra il
Precettore e la servitù del Palazzo degli Atridi). La regia di Guy Joosten, la
scena e i costumi di Patrick Kinmonth e le luci di Manfred Voss danno poco
rilievo a questi aspetti: Elettra diventa la
tragedia di non sapere e non volere perdonare. A ciò contribuisce
l’ambientazione negli anni della Germania nazista, alle prese con i presagi di
sconfitta .
In questo contesto, la direzione musicale di
Lothar Zagrosek, esperto di musica contemporanea, aggiunge ritmo alla partitura
di Strauss di cui sottolinea i due distinti tempi. Circolare nella prima parte
(con il proprio epicentro nel confronto tra Elettra e Clitennestra, dedicato al
significato del perdono); vettoriale il secondo sino all’orgia sonora di
dissonanze in do maggiore del finale.
Sia l’azione sia la musica hanno una struttura
a ellisse; l’introduzione quasi contrappuntistica (il dialogo delle ancelle per
preparare il monologo di Elettra) si snoda in una vasta parte centrale in cui
il confronto tra Elettra e Clitennestra (colmo di disperazione proprio per il
diniego del perdono) è inserito tra due altri confronti – quelli tra Elettra e
Crisotemide (rispettivamente sul significato della vita e sul valore della
vendetta). In tutta questa parte centrale si sovrappongono due tonalità
musicali molto differenti per unificarsi nella scena del ritorno di Oreste e
predisporre la danza macabra finale. L’orchestra del Comunale di Bologna (che a
ragione del vasto organico occupava anche alcuni palchi di proscenio) ha retto
bene la difficile sfida. Di grande livello i protagonisti: Elena Nebera
(Elettra), Natascha Petrinsky (Clitennestra), Anna Gabler (Crisotemide), Jan
Vacik (Egisto), Thomas Hall (Oreste). La sera della prima circa dieci minuti di
ovazioni. Era la prima volta che l’Elektra veniva rappresentata in versione
integrale in tedesco nella città felsinea.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
La regia, ma anche la scena e i costumi di
Patrick Kinmonth e le luci di Manfred Voss fanno dell’opera di Strauss la
tragedia del non sapere e non volere perdonare Versione integrale in tedesco
Nessun commento:
Posta un commento