Ecco l’effetto Isis sui conti dell’Italia e dell’Europa
Dai portavoce di Palazzo Chigi
giungono parole tranquillizzanti: ci sarebbe ampia copertura per le spese
aggiuntive (almeno un miliardo) per la difesa e la sicurezza interna, nonché
per il cadeau di un altro miliardo di “buoni” per musei, cinema, teatri e libri
per chi compie diciotto anni. Infatti, la situazione internazionale non
rallenterebbe la “ripresa”, ma potrebbe anche accelerarla. C’è anche chi
ricorda un vecchio libro di John K. Galbraith secondo cui sarebbe
stata la seconda Guerra Mondiale, non il New Deal, a tirare gli Stati Uniti
fuori dalla Grande Depressione.
A distinguersi da questa monodia (o
se si vuole “coro a cappella”) è stato il sottosegretario all’Economia Pierpaolo
Baretta, il quale intervenendo il 25 novembre a chiusura della
presentazione del rapporto del Centro Europa Ricerche Cer (le cui stime a medio
termine, elaborate prima del 13 novembre, sera degli attentati a Parigi, sono
abbastanza simili a quelle del governo) ha detto, senza se o ma, che i lavori
previsionali sino ad ora fatti devono essere ricalibrati per tenere conto della
nuova situazione economica internazionale, specialmente in aree geopolitiche
alle nostre porte.
Partiamo da elaborazioni
econometriche internazionali. Proprio il giorno delle stragi di Parigi, il
“gruppo del consenso” (i 20 istituti privati di analisi econometrica
previsionale) ha diramato le sue stime per i prossimi 24 mesi. Quelle per
l’Italia erano già allora meno ottimistiche di quanto incluso nel Def: una
ripresa lenta e fragile che nel 2016-2017 avrebbe portato a una crescita annua
sull’1,2-1,3%. Una nuova tornata di stime del gruppo è attesa verso il 10
dicembre. Sino ad ora non sono state presentate elaborazioni dell’Observatoir Français
de Conjucture Ėconomique né dal Keil Institute for World Economy. Contatti
presi con i due centri di ricerca confermano che sono al lavoro. Attenzione,
l’Observatoir Français de Conjucture Ėconomique è un istituto autonomo, ma
pubblico (come era il nostro Isae); quindi, verosimilmente le stime verranno
diramate dopo essere state almeno discusse con il governo. Keil Institute for
World Economy, nel Nord della Germania, è privato e finanziato quasi
interamente da donazioni; quindi, si farà sentire senza verificare con Berlino.
Da conversazioni con i due istituti
è facile ipotizzare un ulteriore rallentamento. Per l’Italia, in particolare,
tre sono le cinghie di trasmissione: a) l’export (il 15% circa del nostro
export è diretto al Medio Oriente e al Nord Africa); b) il turismo e c) i
consumi e gli investimenti. Non è difficile elaborare stime per le prime due
voci sulla base di esperienze del passato quali le due guerre del Golfo.
È molto complicato, invece, valutare
l’incidenza dell’incertezza sui comportamenti di consumatori ed investitori.
Non è certo con maggiori stimoli monetari che la si riduce. Paradossalmente,
anzi, tali stimoli possono aggravare la “trappola della liquidità”, il fenomeno
in base a cui la politica monetaria non riesce ad avere alcuna influenza sulle
scelte di famiglie e imprese. Non è certo la “flessibilità” nell’attuazione
delle clausole del Fiscal Compact per allentare i vincoli Ue su indebitamento
delle pubbliche amministrazioni a contenere l’incertezza. Non solo potrebbe aggravare
la “trappola della liquidità” ma, a accordi vigenti, darebbe un respiro di
breve periodo ed avrebbe effetti molto differenti da Stato a Stato in quanto
aggraverebbe il debito pubblico (che già minaccia di essere appesantito dal
prevedibile aumento dei tassi Usa). Peserebbe molto, in prospettiva, su Belgio
ed Italia e comparativamente meno su Francia.
Che l’incertezza stia operando lo
confermano le cronache romane di ristoranti semivuoti e le riduzioni degli
acquisti di beni di consumo. Tuttavia, ciò dipende in parte dall’arrivo della
“mazzata” fiscale tra due settimane (quando scadono Imu e Tasi). Più eloquente
forse la conversazione con un amico che vive a Nizza: si sono ridotti i tornei
di bridge e spostato l’inizio dal dopo cena alle tre del pomeriggio.
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