Il Quantitative easing favorisce poco la
crescita Ha bisogno delle riforme
Il presidente della Bce, Mario Draghi, ha fatto intendere che
una revisione del Quantitative easing sarebbe imminente, forse già a dicembre.
Con una riduzione del tasso sui depositi di dieci punti base (quindi a- 0,3%
con effetti anche su Euribor e mutui) e un aumento, dal primo gennaio,
dell’acquisto di titoli di 15 miliardi di euro (dunque sino a 75 miliardi di
euro) al mese. Infine, un’estensione temporale del programma di almeno sei
mesi. Ma il QE sta avendo effetti sull’economia reale? Sull’attività delle
imprese e sulla crescita dell’occupazione? La conferenza annuale del Fondo
monetario, in corso di svolgimento, è dedicata esattamente a questi temi. E
dalle prime analisi disponibili, emerge il problema della mancata trasmissione
della liquidità all’economia reale. Le risorse, cioè, rimarrebbero 'incastrate'
nella pancia delle imprese che non le starebbero ancora utilizzando per
investimenti e quindi non ci sarebbe creazione di posti di lavoro. Il
'tagliando' al programma di acquisto titoli europeo dovrebbe quindi tener conto
dei reali effetti raggiunti sinora per calibrare le eventuali modifiche. Lo
stesso Draghi ha precisato che l’Eurotower non ha ancora fatto alcuna scelta
specifica.
Crescono per altro, fra gli osservatori, gli scettici sulla
effettiva utilità del QE se il programma non è accompagnato da una strategia
comune di politica di bilancio espansionista e di riforme (per lo più
microeconomiche) atte a favorire gli investimenti pubblici e privati di lungo
periodo e l’aumento della produttività. Le determinanti più importanti
dipendono quindi dai governi e dai Parlamenti.
Proprio alla vigilia delle anticipazioni di Draghi, a Palazzo
Sciarra, ospite della Fondazione Roma , l’economista e banchiere centrale
William R. White ha tenuto l’annuale 'Marco Minghetti Lecture' in ricordo del
ministro delle Finanze del nascente (ed economicamente dissestato) Regno
d’Italia, ministro che portò al pareggio di bilancio nel 1875. Willam R. White,
tra l’altro, ha predetto, con anni di anticipo, la crisi finanziaria scoppiata
nel 2007.
L’aspetto centrale della lettura è stata una rigorosa critica
all’utilizzo di strumenti come il QE per stimolare la ripresa. Per riprendere a
crescere si deve ristrutturare il debito sovrano, una palla di piombo al piede
dell’eurozona. White ha fornito varie indicazioni su come farlo e aggiunto che
la ricapitalizzazione di numerose banche di grandi dimensioni è urgente, ed
ancor di più lo sono vere riforme strutturali, specialmente nei servizi e nelle
professioni. Ragionamenti analoghi sono apparsi in questi giorni in lavori di
Rubert Ungher della Bundesbank e di Paolo Manasse dell’Università di Bologna,
nonché di Jörg Bibow del Bard College.
Giuseppe Pennisi
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