Rischi e opportunità per l’Eurozona dal
rialzo dei tassi Usa
Afine novembre l’organo di governo della politica monetaria
Usa (il Federal Open Market Committee-Fecom) disporrà delle analisi per
decidere se aumentare o meno i tassi d’interesse alla riunione convocata per il
15-16 novembre. Le Borse, soprattutto Wall Street, già brindano in attesa di un
incremento: gli ultimi sei episodi di restrizioni finanziarie (in trent’anni)
sono stati un toccasana per la finanza perché si ampliano i margini delle
banche (le principali beneficiarie) e si deprezza il dollaro (stimolando,
tramite l’export, l’economia reale).
E per l’Europa? Mentre per gli Usa, l’aumento dei tassi (da
livelli rasoterra) è il gong che certifica un rilancio dell’economia reale ben
avviato, nell’eurozona l’incremento dei tassi Usa presenta alcuni pericoli.
Intanto, la fuga di capitali verso un mercato finanziario più redditizio e
l’eventualità che la Banca centrale europea, Bce, debba 'adeguarsi' almeno in
parte per frenare la fuoriuscita di capitali. Poi possibili crisi nei Paesi
emergenti dove negli anni dei tassi bassi il credito bancario, in gran misura
in dollari Usa e a tassi variabili, è cresciuto dal 75% al 110% del Pil, con
riflessi negativi sull’export europeo. L’Europa si troverebbe così a dover
limitare o forse cessare le misure straordinarie di aumento della liquidità, il
Quantitative easing iniziato lo scorso gennaio (la Federal Reserve lo attua, in
dimensioni ben maggiori, sin dagli ultimi mesi del 2008) che alla riunione del
Consiglio Bce del 3 dicembre (o più tardi del 16 dicembre) sarebbe comunque
sottoposto a verifica.
Tuttavia, la prospettiva di più alti tassi d’interesse Usa
potrebbe anche essere un’opportunità, per chi la sa cogliere. Ossia per le
imprese che anticiperanno le restrizioni monetarie iniziando, a tassi bassi, la
realizzazione di progetti rimasti nel cassetto e per le banche che le
aiuteranno su questa strada, utilizzando a fini produttivi i benefici del Qe
europeo in gran misura impiegato per ripulire i loro portafogli. Dal 2008,
mentre le aziende quotate a Wall Street hanno aumentato gli utili dell’83% e i
multipli di Borsa sono cresciuti del 52%, nell’eurozona i profitti aziendali
sono diminuiti del 14% e i multipli di Borsa aumentati del 115%. A fronte di
una situazione sana negli Usa, quella europea può preludere allo sgonfiamento
di una bolla non appena interviene un elemento nuovo (come l’aumento dei tassi
Usa). Una ragione in più, nell’interesse anche della finanza, di cogliere la
finestra d’opportunità. In questa materia, i Governi non hanno strumenti per
intervenire se non quello di una esposizione di pericoli ed opportunità. Ci
auguriamo che, alla prima occasione, i responsabili politici prendano il toro
per le corna.
Giuseppe Pennisi
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