FESTIVAL DI SALISBURGO/ "La conquista del
Messico" secondo Wolfgang Rihm
Pubblicazione: venerdì 31 luglio 2015
Wolfgang
Rihm
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Dopo i primi dieci giorni dedicati a musica dello spirito (di
differenti religioni) e soprattutto alla sacra rappresentazione moderna Jederman
(‘Ognuno’) di Hugo von Hofmannsthall, la sezione di teatro in
musica del Festival estivo di Salisburgo 2015 (18 luglio -30 agosto) è stata
inaugurata da Die Eroberung von Mexico (‘La Conquista del Messico) di
Wolfgang Rihm, il quale dal prossimo autunno sarà ‘compositore residente’ del
Teatro dell’Opera della Capitale ed è uno dei maggiori autori contemporanei di
teatro in musica.
Non ci si
aspetti un colossal come l’opera ‘imperiale’ Fernando Cortez scritta
da Gaspare Spontini per l’Imperatore di Prussia Federico II. Tanto meno una
storia romanzata come il film di Henry King del 1947 oppure un’opera
chiaramente di parte politica (contro gli spagnoli) come il film del 1999 di
Alexandro Jorodowsky.
E’, tuttavia,
un lavoro profondamente politico. Si inserisce tra i temi di fondo di questo
festival in gran misura dedicato all’incontro e allo scontro tra civiltà (e
generi) differenti. Tratto da un racconto di Antonin Artuad degli Anni Trenta,
il tema è il rapporto di coppia tra chi proviene da civiltà e culture
differenti: se non c’è equilibrio (di potere e non solo) , si va alla distruzione
della stessa società. Il dramma ha due soli protagonisti: Cortez (un baritono)
e Re Montezuma (un soprano drammatico). Tra loro ci sono monologhi alterni,
tranne uno struggente duetto finale che, però, avviene dopo la morte di
ambedue. Un filo di speranza dopo due ore e venti (intervallo compreso) di una
rappresentazione cruda in cui non mancano estremi di violenza. Potrebbe
svolgersi nel Messico all’epoca dei conquistatori oppure in qualsiasi
altra epoca.
Regia (Peter
Konwitschny), costumi e scene (Johannes Leiacker) e video (della Fettfilm)
situano il dramma in un condominio ai giorni nostri. Ambiente elegante,
un divano letto, un quadro di Felix Kahòp (La cerva ferita), computer e
iPad, cellulari, una terrazza ed enorme parcheggio, con alcuna auto in
pessime condizioni ed una Ferrari di proprietà del ‘macho’ protagonista.
Un uomo
(Cortez, interpretato da Bo Skovus) e il Re Montezuma (interpretato dal soprano
drammatico dai tratti androgini, Angela Denoke) esprimono mondi differenti, ma
pur se non è chiaro se si amino, hanno rapporti carnali anche se
non si stabilisce tra loro un effettivo equilibrio. Gli spagnoli uccidono
il Re Inca ma gli Inca in rivolta, fanno strage degli spagnoli (e Cortez si
suicida). Si ricongiungono in un estatico duetto finale. Quindi, un confronto a
due, anche se Montezuma è supportato da un soprano dal registro molto alto e da
un contralto, Cortez da due voci maschili recitanti, e il coro prende le parti
ora dell’uno ora dell’altro protagonista. I due protagonisti, eccellenti
cantanti ed eccellenti attori, hanno dato anche prova di grande stamina fisica.
L’orchestra (48
elementi) diretta da Ingo Metzmacher è situata, oltre che in buca, in varie
parti della sala in modo da avvolgere gli spettatori, con l’ausilio sia di
strumenti etnici latino americani sia di live electronics.
Spettacolo senza dubbio duro, crudele e con momenti di estrema violenza, ma
affascinante. Alla terza rappresentazione, il 29 luglio, a cui ho assistito,
circa dieci minuti di ovazioni più che di applausi.
Resta la
domanda: è possibile un incontro tra civiltà, e generi, cos’ differenti ed
istintivamente portati ad uccidersi a vicenda? La risposta di Rihm sembra
essere che è fattibile unicamente tra anime.
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