Il Winterreise di Schubert all’International Festival and Summer Academy di
Siena
18 - 07 - 2015Giuseppe Pennisi
Il Winterreise (secondo ed ultimo
ciclo di leader di Schubert composto prima di morire (di sifilide) a solo 31
anni – il terzo intitolato Il Canto del Cigno- è un assemblaggio fatto dal suo
editore) è giunto all’International Festival and Summer Academy di Siena
nell’edizione che ha trionfato un anno fa a Aix en Provence e che da allora è
stato visto ed ascoltato a Vienna, Amsterdam, New York, Anversa, San
Pietroburgo, Mosca ed altre città europee.
Winterreise (Viaggio d’inverno),
su un ciclo di 24 poesia di Wilhem Müller è tradizionalmente un duetto di circa
un’ora e mezza (a volte interrotto da un intervallo) tra un pianoforte ed un
baritono. Nella edizione che ha debuttato a Aix nel 2014 ed il 16 luglio ha
avuto la sua ‘prima’ italiana diventa un trio con un pianista (Markus
Interhäuser appena nominato direttore artistico del Festival di Salisburgo),
una voce (Matthias Goerne) ed un proiettore (quello che illustra e commenta i
leader con le immagini di William Kentridge, uno dei maggiori artisti
contemporanei del visivo).
L’evento si presta a numerose
analisi. Lascio quelle strettamente tecniche ad un’altra testata, per
concentrarmi su due punti: a) il significato politico e strategico
all’International Festival and Summer Academy di Siena e b) la valenza di
Winterreise.
Da decenni a Siena si tiene un
festival di una settimana (era chiamato La Settimana Chigiana) in cui grandi
artisti (specialmente cameristica ma anche sinfonica e qualche spettacolo di
lirica) presentato lavori, spesso inediti, in coincidenza con i corsi estivi di
perfezionamento dell’Accademia Chigiana. Quest’anno, a budget invariato, il
festival è esteso: dura da 10 luglio al 31 agosto ed incorpora concerti degli
allievi dell’Accademia (tutti selezionati con grande rigore) e dei loro
docenti. E’ un messaggio importante alla politica: in un momento in cui
fondazioni ed altre istituzioni del settore musicale non hanno ancora certezza
sulla allocazione del FUS (Fondo Unico per lo Spettacolo 2015), un territorio
che è stato travolto da un vero e proprio terremoto economico e finanziario (la
crisi del Monte dei Paschi di Siena) fa leva sulla cultura musicale per
rilanciarsi. E lo fa non assemblando artisti comunque in giro per l’Italia in
quanto impegnati in numerosi festival estivi, ma portando nel nostro Paese
grandi produzioni di livello internazionale. E’ un atto di fede nell’Italia migliore
(quella delle arti , della musica) a cui speriamo che il Governo ed il
Parlamento prestino attenzione.
I concerti sono affollati (anche
quando presentano prime come Carnaval di Salvatore Sciarrino), soprattutto da
giovani , non solo corsisti dell’Accademia ma di tutta la Toscana e di altre
parti d’Italia. E’ importante la fusione con il visivo, non solo in Winterreise
ma anche in altri lavori come Live Sounding-Live Painting di Roberto
Fabbriciani e Gabriele Amadori, lo stesso Carnaval di Sciarrino , El Cimarron
di Hans Werner Henze e numerosi altri. Una sfide che, speriamo, altri
raccolgano.
Veniamo a Winterreise. Franz
Schubert sapeva di essere malato; in effetti consegnò la composizione (che
venne eseguita postuma) pochi giorni prima di morire di una malattia che da sei
anni diventata ogni giorno più grave. Era cresciuto in una famiglia di profonda
devozione religiosa e lui stesso ha vasto catalogo di musica di Chiesa. E’
difficile, però, dire se sentendosi ancor molto giovane al termine dell’avventura
umana, le fede religiosa gli desse coraggio. Può essere utile il raffronto con
gli ultimi cicli di lieder di Gustav Mahler (che a cinquanta anni sapeva di
essere condannato da un serio problema cardiaco) e di Richard Strauss (che lo
compose a 85 anni chiamandolo ‘gli ultimi quattro lieder’).
Il prima era nato ebreo, ma non
era né credente né praticante, a 37 anni aveva inscenato un grandioso battesimo
al fine di diventare da ‘cattolico’ direttore dell’Opera di Vienna, ma
nell’estremo ‘Canto della Terra’ trova rifugio nella poetica cinese e nella
filosofia Zen. Il secondo, cattolico, guarda alla vita trascorsa con gioia
quasi lussureggiante. Schubert, invece, sembra restare religioso: dall’inizio
sappiamo che il suo è il viaggio di uno ‘straniero’ in un gelido triste
inverno, uno ‘straniero’ che ha avuto una fidanzata la cui madre ha progettato
un matrimonio, ma che in questo viaggio nella nebbia e nel giacchio invernale
incontra unicamente un suonatore di organetto, peraltro già diventato cadavere.
Un viaggio in 24 episodi senza illusioni e senza speranza ma anche senza
disperazione. Anzi con rassegnazione di andare forse verso un mondo migliore.
Markus Interhäuser, Matthias
Goerne e William Kentridge ne offrono un’interpretazione struggente ed
appassionata.
Nessun commento:
Posta un commento