A che
punto è il pasticciaccio
greco di Tsipras
09 - 07 - 2015Giuseppe Pennisi
Ogni
anno in corrispondenza con l’inizio del Festival internazionale di arte lirica
di Aix-en-Provence, si tiene ‘le rencontre des économistes’, un congresso
internazionale di economisti su temi di attualità. Quest’anno i temi ruotavano
su occupazione e distribuzione del reddito e, ovviamente, la star è stata Thomas Piketty ed
il suo Capitalismo nel XII
Secolo. Finito il congresso il 5 luglio, numerosi
economisti (e non solo) si fermano per spettacoli del Festival e spesso
alloggiano negli stessi alberghi dei ‘melomani vaganti’ come il vostro chroniqueur. Nelle conversazioni, il tema si sposta dai tristi
argomenti ‘pikettiani’ al ‘melodracma’ (ossia la Grecia) in corso da mesi.
Interessante
il punto di vista di Dominique Moïsi (ora professore al King’s College
si Londra e consulente speciale dell’Istituto Francese di Relazioni
Internazionali) il quale parla un ottimo italiano in quanto per dieci anni ha
insegnato a Bologna. E’ un po’ una chiave interpretativa della arroganza con
cui Tsipras ha chiesto un prestito ponte triennale, prima ancora di presentare
un adeguato piano di consolidamento della finanza pubblica, di aumento della
produttività, e di sviluppo dell’economia reale. “Siamo costretti ad aiutare la Grecia nonostante i suoi comportamenti di
sfida all’Unione Europea (UE), ed al fatto che calpesti sfacciatamente le
regole dell’unione monetaria”, dice senza buonismi
Moïsi. Ancora più duro Jean Louis Buorlanges, economista di rango
e ex-deputato centrista: “La strategia di
Tsipras è quella del passeggero clandestino che vuole non pagare il biglietto
e, se del caso,ti pugnala alle spalle”.
Il
prestito ponte è, in effetti, un “cavallo di Troia” che può minare l’intera UE.
Intendiamoci, io stesso, su questa testata e su Avvenire, ho proposto più volte che si prendessero misure
quali l’allungamento delle scadenze del debito estero. In cambi , però, di
quello che un tema veniva chiamato uno
scambio politico che, nonostante i mali della Grecia siano in
gran misura solamente sua responsabilità, permettesse alla Repubblica Ellenica
di ripartire. Il piano avrebbe dovuto contenere, come minimo, misure di
consolidamento fiscale (aumento del gettito, revisione dell’Iva, drastica
riforma della previdenza) e provvedimenti per favorire la concorrenza abolendo
le mille parrocchiette (dai taxi al commercio, alle così dette professioni
liberali) che la frenano. Non c’è ragione per nuovi prestiti se, prima che
vengano concessi, la Grecia non attua una serie di riforme “a costo zero”.
Anzi, è un insulto ai Paesi dell’eurozona e dell’UE che riforme del genere
hanno adottato per fare parte dei club europei.
Tuttavia,
dietro la faccia di bravo ragazzo, Tsipras ha un’arma che potrebbe essere
fatale alla stessa UE. Da un lato, se la Grecia viene esclusa dall’eurozona ma
resta nell’UE può bloccarne il processo decisionale ogni volta che i Trattati
richiedono il voto all’unanimità; questi casi sono numerosi particolarmente
nelle materia di politica estera europea. La Repubblica Ellenica, quindi,
potrebbe bloccare misure quali le sanzioni nei confronti della Russia,
nonostante, per il momento, Putin non ha risposto con calore agli abbracci del
Presidente del Consiglio Greco.
La
‘povera’ Grecia spende il 2% del Pil per le forze armate (una delle percentuali
più elevate nella Nato) con grande soddisfazione di Washington che per questa
ragione sta facendo di tutto per impedire una rottura tra la Grecia ed il resto
dell’UE. I militari greci di oggi non solo quelli conservatori del colpo di
stato nel 1967. Al contrario, sono vagamente ‘nasseriani’ e nazionalisti
socialisti. I loro voti non vanno al centro ma ai neofascisti di Alba Dorata e
a Syriza. Tsipras li corteggia ma se la sua tattica non ha successo potrebbero
defenestrarlo senza troppi complimenti.
Quindi,
il pasticciaccio è davvero complicato. L’unica via d’uscita è in una risposta
europea che chieda rigorosamente alla Grecia di avviare le riforme; solo quando
sono in fase di attuazione e, dietro monitoraggio internazionale, si potrà
parlare di nuovi prestiti.
Perché
gli statali ed i pensionati italiani che hanno già dato ad Atene 40 miliardi
devono di nuovo aprire il portafoglio prima di vedere passi concreti di
miglioramento?
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