OPERA/
"Alcina" al Festival di Aix en Provence
Pubblicazione:
mercoledì 15 luglio 2015
Una scena de
l'Alcina
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NEWS Musica
Il
Festival di Aix en Provence sta realizzando un ciclo dedicato a Georg F.
Händel, le cui fortune in Italia e in Francia sono state relativamente scarse.
Sia in vita sia da morto. Poche delle sue 40 opere e 30 oratori vennero rappresentati
nel nostro Paese quando era in vita; una sola in un teatro commerciale
(nonostante che il Settecento fosse uno dei momenti d’oro dei teatri in musica
a fini di lucro). Solo il Maggio fiorentino del 1940 (manifestazione deputata
alle riscoperte) si ricordò del sassone e mise in scena “Aci e Galetea”, opera
pastorale a basso costo in quanto richiede pochi interpreti ed uno scarno
organico orchestrale.
Mentre
a Londra la Händel Society metteva in scena od eseguiva in forma di concerto
quasi l’intera opera omnia e negli Anni Settanta nella pur provinciale
Washington c’era ogni anno un Händel Festival con tre-quattro titoli di opera –
non parliamo della Germania e dell’Europa centrale - in Italia una vera e
propria Händel Renaissance non si ebbe che negli Anni Ottanta - e per di più
limitata a pochi titoli (principalmente “Giulio Cesare in Egitto”) e grazie
agli sforzi di un numero limitato di Teatri (principalmente La Fenice di
Venezia, il Festival di Spoleto e la Sagra Musicale Umbra).
Un
gruppo di cultori (per lo più britannici) si riuniva ogni estate al Chiostro di
Santa Croce a Batignano in Toscana – rappresentazioni importanti ma per poco
pubblico ed a carattere semi-dilettantesco. Inoltre, sino a tempi recenti,
Händel operistico veniva “adattato”: venuti a mancare i castrati, molti ruoli
maschili venivano abbassati di un paio di ottave per affidarli a baritono
(oppure consegnati a mezzo-soprani od a soprani lirici), i “da capo” delle arie
venivano tagliati, molti passaggi eliminati ed interi personaggi (dalla
vocalità troppo ardua) fatti sparire. Si tentava, spesso, di scimmiottare le
macchine barocche: ho tre esempi di successo (un “Orlando” a La Fenice, un
“Tamerlano” a La Pergola e un “Rinaldo” all’Arcimboldi, a Ravenna ed a
Ferrara), unitamente a grandiosi fallimenti (quale l’edizione roconianiana, a
Bologna e non solo, di “Giulio Cesare in Egitto”).
Si
è tardato a comprendere quanto ha ribadito per anni Jurgen Schlädler,
esperto tedesco di teatro in musica. Nelle opere di Händel ciò che conta non è
la struttura fiabesca fatta di castelli incantati, di fontane meravigliose,
destrieri alati, quanto “il messaggio sotto la cute che il gioco psicologico
dei protagonisti trasmette” al pubblico. Era un messaggio sentimentale e
sensuale (ma mai erotico, neanche in “Semele” che di eros poteva dare
molteplici pretesti) in cui si riconosceva il pubblico della pudibonda Gran
Bretagna del Settecento.
Una
“vita interiore” che attira il pubblico odierno, specialmente quello giovane
specialmente quello giovane, ad un barocco la cui fine era stata decretata più
di 200 anni fa. Una prova si ha dal successo strepitoso che da oltre un lustro
ha, a Zurigo, “Il Trionfo del Tempo sul Disinganno”, inizialmente
concepita come un oratorio a quattro voci per un dopo-cena cardinalizio ma
rappresentata come una meravigliosa commedia per giovani adulti di seduzioni e
corteggiamenti senza mai scendere nell’erotico. Händel non è Cavalli che nella
proibizionista Venezia della Controriforma metteva a nudo quanto sesso ci fosse
tra le calli e i campielli.
La
messa in scena di “Alcina” alla Scala è stato uno degli eventi di punta (in
Italia) nelle celebrazioni per i 250 anni dalla morte di Händel nel 2009;
gli altri sono stati la prima rappresentazione in Italia di “Partenope”
(Ferrara, Modena e Napoli) e un nuovo allestimento de “Il Trionfo del Tempo sul
Disinganno” alla Sagra Malatestiana di Rimini. In Francia non è andata molto
meglio quest'anno. Quindi, il ‘ciclo’ di Aix è un evento importante. Iniziato
l’anno scorso con ‘Ariodante’, prosegue quest’anno con ‘Alcina’ (coprodotta con
il Bolshoi e la Canadian Opera Copany) e l’anno prossimo con “Il Trionfo del
Tempo sul Disinganno”- titoli tra i più noti della sua sterminata produzione,
“Alcina” del 1735 è opera matura di Händel (nato del 1685) per il
Covent Garden, appena costruito. Completa la triologia ariosteca di
Händel (con le precedenti “Orlando” ed “Ariodante”, tratte anch’esse
dall’”Orlando Furioso”). Ha un intreccio complesso di magie, tradimenti,
battaglie, cacce, con l’inserimento di balletti. Venne modulata su un cast
vocale eccezionale – in primo luogo il castrato Giovanni Carestini per il ruolo
del protagonista Ruggiero. Era destinata al Covent Garden, aperto solo tre anni
prima ed attrezzato con le più moderne macchine sceniche dell’epoca.
Cosa può interessare al pubblico d’oggi oggi di un intrigo di
imbrogli tra cavalieri, fattucchiere e mori sulla via della prima crociata?
Probabilmente l’intreccio (nonostante l’apprezzabile libretto di Antonio
Fanzaglia) interessava poco allo stesso Händel, il quale del resto non
intendeva scrivere musica d’accompagnamento ad un “colossal” spettacolare. La
“vita interiore” dei personaggi era il cuore della sua ispirazione.
Nell’allestimento di Katie Mitchell- siamo in una villa
– francese o britannica – ai giorni nostri (o meglio in un periodo imprecisato
della seconda metà del Novecento: seguendo (con molte libertà) il poema di
Ariosto, la maga Alcina è una divoratrice insaziabile di maschi di bello
aspetto, trasforma in animali, pianti e pietre chi, di volta in volta, seduce.
Lo è anche sua sorella Morgana , la quale è pure un po’ masochista ed ama farsi
frustrare prima di fare sesso con lui . Alcina si innamora sinceramente di
Ruggiero.. La vicenda si complica perché la fidanzata di Ruggiero,
Bradamante, vestita da uomo arriva in villa per riprendersi lo sposo; il
travestimento è così efficace da attirare Morgana (complice e sodale di
Alcina) verso quello che crede essere un bel ragazzo. Gli intrighi non mancano
sino allo scioglimento finale: il pentimento di Alcina di Morgana e la
liberazione dei maschi-oggetto in suo potere. La scena è a due livelli: in
basso l’enorme camera da letto di Alcina (che si trasforma in salotto),
contornata da due piccoli uffici; in alto, il ‘laboratorio’ per trasformare in
piante ed animali gli uomini con cui Alcina ha avuto amplessi. La regia
di Mitchell, discutibile per alcune scene erotiche (ove non apertamente
sessuali) che non sarebbero state necessarie, scava nei personaggi: Alcina è
donna tremendamente sola che unicamente in Ruggiero credo di trovare un
compagno. Ruggiero, dal canto suo, è un perfetto militare sempre disciplinato e
corretto ma nelle mani di Alcina diventa un mero oggetto sessuale. Ritrova la
propria personalità e combattività quando riconosce Bradimante.
Di alto livello la parte musicale. Il veneziano Andrea Marcon
concerta la Frieburger Barockochester che utilizza strumenti d’epoca, oppure ad
essi i più prossimi. Patricia Petibon è diventata una grandissima Alcina, non solo
nelle scene carnali ma soprattutto nel finale quando assiste alla fine dei suoi
poteri magici e del mondo che la ha circondata. Il controtenore Philippe
Jaroussky è un Ruggiero credibile e commovente (quando viene, per così dire,
sverginato da Alcina e quando è costretto ad assistere alla trasformazione di
Bradamante in oca (ma dopo breve, grazie al suo precettore Melisso – Krysztof
Baczyk – tornerà ad essere un’affascinante ‘ragazza con la pistola). Antony
Gregory è un efficace Oronte. E’ Morgana? Anna Prohaska strilla
un po’ troppo.
Nonostante alcuni tagli (i ballabili e altro) e ci sia un unico
intervallo, l’opera dura quattro ore . E’ stata seguita da dieci minuti di
ovazioni.
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