martedì 28 luglio 2015

Il successo del Festival pucciniano di Caracalla in Musica 28 luglio



PUCCINI Madama Butterfly A. Grigorian, A. Pennisi, A. Boldyreva, A.Villari, A. Arduini, S. Fiore, A. Porta, F. Beggi, F. Benetti, S. Pasini, C. Tarantino, L. P. Chiarot; Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma, direttore Yves Abel regia Alex Ollé (La Fura del Baus) maestro del coro Roberto Gabbianiscene Alfons Flores costumi Lluc Castells luci Marco Filibeck
Terme di Caracalla, 14 luglio 2015
PUCCINI Turandot I. Theorin, M.R. Cosotti, M. Spotti, J. De León, M. Katzarava, I. Gnidii, M. Chiarolla, G. Floris, G. Montresor; Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma, direttore Juraj Valčuha regia, scene, costumi, luci Denis Kriefmaestro del coro Roberto Gabbiani
Terme di Caracalla 15 luglio
PUCCINI La Bohème. S. Farnocchia, R.Feola, A. Lasri, J. Kim, A. Arduini, C. Cigni, R.Accurso, G.Massaro, F. Luccioli; Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma, direttorePaolo Arrivabeni regia, scene e costumi, luci Davide Livermore maestro del coro Roberto Gabbiani
Teatro dell’Opera di Roma Terme di Caracalla 25 luglio
Questa estate si svolge una sfida tra due festival pucciniani. A Torre del Lago (Lu), il 25 luglio è iniziato il 61° Festival pucciniano con un nuovo allestimento della Tosca. Seguiranno, sino a fine agosto, Turandot, Madama Butterfly eIl Trittico. La rassegna si svolge sulla riva del lago di Massaciuccoli, in un bel teatro all’aperto, gli allestimenti sono di solito tradizionali anche per soddisfare un pubblico composto, in una buona misura, di villeggianti in Versilia. Intanto, alle Terme di Caracalla, sede estiva del Teatro dell’Opera di Roma, è in corso sino all’8 agosto un altro festival pucciniano. In una città di quattro milioni e mezzo di abitanti, il pubblico è in gran misura italiano ma, nell’anfiteatro di 3.700 posti, non mancano folte schiere di stranieri abbagliati dalla grandiosità e dalla bellezza delle rovine. Gli allestimenti, qui, sono innovativi per soddisfare spettatori che godono già di una ricca stagione invernale e che vengono da tutto il mondo.
Il calendario a Caracalla include tre delle opere più note del compositore, programmate in modo che si possano vedere in tre serate successive: Madama Butterfly, Turandot, eBohème. Il terzo spettacolo è una ripresa della suggestiva messa in scena, nata a Philadelphia e già vista a Valencia, la cui presentazione a Roma, nel luglio-agosto 2014, è stata tormentata da scioperi dell’orchestra.
Andiamo a ritroso iniziando da La Bohème. Allestimento efficace e trasportabile: l’azione è portata ai tempi delle pittura impressionistica: otto pannelli mostrano, con un attento gioco di proiezioni in sintonia con la musica, dettagli di famosi quadri dell’epoca con tre tinte dominanti: il blu, il rosso e il giallo. La recitazione è molto curata, mentre la direzione musicale è affidata a Paolo Arrivabeni, che debutta al Teatro dell’Opera di Roma. Mostra un piglio sicuro, entra nelle raffinatezze della complessa partitura pucciniana, intrisa di sinfonismo continuo e fornisce le tinte attese. Il coro trionfa nella scena del secondo quadro, la vigilia di Natale al Caffè Momus.
Di grandissimo livello il tenore marocchino Abdellah Lasri, un Rodolfo di classe con un ottimo timbro nei centri, un buon fraseggio ed acuti saldi. Cristina Farnocchia è una Mimi che, benché giovane, può essere già considerata una veterana del ruolo; dolcissima ma generosa di volume. Rosa Feola e Julian Kim danno un’ottima prova nei ruoli di Musetta e di Marcello. Di buon livello e sicura esperienza anche gli altri. Applausi a scena aperta ed ovazioni al termine da parte di un teatro stracolmo.
Da Denis Krief (autore di regia, scene, costumi e luci), giunto alla sua settima Turandot (una - quella di Cagliari - ricevette il Premio Abbiati) non ci si può aspettare una messa in scena tradizionale. Alle Terme di Caracalla evoca memorie degli spettacoli di Rosso di San Secondo e di quel Teatro delle Arti, punto di riferimento dell’avanguardia teatrale negli anni in cui Puccini compose il lavoro. Ricorda anche le fotografia di alcuni allestimenti di opere di Malipiero (come L’Orfeide). C’è, però, una differenza profonda. L’opera termina con la morte di Liù, non per uno scrupolo filologico, ma nella convinzione che Puccini non la portò a termine per motivi drammaturgici: il “dramma” della dannazione di Calaf termina con la fine di Liù e con il Principe tartaro e la Principessa cinese attoniti. Anzi, l’intera seconda parte (secondo e terzo atto) è come un sogno di Calaf. Una visione onirica ossessiva come nel Die tote Stadt di Eric Korngold. D’altronde, siamo ai tempi della psicoanalisi. Juraj Valčuha offre una concertazione davvero notevole: viene esaltato il cromatismo e le spinto verso l’atonalità. Per quanto all’aperto l’acustica sia ingrata, si percepivano bene le tinte dei vari passaggi orchestrali. Il coro diretto da Roberto Gabbiani, e la voci bianche dirette da José Maria Sciutto, sono, come in una tragedia greca, veri protagonisti.
Di grande spessore il cast vocale. Iréne Theorin ricorda ai meno giovani la grandissima Turandot di un altro soprano svedese, Birgit Nilsson, specialmente nella scena degli indovinelli e nell’aria In questa reggia. Jorge de Léon imposta, correttamente, tutta la parte sul registro di centro, come richiesto da Puccini che lo considerava l’espressione massima della sensualità virile, ha un timbro chiarissimo e non esagera con gli acuti. Marti Katzarawa è una Liù drammatica, non il solito soprano lirico un po’ sdolcinato di troppe produzioni. Marco Spotti un Timur altamente drammatico. Tutti di alto livello gli altri (specialmente le tre maschere).
Madama Butterfly è il più innovativo dei tre spettacoli e, all’applausometro quello più gradito dal pubblico. Sposta la vicenda al giorno d’oggi, nella Roma “palazzinara” (o meglio deturpata dai palazzinari), trasforma Pinkerton in un imprenditore che va in Giappone alla ricerca di minorenni (Butterfly ha 15 anni nel primo atto e meno di 19 nel secondo) ma soprattutto per fare speculazioni edilizie.
Acquista una collina nei pressi di Nagasaki, con la fanciulla, una casetta e un terreno agricolo che copre di palazzine È molto più duro dello spettacolo creato da Damiano Michieletto nel 2010 e ripreso nel 2015, nonché visto nel circuito micro cinema e su RAI5 in televisione. Michieletto porta l’azione ai giorni d’oggi (o quasi) in uno squallido “basso” sottoproletario di Tokyo dove Butterfly (Amarilli Nizza) è poco più di una prostituta redenta dall’amore per Pinkerton (Massimiliano Pisapia) e non segue i consigli del console (Alberto Mastromarino). Molto più duro perché il dramma di una ragazza distrutta da un palazzinaro è più feroce di quello di una giovane indirizzata sin da bambina alla prostituzione.
La concezione generale dello spettacolo è de La Fura del Baus, il gruppo di avanguardia catalano; la regia di Alex Ollé, le scene (bellissime) di Alfons Flores, i costumi di Lluc Castello. Un cast giovane. Asmik Grigorian è una perfetta protagonista: voce spessa e tenera, volume grande, ottimo fraseggio e raffinata recitazione. Angelo Villari è un Pinkerton tanto più sgradevole perché di bell’aspetto. Anna Pennisi è una Suzuki dolcissima, Alessio Arduini uno Sharpless raffinato. Buone tutte le parti minori. Ottima l’orchestra, concertata da Yves Abel alle prese, all’aperto, con una delle più difficili partiture pucciniane.
Giuseppe Pennisi


© Luciano Romano


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