PUCCINI Madama Butterfly A. Grigorian, A. Pennisi, A. Boldyreva, A.Villari, A. Arduini, S.
Fiore, A. Porta, F. Beggi, F. Benetti, S. Pasini, C. Tarantino, L. P.
Chiarot; Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma, direttore Yves Abel regia Alex Ollé (La Fura del Baus) maestro del coro Roberto Gabbianiscene Alfons Flores costumi Lluc Castells luci Marco Filibeck
Terme di
Caracalla, 14 luglio 2015
PUCCINI Turandot I. Theorin, M.R. Cosotti, M. Spotti, J. De León, M. Katzarava, I.
Gnidii, M. Chiarolla, G. Floris, G. Montresor; Orchestra e Coro del Teatro
dell’Opera di Roma, direttore Juraj
Valčuha regia, scene, costumi, luci Denis
Kriefmaestro del coro Roberto Gabbiani
Terme di Caracalla
15 luglio
PUCCINI La Bohème. S. Farnocchia,
R.Feola, A. Lasri, J. Kim, A. Arduini, C. Cigni, R.Accurso, G.Massaro, F.
Luccioli; Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma, direttorePaolo Arrivabeni regia, scene e costumi, luci Davide Livermore maestro del coro Roberto Gabbiani
Teatro dell’Opera
di Roma Terme di Caracalla 25 luglio
Questa estate si
svolge una sfida tra due festival pucciniani. A Torre del Lago (Lu), il 25
luglio è iniziato il 61° Festival pucciniano con un nuovo allestimento
della Tosca. Seguiranno, sino
a fine agosto, Turandot, Madama Butterfly eIl Trittico. La rassegna si svolge sulla riva del lago di Massaciuccoli, in
un bel teatro all’aperto, gli allestimenti sono di solito tradizionali
anche per soddisfare un pubblico composto, in una buona misura, di
villeggianti in Versilia. Intanto, alle Terme di Caracalla, sede
estiva del Teatro dell’Opera di Roma, è in corso sino all’8 agosto un altro
festival pucciniano. In una città di quattro milioni e mezzo di abitanti,
il pubblico è in gran misura italiano ma, nell’anfiteatro di 3.700 posti,
non mancano folte schiere di stranieri abbagliati dalla grandiosità e dalla
bellezza delle rovine. Gli allestimenti, qui, sono innovativi per
soddisfare spettatori che godono già di una ricca stagione invernale e
che vengono da tutto il mondo.
Il
calendario a Caracalla include tre delle opere più note del
compositore, programmate in modo che si possano vedere in tre serate
successive: Madama Butterfly, Turandot, eBohème. Il terzo spettacolo è una ripresa della suggestiva messa in scena,
nata a Philadelphia e già vista a Valencia, la cui presentazione a Roma,
nel luglio-agosto 2014, è stata tormentata da scioperi dell’orchestra.
Andiamo a ritroso
iniziando da La Bohème. Allestimento
efficace e trasportabile: l’azione è portata ai tempi delle pittura
impressionistica: otto pannelli mostrano, con un attento gioco di
proiezioni in sintonia con la musica, dettagli di famosi quadri dell’epoca
con tre tinte dominanti: il blu, il rosso e il giallo. La recitazione è
molto curata, mentre la direzione musicale è affidata a Paolo Arrivabeni,
che debutta al Teatro dell’Opera di Roma. Mostra un piglio sicuro, entra
nelle raffinatezze della complessa partitura pucciniana, intrisa di sinfonismo
continuo e fornisce le tinte attese. Il coro trionfa nella scena del
secondo quadro, la vigilia di Natale al Caffè Momus.
Di grandissimo
livello il tenore marocchino Abdellah Lasri, un Rodolfo di classe con un
ottimo timbro nei centri, un buon fraseggio ed acuti saldi. Cristina
Farnocchia è una Mimi che, benché giovane, può essere già considerata una
veterana del ruolo; dolcissima ma generosa di volume. Rosa Feola e Julian
Kim danno un’ottima prova nei ruoli di Musetta e di Marcello. Di buon
livello e sicura esperienza anche gli altri. Applausi a scena aperta ed
ovazioni al termine da parte di un teatro stracolmo.
Da Denis Krief
(autore di regia, scene, costumi e luci), giunto alla sua settima Turandot (una - quella di Cagliari -
ricevette il Premio Abbiati) non ci si può aspettare una messa in scena
tradizionale. Alle Terme di Caracalla evoca memorie degli spettacoli di
Rosso di San Secondo e di quel Teatro delle Arti, punto di riferimento
dell’avanguardia teatrale negli anni in cui Puccini compose il lavoro.
Ricorda anche le fotografia di alcuni allestimenti di opere di Malipiero
(come L’Orfeide). C’è, però, una
differenza profonda. L’opera termina con la morte di Liù, non per uno
scrupolo filologico, ma nella convinzione che Puccini non la
portò a termine per motivi drammaturgici: il “dramma” della dannazione di
Calaf termina con la fine di Liù e con il Principe tartaro e la
Principessa cinese attoniti. Anzi, l’intera seconda parte (secondo e terzo
atto) è come un sogno di Calaf. Una visione onirica ossessiva come nel Die tote Stadt di Eric Korngold. D’altronde,
siamo ai tempi della psicoanalisi. Juraj Valčuha offre una
concertazione davvero notevole: viene esaltato il cromatismo e le spinto
verso l’atonalità. Per quanto all’aperto l’acustica sia ingrata, si
percepivano bene le tinte dei vari passaggi orchestrali. Il coro diretto
da Roberto Gabbiani, e la voci bianche dirette da José Maria
Sciutto, sono, come in una tragedia greca, veri protagonisti.
Di grande spessore
il cast vocale. Iréne
Theorin ricorda ai meno giovani la grandissima Turandot di un
altro soprano svedese, Birgit Nilsson, specialmente nella scena degli
indovinelli e nell’aria In questa reggia. Jorge de Léon imposta, correttamente, tutta la parte sul registro
di centro, come richiesto da Puccini che lo considerava
l’espressione massima della sensualità virile, ha un timbro chiarissimo e
non esagera con gli acuti. Marti Katzarawa è una Liù drammatica,
non il solito soprano lirico un po’ sdolcinato di troppe produzioni. Marco
Spotti un Timur altamente drammatico. Tutti di alto livello gli altri
(specialmente le tre maschere).
Madama Butterfly è il più innovativo dei tre
spettacoli e, all’applausometro quello più gradito dal pubblico. Sposta la
vicenda al giorno d’oggi, nella Roma “palazzinara” (o meglio deturpata dai
palazzinari), trasforma Pinkerton in un imprenditore che va in Giappone
alla ricerca di minorenni (Butterfly ha 15 anni nel primo atto e meno di 19
nel secondo) ma soprattutto per fare speculazioni edilizie.
Acquista una
collina nei pressi di Nagasaki, con la fanciulla, una casetta e un terreno
agricolo che copre di palazzine È molto più duro dello spettacolo creato da
Damiano Michieletto nel 2010 e ripreso nel 2015, nonché visto nel circuito
micro cinema e su RAI5 in televisione. Michieletto porta l’azione ai giorni
d’oggi (o quasi) in uno squallido “basso” sottoproletario di Tokyo dove
Butterfly (Amarilli Nizza) è poco più di una prostituta redenta dall’amore
per Pinkerton (Massimiliano Pisapia) e non segue i consigli del console
(Alberto Mastromarino). Molto più duro perché il dramma di una ragazza
distrutta da un palazzinaro è più feroce di quello di una giovane
indirizzata sin da bambina alla prostituzione.
La concezione
generale dello spettacolo è de La Fura del Baus, il gruppo di avanguardia
catalano; la regia di Alex Ollé, le scene (bellissime) di Alfons Flores, i
costumi di Lluc Castello. Un cast giovane. Asmik Grigorian è una perfetta
protagonista: voce spessa e tenera, volume grande, ottimo fraseggio e
raffinata recitazione. Angelo Villari è un Pinkerton tanto più sgradevole
perché di bell’aspetto. Anna Pennisi è una Suzuki dolcissima, Alessio
Arduini uno Sharpless raffinato. Buone tutte le parti minori. Ottima
l’orchestra, concertata da Yves Abel alle prese, all’aperto, con una delle
più difficili partiture pucciniane.
Giuseppe Pennisi
© Luciano Romano
rivistamusica | 28/07/2015 alle 07:43 |
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