mercoledì 22 luglio 2015

Renzi e il taglio delle tasse, come non far svanire un sogno di mezza estate in Formiche 22 luglio



Renzi e il taglio delle tasse, come non far svanire un sogno di mezza estate

22 - 07 - 2015Giuseppe Pennisi Renzi e il taglio delle tasse, come non far svanire un sogno di mezza estate
Non sono positivi i sondaggi di questa mattina in merito alla “credibilità” del taglio delle imposte annunciato dal presidente del Consiglio Matteo Renzi durante la sua recente visita a Milano: tra il 70 ed il 75% degli intervistati affermano che la proposta è solamente un tentativo per recuperare consensi in calo da numerosi mesi. In breve – shakesperianamente parlando – si tratterebbe di poco più di un “sogno di mezza estate”, destinato a svanire quando in autunno si sarà alle prese con la preparazione della Legge di stabilità.
Tuttavia, la riduzione delle imposte  specialmente di quelle sulla prima casa e sui servizi pubblici locali, è fattibile se si verificano, in varia misura, queste condizioni: a) un allentamento dei vincoli europei sui rapporti tra deficit di bilancio, debito pubblico e Pil, b) una corrispondente (od anche maggiore) riduzione della spesa; c) aumento di altri tributi (ad esempio quelli locali). E’ augurabile che non si segua neanche parzialmente c): sarebbe un po’ come “il gioco delle tre carte” con implicazioni non certo positive sulla credibilità dell’esecutivo.
E’ invece possibile un allentamento dei vincoli europei. Non tanto le vicende della Grecia (e gli altri “salvataggi”) quanto le misure messe in atto negli ultimi anni (dal meccanismo europeo di stabilità finanziaria all’ancora nascente unione bancaria europea), mostrano che il Trattato di Maastricht è stato negoziato almeno frettolosamente e con una certa dose di superficialità. Ad esempio, mentre quando veniva negoziato il Trattato di Maastricht, il debito pubblico dell’eurozona si aggirava sul 60% e sembrava ragionevole porre questo parametro come obiettivo per ciascun Stato aderente all’unione monetaria, dopo le vicende dal 2008, oggi è attorno del 100% del Pil. Inoltre, ove l’Italia raggiungesse un avanzo primario (surplus di bilancio al netto del servizio del debito) pari al 5% del Pil dovrebbe mantenerlo per oltre vent’anni per raggiungere l’impegno, preso con il Trattato di Maastricht e rafforzato con il Fiscal Compact, di far scendere da circa il 135% al 60%. Durante il semestre europeo guidato dall’Italia, il Governo avrebbe dovuto lanciare la proposta di una conferenza europea sul debito sovrano, come grimaldello per rinegoziare il Trattato. Può farlo ora, dopo il caso Grecia, e nel frattempo utilizzare il massimo di flessibilità consentita, programmando un disavanzo delle pubbliche amministrazioni attorno al 3% del Pil.
Molto si può fare in materia di riduzione della spesa di parte corrente. Non tanto sulla base  delle 72 pagine di Executive Summary stilate da Carlo Cottarelli in persona e le 721 dei rapporti dei gruppi di lavoro all’uopo istituiti, documenti dove non mancano buone idee ma prive di metodo. In Italia tale metodo è stato introdotto nel 1982 in via sperimentale per una piccola parte dell’investimento pubblico. Nel 1985 e nel 1991 l’allora ministero del Bilancio ha pubblicato, con il Poligrafico dello Stato, manuali, successivamente aggiornati dall’Uval (l’unità di valutazione che ha avuto differenti collocazioni istituzionali). Nel 2006, la Scuola Superiore della Pubblica amministrazione ha pubblicato un’aggiornata guida operativa, Nel 2012, il Cnel ha approvato un documento di osservazioni e proposte per aggiornare i parametri di valutazione a una fase di crescita lenta ove non di stagnazione. In parallelo con questa letteratura “ufficiale” c’è stato un rigoglio di testi privati anche a ragione delle attività dell’Associazione italiana di valutazione e della rivista e collana di libri pubblicati dal sodalizio. Dal 1999 una legge ricalca la normativa americana che richiede analisi costi benefici per ciascuna legge di spesa.
Esiste quindi, un metodo forte e diffuso: sino al 2008, quando ha la Scuola di Pubblica amministrazione (Snpa) ha deciso di non proseguire su questa linea. La Sna ha tenuto circa 300 corsi di formazione per funzionari e dirigenti a carattere sia polivalente che per settori specifici (beni culturali, istruzione, agricoltura, trasporti e via discorrendo). Dunque, c’è anche il personale formato, almeno nella metodica di base. In via sperimentale, poi, il ministero dell’Economia e delle Finanze, la Fondazione Ugo Bordoni e altri hanno affrontato metodiche più avanzate. Quindi, un percorso esiste. Occorre seguirlo.
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