Tutte le magagne europee dell’euro
Monaco di Baviera
Così come è stata concepita, la moneta unica europea (l’euro) non
durerà. Sono stati in tanti a dirlo quando la si preparava; il vostro chroniqueur aveva
all’epoca una rubrica quotidiana sul quotidiano Il Foglio in cui
esprima perplessità; venne accusato di essere un agente CIA o KGB. Alberto Alesina
venne licenziato in tronco dal Ministero del Tesoro per avere espresso dubbi in
un saggio accademico. L’elenco potrebbe essere lunghissimo.
Dopo le vicende della Grecia, il 27 luglio 2015, il New York Times ha
dedicato un lungo editoriale al tema. L’euro – afferma il giornale di New York
– deve restare “irreversibile” non per determinanti economiche ma per evitare
che il progetto di integrazione politica europea vada a gambe all’aria. Gli
risponde, con acute argomentazioni economiche, Hans-Werner Sinn, direttore del
CESifo (uno dei maggiori centri europei di ricerca economica, nonché
consigliere speciale del Cancelliere Angela
Merkel). In linguaggio piano, sciorina cifre eloquenti per
dimostrare che il terzo programma di salvataggio per la Grecia sarà un nuovo
spreco di risorse se alla Repubblica Ellenica non viene concesso di deprezzare
il cambio, ossia svalutare, al fine di riprendere competitività almeno in quei
settori che sono aperti all’economia internazionale.
Oggi ciascun greco ha un debito di 31.000 euro con il resto
d’Europa. Dopo il terzo salvataggio sarà di almeno 50.000 mila; un fardello
troppo pesante per rimettersi sul percorso dello sviluppo. Sinn va più oltre:
delinea un sistema monetario europeo sostanzialmente simile all’accordo europeo
sui cambi che funzionò bene dal 1978 all’avvio dell’euro. In Grecia i prezzi
dei beni e servizi, dovrebbero subire una svalutazione tra il 13% ed il 22% a
seconda dei settori. “Non dimentichiamo che in Grecia i salari sono molto
più elevati – aggiunge – che in Turchia, Romania e Bulgaria –
gli ultimi due sono membri dell’Unione Europea ed hanno i vantaggi del mercato
unico”.
Sinn non è solo. Un lavoro accademico di tre economisti italiani
di non poco peso (Luigi
Guiso, Paola
Sapienza e Luigi
Zingales) sostiene tesi analoghe anche se una vera e propria
congiura del silenzio fa sì che se ne parli all’estero ma non nel BelPaese. E’
intitolato eloquentemente Monnet’s Error ed è stato pubblicato
come Chicago Booth Research Paper n. 15-23. Il saggio afferma che “entrare
in un’unione monetaria non derivante da un’unione politica equivale ad un gioco
d’azzardo. O l’unione monetaria forza gli Stati membri a dare vita ad un’unione
politica (come pensava Nonnet) oppure scatena tensioni e diventa un boomerang
per l’unione politica (come sostenuto da Kaldor, Friedman e molti altri). Al termine di una
dettagliata analisi quantitativa, gli europei sembrano sostenere l’unione
monetaria. In effetti, l’Europa sembra in trappola: non desiderano tornare
indietro, non hanno interesse ad andare avanti ma non è economicamente
sostenibile stare fermi“. L’unione monetaria è come una
bicicletta: o si pedala o si cade.
Ce n’è abbastanza per mettere in forse l’irreversibilità
dell’euro.

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