OPERA/ La Bohème di Puccini a Caracalla: questa volta con tutta l'orchestra
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La Bohème alla Terme di Caracalla
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Ne Il
Sussidiario.net del 17 luglio 2014, riferii della prima rappresentazione
alle Terme di Caracalla di La Bohème di Giacomo Puccini andata in
scena, dopo molti anni di assenza, con solo l’accompagnamento del
pianoforte a ragione dello sciopero di una delle sigle sindacali degli
orchestrali (10 su 92, come richiesto dalla partitura). Quest’anno, il 25
luglio, l’opera è andata in scena con organico completo con la regia di Davide
Livermore, che firma anche scene, costumi e luci e la direzione musicale di
Paolo Arrivabeni Nei ruoli principali si alternano: Serena
Farnocchia e Cristina Pasaroiu (29 luglio, 5 e 7 agosto) Mimì; Abdellah Lasri e
Matteo Lippi (29 luglio, 7 agosto), Rodolfo; Julian Kim sarà Marcello, Rosa
Feola Musetta, Alessio Arduini Schaunard, Carlo Cigni Colline, Roberto Accurso
Benoît e Alcindoro. Maestro del Coro Roberto Gabbiani.
Partecipano alla messa in scena gli allievi della
Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma diretta dal Maestro José
Maria Sciutto.
Nell’ultimo capitolo delle “Scene di una vita da bohème”
di Henry Murger (il romanzo a cui si sono ispirati sia Leoncavallo sia Puccini)
è passato un anno dalla morte di Mimì. Tanto il poeta Rodolfo quanto il pittore
Marcello (nonché il musicista Colline e il filosofo Schaunard) hanno fatto
fortuna nelle loro rispettive professioni. Si sono pure imborghesiti. Marcello
ha appena passato una notte con Musette – ma è stata “una triste notte….non era
più lo stesso…niente affatto!”. “La gioventù – conclude con una punta
d’amarezza il pittore – ha una stagione sola”.
Bohème di Giacomo Puccini è una delle opere più eseguite
al mondo. E anche una delle più amate. Non solo in Europa (ricordo magnifiche
edizioni sia a Parigi sia a Budapest) ma in tutto il mondo (ne vidi una messa
in scena a Nairobi e una a Seoul negli Anni Setttanta). Nella produzione
pucciniana, “Bohème” è un’opera unica, dal colore inconfondibile.
Eclettica, tale da fondere mirabilmente il melodramma, il romanticismo tedesco,
l’opéra lyrique francese e la romanza-canzone da salotto: è il più fulgido
esempio italiano di "literaturoper". Anche per questo motivo, è
memore di Bizet, di Massenet e di Gounod più che della tradizione italiana.
Anche per questo pur se classificata tra la musica classica è sempre
contemporanea.
A Roma viene messa in scena quasi ogni anno o al Teatro dell’Opera
o in palcoscenici meno noti del Costanzi (ricordo una bella edizione scenica
nell’auditorium di Via della Conciliazione a cura dell’Orchestra Sinfonica di
Roma). Mancava, però, dalla sede più ‘popolare’ (perché ha una platea di 3.700
posti), le Terme di Caracalla, dal 1967. A differenza delle edizioni del
passato, non si tenta un allestimento grandioso con scene costruite, ma si
porta a Roma una versione già applaudita negli Stati Uniti ed in Spagna.
Scene, costumi e regia di David Livermore sono già stati apprezzati a
Philadelphia e Valencia. L’azione è spostata ai tempi della pittura
impressionista : su otto schermi, e sulle rovine romane, vengono proiettati
quadri dell’epoca. Unico tocco di grandiosità: un effetto speciale che fa piovere
neve anche sul pubblico nel terzo quadro ,quello della Barrière d’Enfer.
In questo allestimento, famose opere d’arte dell’impressionismo
francese, da Renoir a Monet, circondano i protagonisti immergendoli in un continuum pittorico,
“Ci troveremo in un ipotetico ed immaginario atelier –afferma
Livermore - con pitture in animazione che continueranno ad entrare in
rapporto con quello che è il movimento scenico, la recitazione degli artisti e
con la partitura di Puccini”.
Ma andiamo allo spettacolo. La direzione musicale è affidata a
Paolo Arrivbeni, che debutta al Teatro dell’Opera di Roma, dopo essere stato
dal 2008 il direttore musicale il quale ha contribuito al rilancio dell’Opéra
Royale de Wallonie a Liegi. Mostra un piglio sicuro, entra nelle raffinatezze
della complessa partitura pucciniana, intrisa di sinfonismo continuo e fornisce
le tinte attese. Il coro trionfa nella scena del secondo quadro: la
vigilia di Natale al Caffè Momus.
Il 25 luglio, di grandissimo livello il tenore marocchino Abdellah Lasri,
un Rodolfo di classe con un ottimo timbro di centro, un buon fraseggio ad un
acuto saldo. Cristina Farnocchia è una Mimi che, benché giovane, può
essere già considerata una veterana del ruolo; dolcissima ma generosa di
volume. Rosa Feola e Julian Kim danno un’ottima prova nei ruoli di Rodolfo e di
Marcello. Di buon livello e sicura esperienza anche gli altri.
Teatro esaurito. Applausi a scena aperta ed ovazioni.
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