Mps, Carige e Ubi. Come procede l’Unione bancaria europea
30 - 03 - 2015Giuseppe Pennisi
Il 14 aprile prossimo sarà passato
un anno da quando è stato posta in essere la seconda gamba dell’Unione Bancaria
Europea (UBE), il Single Resolution Mechanism (SRM), con un apposito fondo,
procedure e consiglio di amministrazione, per impedire che una grave
situazione, o un fallimento, di un istituto finanziario di grandi dimensioni
possa contagiare il sistema del resto dell’eurozona. Un’analisi recente
dell’UBE e del SRM è nel volume di Astrid Towards the European Banking
Union: Achievements and Open Problems (a cura di Emilio Barucci e di
Marcello Messori, pubblicato alcuni mesi fa da Passigli Editori).
Delle altre due gambe dell’UBE, la
prima (la Single Supervision System – SSS- il sistema di vigilanza europeo
delle principali istituzioni bancarie e l’uniformazione di quelli nazionali per
quelli di più piccole dimensioni) sta ormai facendo i primi passi tanto che a
Francoforte si è dovuto costruire un nuovo edificio per ospitare quasi mille
nuove assunzioni fatte dalla Banca centrale europea. La terza, il Single
Deposit Guaratee Scheme (SDGS), ossia il deposito uniforme ed in parte
congiunto – di garanzia dei depositi bancari è ancora in fase preliminare di
trattativa; c’è anche chi ne mette in dubbio la necessità e la raison
d’être.
Soffermiamoci sullo SRM che avrebbe
dovuto avere non solo un fine ‘curativo’ – l’arresto del contagio od almeno la
minimizzazione del rischio – ma anche uno, forse ben più importante,
preventivo – la nascita di un mercato bancario europeo effettivamente
integrato, lo strumento migliore per bloccare sul nascere una futura crisi o
per minimizzarne l’impatto. Lo hanno ben compreso gli americani: la settimana
scorsa, uno dei principali organi regolatori in materia (la Federal Depoist
Insurance Corporation) ha emesso nuove regole proprio in materie in cui gli
europei si stanno si stanno accapigliando (SDGS) o sulla cui interpretazione
hanno iniziato una discussione che potrebbe essere lunga ed inconcludente (in
tema di SRM).
In effetti, in questi mesi ci
sarebbe state occasioni per utilizzare lo SRM, quanto meno al fine di metterlo
alla prova. A noi italiani, viene subito in mente il Monte dei Paschi di Siena
(il cui capitale ora appartiene per il 10% al Tesoro in seguito ad
un’operazione di emissioni convertibili in azioni, obbligazioni acquistate da
Via Venti Settembre per impedirne un fallimento di cui si temevano le
ripercussioni anche a livello europeo). MPS non è l’unico istituto
italiano in difficoltà. C’è ovviamente anche Carige, i cui guai sono sulle
prime pagine della stampa economica. L’elenco potrebbe essere lungo: altrimenti
nel Belpaese non verrebbero sventolati progetti di una bad bank per
assorbire le sofferenze, o quanto meno di ‘garanzie’ pubbliche per attutirne il
peso.
Nell’Unione europea (e l’UBE ha
confini più vasti dell’eurozona) i casi di banche alla ricerca di partner per
sgravarsi dei loro guai sono numerosi. Oppure ne sono appena usciti e
necessitano nuovi soci per raggiungere dimensioni europee. In Portogallo, ad
esempio, il Novo Banco (filiazione di quello che era l’ormai defunto Banco di
Espìrito Santo) necessita nuovi partner. L’ideale sarebbe potuto lo spagnolo
Banco Sadaball, che ha, però, appena acquisito quattro banche britanniche
proprio allo scopo – dicono quei maligni che spesso ci azzeccano – di avere più
di un piede fuori dall’UBE.
In Germania, l’istituto di maggiori
dimensioni, la Deutsche Bank, è in ottima salute dopo una severa
ristrutturazione e sta pensando di vendere la rete al dettaglio. Anche le
ex-banche popolari italiane sono alla ricerca di fusioni e concentrazioni
all’interno del Paese non nella più vasta eurozona, anche se potrebbero essere
appetibili a BNL-Bnp (già ben impiantata in Italia). Tuttavia, BNL-Paribas fa
sapere di non essere pronta a fare il passo, ma potrebbe essere indotta ad
acquisizioni internazionali se fossero in vendita, a prezzi di saldo, o MPS o
Commerzbank.
In effetti, come avverte un
documento del centro studi Bruegel, nel settore bancario differenze nazionali
di legislazione, regolazione, tradizioni e cultura rendono operazioni
transnazionali nell’area dell’euro molto più costose (circa il doppio) di
quelle all’interno dei singoli Paesi.
Quindi il contributo dell’UBE, e
dello SRM, pare almeno per ora modesto.
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